Quanto più semplice è una realtà, tanto più sembra difficile spiegarne la meravigliosa ricchezza, che porta in sé. Avverto tale “fatica” nel dover trattare del santo Rosario, con la speranza almeno di rinvigorire o di riaccendere un poco l’amore per la bella preghiera che ha accompagnato e accompagna ancora oggi, come un lieve sottofondo musicale, la vita di tante persone.
Basterebbe riflettere, anche solo un attimino, su questo universale sentimento di profondo e costante attaccamento a questa devozione – che nei secoli ha accomunato una così ampia e diversificata gamma di personalità – per incuriosirci e avvicinarci ad essa con umiltà, rispetto e apertura di cuore.
Tutti ormai sappiamo che il 7 ottobre è dedicato alla Madonna del Rosario perché a questa preghiera fu attribuita la sconfitta dei Turchi a Lepanto, nel 1571: la vittoria della flotta cristiana impedì l’invasione islamica dell’Europa.
Il Papa Pio V volle dedicare questa data alla Madonna delle Vittorie, per ricordare e celebrare in tutta la Chiesa un evento così importante per la storia della cristianità e del nostro continente europeo.
Ma, oggi, che cosa succede? Preso dal delirio di onnipotenza, derivante dalla sofisticata e avanzata tecnologia odierna e da tante straordinarie scoperte scientifiche – benché l’attuale momento ci stia mettendo a dura prova -, l’uomo abbandona sempre più spesso “la strada vecchia per quella nuova”; e, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti quello che trova. Ma non è certo questa l’impronta che voglio lasciare, nel parlare del Rosario, il quale invece è richiamo alla gioia e alla speranza.
Nato per permettere a poveri analfabeti di pregare come i monaci, che recitavano in latino i 150 salmi del salterio, è diventato l’arma potente usata dal Papa per fermare l’invasione nemica. E dire che tanti hanno il coraggio di affermare che sia mera ripetizione di parole e formule sempre uguali… Mi viene da pensare a un bambino, che chiede insistentemente alla mamma di essere aiutato: “Mamma, mamma, per favore, aiutami! dai, mamma bella, mammina mia, per favore, non ci arrivo, me lo prendi tu? Dai, mammina cara, non ci riesco, mamma, mamma!”. Quanto può resistere, una mamma, di fronte alle moine del figliolino suo prediletto, bisognoso del suo aiuto? Ecco quello che siamo noi, agli occhi della Vergine Santa, quando ci mettiamo in ginocchio a ripetere le Ave Maria, scorrendo col cuore e col pensiero i misteri della sua vita con Gesù, e le presentiamo le nostre necessità, come quelle di chi amiamo; o anche, semplicemente, le facciamo compagnia, esprimendole il nostro amore, la nostra fiducia, il nostro desiderio di imparare da lei le virtù che ci mancano.
O, ancora, ci rivolgiamo a Lei per sentirci uniti al suo Cuore, legati a questa catena di grazia da Lei voluta per riportare l’uomo a Dio. E non sarà capace, la Madonna delle Vittorie, di vincere anche sulle nostre paure, sulle nostre preoccupazioni, spirituali o materiali che siano?
