Venerdì Santo: Passione del Signore

Oggi è un giorno particolare: in questa giornata si ricorda con profondo dolore la morte di Cristo sulla croce. Contemplando Cristo Crocifisso oggi esprimiamo una sola parola: «Grazie». Mi sembra di percepire questo Venerdì come il giorno in cui Dio sceso in terra ha mostrato a tutti quanto amasse l’uomo, tanto da soffrire e in silenzio morire, come un ladro, un reietto. È un atto d’Amore che mi ha colpito e che forse in quanto umano non capirò mai completamente, ma che sento, in un certo senso, come
contagioso. Un Amore, mi viene da pensare, scandaloso, perché non è accompagnato dalla logica del “Do ut des” (io do affinché tu dia), un Amore infinito e smisurato che ha portato Gesù a spendersi completamente per ognuno di noi, e quindi anche per me. Un Amore che nonostante tutto, nonostante le pene che stavano nel mezzo del percorso, non è diminuito, anzi è stato puro e limpido fino alla fine, tanto da portare Gesù a perdonare dalla croce i suoi persecutori, pregando per loro. Penso al ladrone buono: è accanto a Gesù e lo osserva; lui, che durante la sua vita ha fatto tutto il contrario di ciò che dicevano i Comandamenti, alla fine della sua vita prova dolore, accomunato ad un uomo giusto come Gesù che sta facendo la sua stessa fine.
E nell’osservare tutto questo, il ladro capisce veramente cos’è l’Amore; l’Amore che ha portato Gesù ad accettare quelle pene per noi e che non è cambiato nemmeno dopo tutti gli orrori subiti.
Cristo passando per la croce ha dimostrato come quell’Amore fosse capace di vincere anche la morte, che era forse l’unico limite dell’uomo fino a quel momento.
Inoltre, sapere che Gesù ha sperimentato tutte le prove che l’umanità vive quotidianamente, è un motivo in più per non sentirmi solo e abbandonato a me stesso, in quei momenti in cui mi sento più debole del solito, più vulnerabile perché affronto le mie debolezze.
Se al Giovedì Santo, nel gesto della Lavanda dei piedi, riflettevo su quei miei difetti che Gesù lava, ecco che quello stesso Signore è pronto a prendere sulle spalle quelle fragilità. Proprio per aver affrontato la sua Passione, mi dà la forza di prendere la mia croce ogni giorno, e soprattutto mi accompagna nel cammino. Esattamente come appare nel “Simone di Cirene” di Sieger Koder: l’immagine è singolare perché il peso è equamente diviso dai due, i quali nel contempo si abbracciano, si percepisce una collaborazione fraterna. Credo che sia questo l’esempio a cui devo aspirare, ovvero lasciarmi aiutare da Gesù nel portare, sopportare e infine amare le mie fatiche, non dimenticandomi di abbracciarlo e sentirlo vicino per superare ogni momento difficile, perché so che dopo ogni morte c’è una rinascita, o meglio: una Resurrezione.

Giovedì Santo: Cena del Signore

La sera del Giovedì Santo che apre il Triduo Pasquale, Gesù vuole passare le ultime ore della sua vita assieme ai suoi amici e le vuole trascorrere in una modalità del tutto speciale, donando sé stesso completamente: nel gesto della Lavanda dei piedi, nell’istituzione dell’Eucarestia e del Sacerdozio.
La frase “Li amò fino alla fine” ci fa pensare a come l’amore di Gesù non sia un amore comune: è amore anche quando non conviene, è amore quando tutti scappano via, è amore nonostante tutto. Quella frase non è ricolta solo ai suoi Apostoli, ma a tutti gli uomini di tutti i tempi, dunque anche a me. Per dimostrarmi questo, Gesù inizia ad amarmi dalla parte più sconveniente di me. Egli non inizia ad amare dai miei pregi, dai miei talenti, dalle mie capacità, ma parte dalle mie zone d’ombra; ama a partire da ciò che non conviene di me, parte dal lavarmi i piedi, ovvero i difetti di cui io mi vergogno tantissimo! Come reagisco davanti a questo amore?
Io che mi sento sempre piccolo e inadeguato. Se fossi stato anche io là, nel Cenacolo, sarei riuscito a guardarlo mentre compiva quel gesto? Probabilmente per la mia inadeguatezza anche io avrei fatto come Pietro! Eppure lui, il Maestro e Signore, il più importante di tutti, lava i piedi ai suoi discepoli proprio per farmi capire fin dove arriva il suo amore e per insegnarmi che dobbiamo volerci bene e metterci al servizio gli uni degli altri. Come posso essere umile e donarmi, come ha fatto lui, con i miei amici, con le persone, nella mia quotidianità? Non sempre sono in grado di accettare e amare i loro difetti e avere con loro la pazienza che il Signore ha con me! 
Forse alla fine il vero segreto sta nel prendersi cura degli altri mettendosi al loro servizio con umiltà e costanza come ha fatto Gesù sia con la Lavanda dei piedi sia con il regalo di donarsi a noi in ogni Eucarestia, attraverso i Sacerdoti.

Il Signore guardò Pietro e il discepolo pianse amaramente

Nel momento della festa il popolo e i discepoli acclamano Gesù con entusiasmo; nel momento della difficoltà invece lo abbandonano. E Pietro, il primo dei discepoli, è l’esempio negativo che ci rappresenta. È lui che tenta di seguire il Signore durante il suo processo, ma poi ha paura e si tira indietro e cerca di salvarsi la pelle … così diverso da Gesù che invece dona generosamente la vita. E dopo che per tre volte proprio il discepolo che si era così impegnato con Gesù ha detto di non conoscerlo nemmeno, «il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro» e Pietro si ricordò e si pentì: capì la propria debolezza e il proprio sbaglio. «Uscito fuori pianse amaramente». È importante quello sguardo di Gesù su Pietro, è uno sguardo di amico che vuole bene, e tuttavia è uno sguardo che rimprovera. Sappiamo la potenza dello sguardo … una persona cara che ci guarda in un certo modo ci fa capire che abbiamo sbagliato, ci fa comprendere quanto abbiamo sbagliato.
Ed è proprio la sguardo del Signore su ciascuno di noi che dovrebbe farci piangere.
Sentiamo rivolto a noi quello sguardo buono e nello stesso tempo severo, con cui il Signore ci rimprovera i nostri tradimenti, le nostre debolezze, i nostri abbandoni. Glielo aveva detto durante la cena, ripetendo due volte il suo nome proprio in tono di dolce rimprovero: “Simone Simone … satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano, il nemico vi fa ballare nel vaglio come fa il contadino con il grano per separarlo dalla pula e voi rischiate di essere pula, scarto che viene portato via dal vento, leggeri e inconsistenti”. Anche noi, di fronte alla prova voliamo via senza resistere.
Ma il Signore promette: «Io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede e tu una volta ravveduto conferma i tuoi fratelli». Il Signore continua a pregare per noi, è sempre vivo a intercedere in nostro favore. Allora ci affidano alla sua intercessione misericordiosa perché continui ad offrire la sua vita per la nostra salvezza, per noi discepoli che lo rinneghiamo, perché il suo sguardo riaccenda in noi il desiderio di seguirlo.
Lo accompagniamo con rami di palma e di olivo: sono segni di vittoria, sono simboli di pace.
Chiediamo al Signore che faccia pace nei nostri cuori, come gli chiediamo che faccia pace sulla terra, liberando le popolazioni oppresse dal dramma della guerra. Ma gli chiediamo anche che liberi i nostri cuori da ogni astio, rancore, inimicizia, desiderio di vendetta.
Sentiamo lo sguardo di Gesù su di noi, sentiamoci guardati con amore e con rimprovero.
Sentiamo che quello sguardo mette a nudo le nostre cattiverie più profonde, e allora lasciamoci convertire da quello sguardo buono che dà la vita per noi.
Riusciamo a piangere amaramente sui nostri peccati … se ci riusciamo siamo liberati, siamo veramente trasformati da quella storia d’amore che celebriamo con la nostra fede. Non venga meno la nostra fede e, una volta ravveduti, possiamo essere di conforto per i nostri fratelli. Chiediamo al Signore che ci renda davvero discepoli che ascoltano e mettano in pratica il suo esempio di amore.

Gesù lotta contro il potere delle tenebre e vince col suo amore

“Questa è la vostra ora, è il potere delle tenebre”.
Gesù sul monte degli Ulivi, mentre viene arrestato come se fosse un malfattore, si rivolge a coloro che gli hanno messo le mani addosso e lo portano alla morte, riconoscendo il potere delle tenebre, il mistero dell’iniquità, la forza del male che cerca di distruggere l’opera di Dio. In questa Domenica ascolteremo il racconto della Passione del Signore mentre abbiamo negli occhi, nella mente e nel cuore le immagini di tante sofferenze di uomini e donne che in questo momento stanno vivendo l’orrore della guerra o situazioni di estremo disagio causato da catastrofi naturali. Vediamo nella vicenda di Gesù il dramma di una infinità di persone che nel corso della storia hanno vissuto grandi sofferenze.
La nostra è l’emozione del momento perché le cose che avvengono adesso, che vediamo direttamente, ci colpiscono di più.
Allora entriamo nella Passione di Cristo facendoci voce di ogni persona che soffre portando al centro, che è la croce del Signore, tutte le sofferenze, le angosce, il male che il potere delle tenebre ha compiuto. In quella notte Gesù lottò contro il potere delle tenebre. È una espressione tipica di Luca: adopera il termine agonia, vocabolo greco che noi abbiamo adottato solo per indicare il fine vita, invece nel senso originale agonia indica il combattimento, cioè lo scontro agonistico. Gesù combatte contro il potere delle tenebre e vince; vince Lui, lasciandosi uccidere in atteggiamento mite e mansueto, subendo la violenza del potere delle tenebre. È Lui il vincitore.
Un angelo del Signore appare per confortarlo. Anche questo è un particolare che solo Luca racconta. In quel momento di grande combattimento spirituale, Gesù non è solo. Chiediamo al Signore che mandi il suo angelo consolatore vicino a tutte le persone che oggi stanno soffrendo. Chiediamo al Signore di sentire la sua presenza consolatrice, per darci la forza di combattere con il bene, contro ogni forma di male, sapendo che il potere delle tenebre non vince.
È il Signore con il suo amore debole e mansueto che ottiene la vittoria.
Crediamo nel Signore Gesù, nel suo amore fino alla morte, nella sua potenza che vince il potere delle tenebre; e preghiamo per la pace, perché sia vinto il potere delle tenebre con le armi della bontà, della pace e del servizio vicendevole. Facciamoci imitatori di Gesù per vincere in questo decisivo combattiamo spirituale.

Domenica delle Palme

Anche quest’anno celebreremo l’ingresso trionfale di Gesù nella Città Santa. E anche noi insieme alla Gerusalemme di duemila anni canteremo Osanna al Figlio di Davide. È importante e necessario gridare con forza che Gesù è il nostro Messia, è il nostro Signore. Pochi o tanti, è importante esserci, e gridare con forza e con fede che noi abbiamo un riferimento, Gesù Cristo. Che non siamo soli e non siamo abbandonati!
Entrando con lui a Gerusalemme, rinnoviamo il nostro impegno a seguirlo, ad andare con Lui ovunque. Sappiamo che seguire Gesù significa accettare anche la via della croce. Ma questo non ci scoraggia.
Ci saremo per ribadire ancora una volta il nostro amore a Gesù.
Con questo segno e testimonianza, iniziamo la settimana di passione. Ci uniremo alla passione e morte di Gesù e attenderemo la Sua risurrezione. Saranno giornate intense, ma anche molto belle, ci daranno forza. Vogliamo vivere questi giorni con serena fiducia nell’intervento di Dio nella storia, la nostra storia, la nostra vita. Si Lui non ci lascia soli. Sappiamo infatti che colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche a tutti noi, per mezzo del Suo Spirito. Lo crediamo e la nostra presenza sarà segno visibile e credibile di questa nostra Fede. Vi aspetto per confermare tutto questo con gioia e determinazione!

Domenica 13 Aprile ore 10.20 ritrovo al Mortorino per i ragazzi, catechisti, genitori e la comunità parrocchiale, benedizione degli ulivi e processione verso la Chiesa per la celebrazione della Messa

4 di Quaresima: Riscopriamo il digiuno da arrabbiature, delusioni e rancori

Nelle settimane precedenti abbiamo passato in rassegna il digiuno delle labbra e della lingua, il digiuno degli occhi e poi il digiuno delle orecchie. Oggi parliamo del digiuno del cuore, per vincere il cuore cattivo e malizioso, tipico del fratello maggiore che non sa gioire con il cuore di Dio. Quel fratello maggiore – a cui noi, purtroppo, assomigliamo – alla notizia della festa «si indignò»: è arrabbiato con il Padre, è arrabbiato con il fratello, è arrabbiato con il mondo. Non so come mai, ma le arrabbiature sono un elemento costante nel nostro stato d’animo. C’è pieno di persone arrabbiate con il mondo. Senza avere grossi motivi o semplicemente per motivi generici abbiamo un cuore arrabbiato, polemico, pronto ad aggredire gli altri, anche per piccole cose. È da questo che dobbiamo digiunare, dalla rabbia del cuore. Mi direte: “Quando viene istintivo, che cosa ci posso fare?”. È proprio qui l’impegno della penitenza! Proprio perché ti viene istintivo un moto di rabbia verso le altre persone – perché sbagliano, perché si comportano male, perché rovinano il mondo, perché sono diverse da te – questo atteggiamento deve essere corretto, deve essere curato, deve essere addolcito da un impegno di pazienza, da un occhio buono, da uno sguardo benevolo, da un pensiero di benevolenza. Così impegniamoci a digiunare dalle amarezze, dalle delusioni, dai rancori. Sono tutti sentimenti che sgorgano dal cuore e nascono spontaneamente come le erbacce: siamo amareggiati perché ci è capitato qualcosa, perché ci hanno in qualche modo trattato male o non come volevamo; spesso siamo delusi, da come gli altri si pongono nei nostri confronti; talvolta possiamo nutrire anche un rancore verso qualcuno che ci ha fatto del male. Il cuore rischia di essere pieno di tali amarezze, delusioni, rancori. Bisogna fare pulizia. La penitenza quaresimale ci chiede una pulizia del cuore. È questo il digiuno! Non coltivare i pensieri amari: se anche qualcuno ci ha deluso, dobbiamo avere la capacità di superare quell’atteggiamento di amarezza e di rancore che ricorda il male e che in qualche modo desidera contraccambiare. Digiuniamo da ogni istinto di vendetta, da ogni pensiero cattivo, da ogni ricordo del male che ci possono aver fatto. Quando vengono questi sentimenti nel cuore, questi pensieri nella mente, impegniamoci a toglierli e a non assecondarli, questo è il digiuno! Togliere dalla nostra mente tutto ciò che è negativo, scacciare i sentimenti maligni, vincere ogni amarezza. Digiuniamo anche dalle preoccupazioni inutili. Molte volte il nostro cuore è pieno di inquietudini e trepidazioni, ci preoccupiamo di più di quel che dobbiamo per tante cose inutili, talvolta abbiamo anche paura del futuro. Con una grande fiducia in Dio, possiamo togliere tante di queste preoccupazioni inutili. Con il digiuno quaresimale che purifica il cuore, possiamo correggere quell’atteggiamento da fratelli maggiori e riconoscere che, a causa di questo stato d’animo, noi siamo dei figli peccatori. D’altra parte ci impegniamo a rallegrarci, perché Dio ci accoglie, nonostante i nostri difetti. Abbiamo il coraggio di guardare il nostro cuore e di riconoscere che è pieno di male, dopodiché siamo anche contenti perché il Signore continua a volerci bene benché siamo pieni di atteggiamenti negativi. Ma proprio per andare incontro a Lui, che è misericordia infinita, vogliamo digiunare da arrabbiature, amarezze e rancori, da delusioni e preoccupazioni inutili, insomma da tutto ciò che rovina la nostra vita, per poter essere come Lui, grandi nell’amore.

Riscopriamo il digiuno delle orecchie

Riferiscono a Gesù un fatto di cronaca nera, e il Maestro riprende il ricordo di un incidente sul lavoro: si parla di casi di cronaca del suo tempo, ma potrebbero essere cronaca del nostro tempo. Di fronte a situazione disastrose di morti e di violenze, qualcuno si può domandare: “Erano più peccatori degli altri, quelli che sono rimasti vittime?”. Gesù risponde con forza: “No”, ma coglie l’occasione di quei casi di cronaca per dire a ciascuno di noi: “Attento, perché anche tu rischi di rovinarti la vita; se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo”. C’è una contrapposizione netta, una alternativa: o conversione o rovina! Convertirsi vuol dire aderire al Signore, veramente, con tutto il cuore, pensare come pensa Lui, agire come agisce Lui, dare alla nostra vita lo stile di Gesù. C’è da cambiare il cuore, la mente, altrimenti andiamo incontro alla rovina, alla rovina della nostra vita; e ognuno deve pensare proprio alla scelta di vita e riconoscere che ci sono delle cose sbagliate che stanno rovinando la propria esistenza. È una grazia di Dio riconoscere quello che stiamo sbagliando per poter correggere ciò che è errato e sta rovinando la vita e rischia di rovinarla del tutto. Il peccato è una rovina. Ecco perché la tradizione ecclesiale ci insegna a vivere la Quaresima con il digiuno, cioè con un atteggiamento di penitenza, che toglie qualcosa, non semplicemente alla tavola, ma soprattutto dagli atteggiamenti sbagliati. Vorrei rivolgervi un invito a digiunare con le orecchie e a creare un po’ di silenzio. Viviamo in una civiltà del rumore e del frastuono, che sente la necessità di un continuo sottofondo per riempire a tutti i costi il silenzio. Non so perché, ma spesso il silenzio fa paura; o forse lo so il perché … perché nel silenzio ognuno si incontra con se stesso e abbiamo paura di guardare in faccia la nostra realtà. La musica, le parole, i suoni di sottofondo danno l’impressione di riempire un vuoto, distraggono, tengono compagnia. È il motivo per cui tante persone, non solo i giovani, vivono sempre con le cuffiette nelle orecchie, anche adulti e anziani – ognuno coi propri mezzi – con la radio, con la televisione, sempre con un suono nelle orecchie, per coprire il silenzio. Digiuniamo dunque da questi suoni inutili, impariamo a utilizzare i mezzi di comunicazione per ascoltare quello che ci interessa, non quello che capita, lasciando che la televisione e la radio funzionino ininterrottamente mentre facciamo dell’altro per stordire la testa. Non abbiamo bisogno di distrarci e neanche di divertirci, abbiamo bisogno di concentrarci e di convertirci. Notate che il verbo distrarsi o divertirsi comincia con il prefisso dis— che è negativo, come discordia e disperazione. Con questo prefisso si creano tanti termini negativi. Al contrario conversione e concentrazione hanno il prefisso con— che indica la compagnia; e con questo prefisso si creano molte parole belle come concordia che è il contrario della discordia e la conversione che è il contrario del divertimento: convergere o divergere … sono opposti! Convergiamo verso il Signore, oppure prendiamo una strada alternativa, divergiamo da Lui. È quello il divertimento, fare dell’altro, distrarsi, non pensarci; il Signore ci chiede invece un impegno serio. Facciamo silenzio, digiuniamo con le orecchie, digiuniamo dall’ascolto di tante cose inutili, digiuniamo dalle distrazioni e concentriamoci proprio sulla nostra vita. Lasciamo che il Signore metta a nudo la nostra esistenza. Abbiamo il coraggio di guardarci dentro, di riconoscere quello che abbiamo sbagliato, quello che stiamo sbagliando. Non abbiamo paura di questo, perché siamo con il Signore che è misericordia e grazia, non ci disperiamo di fronte al nostro peccato, perché confidiamo in Lui. Non abbiamo bisogno di coprire qualcosa, di far finta di niente, abbiamo bisogno di conoscere dove sbagliamo, di riconoscere i nostri peccati e affidarci al Signore perché non ci roviniamo la vita, ma la possiamo salvare con la sua grazia. Digiuniamo da tanti ascolti inutili, ascoltiamo il Signore attraverso la nostra coscienza, ascoltiamo la sua Parola, lasciamoci toccare nel vivo, lasciamoci correggere. È il nostro Dio, che si è rivelato a noi col suo Nome proprio, vuole entrare in comunione con la nostra vita. Convertiamoci a Lui, per non perire, per non rovinare la nostra vita. Orientiamoci a Lui e ascoltiamolo, chiudendo le orecchie a tante cose inutili, per aprirle a ciò che è essenziale, che dura e realizza la nostra vita.

2 di Quaresima: digiunare da sguardi maligni

Sul monte i discepoli videro la gloria di Gesù, contemplarono con i loro occhi la figura divina del loro Maestro. Lo conoscevano bene come uomo, in quella occasione straordinaria lo videro nella forma divina e rimasero abbagliati. Non compresero bene quello che stavano vivendo, ma ne ebbero un grande incoraggiamento per affrontare il dramma della morte stessa di Gesù. Nella luce della trasfigurazione chiediamo al Signore che purifichi i nostri occhi, che pulisca il nostro sguardo, perché possiamo contemplare il suo volto e riconoscerlo presente nella nostra vita, per poter vedere dove stiamo andando e avere ben chiara la meta della nostra esistenza, che è l’incontro con la sua persona. In questo tempo di Quaresima la liturgia e la saggezza della Chiesa ci invitano al digiuno, alla penitenza e all’astensione da ciò che è male. Perciò in queste settimane penitenziali suggerisco qualche modo alternativo di digiuno, che non consiste soltanto nel non mangiare alimenti, ma nel purificare tutti i sensi. Nella Domenica della Trasfigurazione concentriamo la nostra attenzione sugli occhi: è importante anche il digiuno degli occhi. Togliamo cioè ogni sguardo maligno. Come ci sono le parole cattive ci sono anche gli sguardi cattivi. È attraverso gli occhi che noi percepiamo gli altri ed è proprio attraverso il nostro sguardo che critichiamo, giudichiamo, disprezziamo. Sono gli occhi che introducono nella nostra persona atteggiamenti di invidia e di gelosia. È l’occhio cattivo che guarda l’altro con invidia, con gelosia, con astio. Impegniamoci dunque a curare i nostri sguardi, a digiunare dallo sguardo cattivo, dall’atteggiamento maligno che guarda l’altro per valutarlo e per disprezzarlo. Abbiamo bisogno di pulire la nostra anima, di purificare interiormente il nostro spirito. Abbiamo bisogno di pulire la lingua da ogni tipo di parola cattiva, abbiamo bisogno di pulire i nostri occhi da tutti gli sguardi cattivi. Ci sono tante cose che non devono essere guardate e che eppure attirano maliziosamente lo sguardo. Pensate al mondo del computer, a tutto ciò che viene pubblicato online: ci sono moltissime cose buone, belle, utili, edificanti. Purtroppo ce ne sono anche molte negative, dannose, scabrose, volgari, capaci di distruggere la coscienza. Sono gli occhi che godono di queste immagini negative. Lo sguardo volgare, rivolto a queste figure, porta dentro il cuore l’amarezza, il vuoto, la delusione. Sembra che sia qualcosa di superficiale, usato come passatempo momentaneo, e invece lo sguardo di spettacoli scabrosi lascia un segno negativo nel cuore e nella mente. In alcuni casi, addirittura, provoca dipendenza, con grave amarezza e un conseguente disprezzo della vita. Attraverso gli occhi entra dentro di noi il bello e il brutto. Da una finestra aperta entra tutto quello che c’è fuori: entrano i profumi della primavera, entrano anche le puzze dell’inquinamento. Bisogna stare attenti a non lasciare aperto il nostro spirito a ciò che inquina l’anima. E gli occhi sono la porta del nostro cuore. Digiuniamo, cioè vigiliamo sui nostri occhi. Come abbiamo bisogno di silenzio per non sentire troppe parole, così abbiamo bisogno anche di calmare gli occhi. Non c’è bisogno di vedere sempre qualcosa di nuovo, proprio come passatempo. C’è bisogno di contemplare ciò che è bello, soffermarci sulle cose buone, imparare ad avere uno sguardo benevolo. Proviamo a fare attenzione al modo con cui guardiamo agli altri, perché tutto parte da lì: è lo sguardo rivolto all’altro che mi porta a volergli bene o a trattarlo male. Vigiliamo sui nostri occhi, digiuniamo dagli sguardi maligni, dal guardare le cose negative. Impariamo a riconoscere le nostre occhiate cariche di invidia, e curiamo gli sguardi invidiosi! Impariamo a riconoscere i nostri sguardi carichi di gelosia, curiamoli! È un digiuno importante che purifica interiormente la nostra persona e ci rende capaci di godere la visione di Dio. Cerchiamo il suo volto: anche noi saliamo sul monte con Gesù per guardare a Lui, per rivolgere a Lui i nostri occhi, chiedendo che li purifichi; e impegniamoci a non sporcarli con tutto ciò che è male.

Illuminati dalla tua Parola

Vorrei partire da un’affermazione, ed è che gli uomini istintivamente sentono la gloria incompatibile con la croce. Forse anche noi, se non diamo tutto per scontato. Certo, sanno che un prezzo va pagato nella vita, ma solo fino a che è necessario per raggiungere il loro scopo. Per Gesù non è così e anche i suoi discepoli dovranno impararlo. Perché la difficoltà, lo scandalo che hanno dovuto affrontare e superare per divenire credenti è stato quello di dover tenere insieme i due “momenti” dell’unica verità di Dio: quello della croce e quello della gloria, perché la gloria in nessun modo svuota di senso la croce, né la croce compromette, appanna la gloria.
Anzi, la gloria vera di Dio sta “radicata” nella croce e l’assume. Perché la croce continua a custodire il criterio che permette di distinguere ciò che è divino da ciò che divino non è, quindi ciò che è umano da ciò che umano non è. Infatti è davanti alla croce che l’uomo finalmente sa che cos’è l’amore e che lui, l’amore, lo può solo imparare riconoscendosi amato. Una gloria separata dalla croce, un Cristo glorioso separato dal Gesù sofferente non direbbe la verità di Dio. Di più, tradirebbe l’uomo tradendo Dio che è amore.
L’episodio della Trasfigurazione ce lo mostra, ce lo ricorda. Ci mostra, ci ricorda che la gloria di Dio è presente e nascosta nell’umiltà dell’uomo Gesù, ma più ancora che l’umiltà dell’uomo Gesù è il cuore stesso della gloria di Dio. Tutto in questa scena è, infatti, centrato sulla passione imminente.
Innanzitutto il contesto. È, dunque, una pagina che va compresa in tutte le sue dimensioni, nei suoi profondi e illuminanti rimandi. Che Gesù abbia voluto ridurre lo scandalo di un Messia sofferente e umiliato, mentre lo si attendeva trionfante, è forse vero. Che la sua trasfigurazione sia un’anticipazione della sua risurrezione, è altrettanto vero. Ma l’essenziale è che i testimoni della gloria sulla montagna saranno domani i testimoni della santa debolezza di Cristo nell’orto degli ulivi, e che tra quella debolezza e questa gloria non c’è opposizione, ma inscindibile unità. Lo stile pedagogico delle teofanie cede il posto all’assenza assoluta di stile che, al Getsemani, dice chiaramente chi è Dio

Venerdì di Quaresima: via Crucis

Per esprimere l’amore di Gesù si usa spesso il simbolo del cuore. Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore.
La via della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo è una via del cuore. Innanzitutto, del suo Sacro Cuore, che ha accolto volontariamente la Passione e la Croce per cancellare i nostri peccati, i peccati di tutta l’umanità. E poi anche del nostro cuore, che trova nella Croce la conferma più eloquente dell’infinito amore di cui Cristo ci ha amati. Nutriamo questa consapevolezza nel cammino della Via Crucis. 
«Ci ha amati», dice San Paolo riferendosi a Cristo, per farci scoprire che da questo amore nulla «potrà mai separarci». Paolo lo affermava con certezza perché Cristo stesso aveva assicurato ai suoi discepoli: «Io ho amato voi».
Ci ha anche detto: «Vi ho chiamato amici».
Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo. Grazie a Gesù «abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi».