La più antica fonte sul martirio della giovane catanese Agata, che in greco significava buona,
è la Passio, che risale alla seconda metà del V secolo (di cui si hanno due variazioni greche e
una latina che sostanzialmente coincidono).
Essendo un testo letterario edificante, essa presenta dati storici che vanno letti con cautela,
ma che concordano sul tempo della morte che sarebbe avvenuta il 5 febbraio 251, durante la
persecuzione di Decio, data che può essere accettata. Agata, cresciuta in una famiglia illustre
e ricca, sentì presto il desiderio di donarsi totalmente a Cristo: il che fece a circa 15 anni.
Nei primi tempi del Cristianesimo le vergini consacrate, con la loro scelta di vita, rappresentavano un esempio diverso dentro un mondo pagano e in disfacimento. Il vescovo della città, nella cerimonia della velatio, le impose il flammeum, velo rosso portato dalle vergini consacrate; secondo alcuni era probabile che Agata avesse già 21 anni, infatti è rappresentata con tunica bianca e il pallio rosso (ad esempio nel mosaico di Sant’Apollinare Nuovo in Ravenna del VI secolo è raffigurata con la tunica lunga, dalmatica e stola a tracolla) segni della diaconessa, cioè di una donna con ruolo attivo nella comunità cristiana, con il compito, fra gli altri, di istruire i nuovi adepti. Nell’anno a cavallo fra il 250 e il 251 il proconsole Quinziano era giunto a Catania – città fiorente posta in ottima posizione geografica, con un grande porto, che costituiva un vivace punto di scambio commerciale e culturale dell’intero Mediterraneo – anche per far rispettare l’editto imperiale che chiedeva a tutti i cristiani l’abiura pubblica della loro fede.
Affascinato da Agata che seppe essere una consacrata, le ordinò di adorare gli dei pagani.
Al suo secco rifiuto il proconsole la affidò per un mese alla cortigiana Afrodisia (forse sacerdotessa di riti pagani che comprendevano la prostituzione sacra) con lo scopo di corromperla.
Fallito ogni tentativo di corruzione, Quinziano avviò un processo contro Agata, di cui sono riferiti i dialoghi tra il proconsole e la santa, che rispecchiano sentimenti e linguaggio dei cristiani, e dai quali si comprende che la giovane era edotta in dialettica e retorica.