Il frutto dello Spirito nella vita quotidiana

Un testo della Lettera di Paolo ai Galati (Gal 5,22-24) così inizia: “Il frutto dello Spirito …”. I versetti precedenti parlano di 14 azioni vergognose e devastanti. Certo sarebbe stato logico contrapporre alle “opere” della carne le “opere” dello Spirito, ma con il termine frutto l’apostolo sottolinea che quegli atteggiamenti costruttivi non sono opere nostre, ma dono, frutto, cioè qualcosa di gradito, di affascinante, di bello, di naturale, di spontaneo, di lieto, di gioioso, di gustoso come un frutto. Nascono dall’albero dello Spirito. Noi li viviamo, li compiamo, però è lo Spirito che li produce in noi.

Ci aspetteremmo il plurale “frutti”, visto che Paolo parla di 9 atteggiamenti. Scegliendo la dizione al singolare Paolo probabilmente vuole far notare l’unicità della vita nuova, in confronto con la frantumazione tipica della vita secondo la carne, della vita mondana. La realtà costruttiva che lo Spirito mette in noi non è solo per alcuni eletti, non ha carattere straordinario; è parte della vita di ogni giorno. Nel testo paolino si delinea allora un’immagine di uomo e di donna piena di frutti dello Spirito. Che si esprime in tre modi tipici della mentalità biblica: nel cuore, cioè nei sentimenti più profondi; nella bocca, cioè nel dialogare, nell’accostare la gente; nelle mani, cioè nell’azione.

Potremmo parlare di una morale del cuore, di una morale della bocca, di una morale della mano. Si tratta di una ricchezza di umanità che ci rende inventivi, creativi, positivi, capaci di dare gioia. I 9 atteggiamenti che esprimono il frutto dello Spirito sono: in parte atteggiamenti del cuore (amore, gioia, pace); in parte della bocca (benevolenza, cortesia, dolcezza nell’avvicinare gli altri); in parte delle mani (bontà, fedeltà, dominio di sé), e tutti descrivono la bellezza di una vita secondo il Vangelo.