Io sono il buon Pastore

«Io sono il buon Pastore». Solo Gesù è il vero e buon Pastore, perché la sua vita incarna la bontà e la verità del Dio dell’alleanza. Lui solo vuole ciò che è bene per l’umanità. Infatti è venuto per questo: donare loro una vita abbondante. Di fatto la caratteristica più importante del buon Pastore – che Giovanni ripete per cinque volte – è «dare la vita per le sue pecore». Egli è buono perché dà la sua vita e non c’è prova di amore più grande del donare la propria vita per coloro che si ama. Gesù si designa come il buon Pastore perché «conosce» le sue pecore e le sue pecore lo «conoscono». Si tratta di una comunione viva, di cuore e di pensiero. Ma la nostra fede è veramente una relazione di questo genere, intima e personale? «Ho altre pecore… anche quelle io devo guidare». Il desiderio di Gesù di entrare in comunione con le pecore ha una prospettiva universale. Il suo amore vigilante di pastore si estende a tutti, senza distinzione di razza, di nazione e neanche di religione. Dovunque ci sono pecore disposte ad «ascoltare la sua voce» e a «seguirlo». Egli vuole guidare tutte alla «vita eterna». Il solo ovile che non esclude nessuno non è un luogo, ma una vita, quella del Padre. Nella chiesa il buon Pastore prosegue la sua missione universale. La chiesa di Cristo non è più legata a un ovile culturale, a una struttura, ma a una presenza, quella del buon Pastore glorificato, che solo mantiene l’unità del gregge. Nei nostri sforzi verso l’unità non si dovrà mai dimenticare che il fine non è il recinto di questa o quella confessione cristiana, ma l’ascolto della voce dell’unico Pastore, che chiama ciascuno per nome.
Intimità. L’intimità è lo spazio vitale di Dio, là dove il Cristo, il nostro amico, ci conosce personalmente (vangelo), là dove Dio ci fa suoi figli. Pensiamo innanzitutto alle nostre intimità umane, alle persone con le quali possiamo essere noi stessi, possiamo parlare in tutta semplicità, ai momenti in cui lasciamo cadere ogni difesa. Le nostre intimità possono essere sorgenti di dinamismo nelle nostre vocazioni per il mondo, per ricevere confidenze di fatica, di difficoltà, ma anche di gioia.
L’intimità con Dio nella preghiera ci colma e nello stesso tempo turba le nostre intimità perché contesta questo mondo malato di felicità superficiali.