Giovedì eucaristico

L’adorazione dell’Eucaristia, al di fuori della celebrazione, è un rivivere personalmente, silenziosamente, il senso della celebrazione del mistero. La “perdurante presenza” del mistero eucaristico nella Chiesa è appello a riandare alla celebrazione dove il mistero “si fa” e così continuare a “vederlo”. Per questo l’adorazione eucaristica non è, per sé, una preghiera “comunque” davanti all’Eucaristia, non è un pensare o un meditare generico davanti all’Eucaristia; è, piuttosto, un mettersi davanti all’Eucaristia ricollocando questa presenza nel suo contesto e lasciandosi interpellare, provocare dal suo significato.
L’eucaristia ha una sua forma precisa e l’adorazione vuole cogliere e fare propria questa ‘forma’. Nell’Eucaristia è offerta la vita intera di Gesù (incarnazione, parole, gesti, Pasqua…) nella “forma” del pane spezzato, cioè di una vita donata al Padre e ai fratelli.
Condizione propizia per l’adorazione, più efficace di qualsiasi parola, è senz’altro il silenzio. Adorare, secondo l’espressione di Gregorio Nazianzeno, significa elevare a Dio un «inno di silenzio». Elisabetta della Trinità annotava: «L’adorazione è una parola del cielo più che della terra. Mi sembra che si possa definire l’estasi dell’amore. È l’amore schiacciato dalla bellezza, dalla forza, dalla grandezza immensa dell’oggetto amato, che cade in un silenzio pieno e profondo. Il silenzio di cui parlava David quando esclamava: ‘Il silenzio è la tua lode!’.
Sì, è la lode più bella, perché è quella che si canta in seno alla beata Trinità».
Per gustare un’opera d’arte, occorre fermarsi e contemplarla in silenzio, permettendo al nostro cuore di esprimere lo stupore e la gioia. A maggior ragione, tale atteggiamento è necessario di fronte al “capolavoro” di Dio, che è l’Eucaristia! Sostando volentieri davanti al tabernacolo, il Curato d’Ars insegnava a pregare ai suoi fedeli con il suo esempio. E spiegava loro: «Non c’è bisogno di parlar molto per ben pregare. Si sa che il buon Dio è là, nel santo tabernacolo: gli si apre il cuore, ci si rallegra della sua santa presenza. È questa la migliore preghiera».
Tra le “non molte parole” che possono sostenere l’adorazione, il primo posto spetta senz’altro ai testi biblici. Penso particolarmente ai Salmi, preghiera di Cristo e della Chiesa, ma anche espressione dei sentimenti umani più profondi; al Vangelo (magari il Vangelo del giorno o della domenica…). Non sono però da escludere invocazioni quali quelle proposte dalle Litanie, che favoriscono una preghiera calma e contemplativa.
L’adorazione è “fruttuosa” anche nel campo delle relazioni umane: libera l’uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall’idolatria del mondo.
Essa “rovescia” la prospettiva di dominio che noi frequentemente assumiamo, facendoci meglio comprendere il senso di “dono” di ciò che ci è continuamente offerto. Essa aiuta pure a “leggere” e vivere la dimensione sociale intrinseca al Cristianesimo. Soltanto nell’adorazione può maturare un’accoglienza profonda e vera. E proprio in questo atto personale di incontro col Signore matura poi anche la missione sociale che nell’Eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere non solo tra il Signore e noi, ma anche e soprattutto le barriere che ci separano gli uni dagli altri.