Canto del “Te Deum”

È tradizione, alla fine di ogni anno, cantare nelle Chiese latine un antico inno, che inizia: Te Deum laudamus, te o Dio lodiamo. Questo inno esprime il culto di lode della Chiesa rivolto alla Trinità, anche se più direttamente al Padre, al creatore e reggitore dell’universo.
La Chiesa si unisce al coro degli angeli. Questo canto manifesta la fede della Chiesa e risuona degli inni di benedizione del popolo della Parola, anch’esso segnato nella quotidianità dal canto di lode e di benedizione: a questo popolo della Parola, il popolo della Parola fatta carne deve questa capacità di leggere il tempo e gli avvenimenti, anche quelli più dolorosi, nel mistero dell’amore di Dio, che non viene mai meno; nella solitudine, nella povertà; nella famiglia, nella propria terra o in esilio; anche lì dove ciò che sembra prevalere è l’egoismo dell’uomo, l’indifferenza, la durezza del cuore. Questo amore che accolto umanizza il cuore e rende l’uomo capace di donare la vita, consapevolmente o inconsapevolmente, come Cristo, diventa la nuova chiave di lettura di tutto.
La nostra comunità, alla fine di questo anno, cantando il Te Deum assume, spero, una consapevolezza: senza di Te, Signore, tutto è perduto. Non abbandonarci nella nostra precarietà ma volgi il Tuo Volto sulla nostra miseria. Aiutaci ad alzare lo sguardo e dilata la misura del nostro cuore perché accada un nuovo inizio, a partire da noi, a partire da ogni uomo. Lì dove il cuore indurito, lamentoso, accidioso, egoista, dell’uomo si scioglie accade una nuova alba, un nuovo inizio, splende una nuova luce di speranza: la tua luce, Signore. Per questo, a te che sei l’unica vera nostra speranza:
Te Deum laudamus, Te Dominum confitemur…non confundar in aeternum.