I gesti di quella sera

Il cammino quaresimale ci ha portati al suo culmine: la scelta libera e responsabile di accogliere la vita di Cristo e di donarla a nostra volta. Gesù consegna ai suoi discepoli, quindi anche a noi, il gesto memoriale di questa scelta, ovvero la celebrazione della sua morte e risurrezione nei segni del pane e del vino. L’eucaristia celebra il dono della vita, ricevuto e dato: un fatto senza tempo, in quanto senso profondo della vita stessa, segno della nostra somiglianza con Dio.
Saremo giudicati su questo: non se avremo fatto cose buone o cattive, ma se avremo concluso la nostra vita ringraziando per essa e donandola per amore degli altri. Nel rito del pane e del vino la barriera tra sacro e profano cade: la vita diventa liturgia, cioè azione di grazie e offerta a Dio; la liturgia diventa vita, cioè esperienza di fraternità concreta.

È strano: di quella sera, in cui Gesù celebra la Cena della Pasqua antica prima di affrontare la sua Pasqua di morte e risurrezione, gli evangelisti ricordano due gesti diversi. Non tutti e due, ma o l’uno o l’altro.
Matteo, Marco e Luca ricordano il pane spezzato e il calice del vino offerto ai commensali; Giovanni la lavanda dei piedi. A entrambi i gesti è legato un comando esplicito di Gesù, perché i discepoli li ripetano.
In effetti in quelle azioni c’è tutto Gesù, la sua vita e la sua morte, la sua Passione e la sua risurrezione. Solo attraverso quei gesti possiamo comprendere e accogliere il suo dono. C’è un pane sulla tavola, ma non è un pane qualunque. È la stessa vita di Gesù, quella vita che è stata interamente offerta. Gesù ha regalato tutto: il suo tempo e le sue energie, la sua misericordia e la sua compassione, la sua lotta contro il male e contro ogni ipocrisia, la sua difesa dei piccoli e degli abbandonati. C’è del vino sulla tavola, ma non è un vino qualsiasi. Ha il colore del sangue, quel sangue versato dalla croce, per un’alleanza nuova ed eterna, un’alleanza che nulla avrebbe potuto più infrangere e mettere in pericolo. Ha il colore caldo dell’amore, che si sacrifica fino in fondo. Chi può sedersi a questa tavola, chi può mangiare questo pane e bere questo vino? Solo chi ammette di essere un povero, solo chi dichiara la sua fame e la sua sete, solo chi viene con il suo desiderio di entrare in comunione con lui e di essere trasformato. Ci sono un catino e una brocca, un grembiule e un asciugatoio. Gesù vuole lavarci i piedi per liberarci da ogni male, da ogni cattiveria presente nel nostro cuore. Gesù accetta di chinarsi, di inginocchiarsi davanti a noi, di diventare nostro servo, pur di farci entrare in un’esistenza nuova.
Dobbiamo allora abbandonarci al suo amore con la stessa fiducia di un bambino.
Solo così potremo entrare nel suo Regno, dopo essere stati interamente lavati dalla sua misericordia smisurata.
La celebrazione si conclude con la processione con il Santissimo Sacramento fino alla Chiesina. Breve momento di Adorazione Comunitaria e spazio per la preghiera silenziosa e personale.