Giovedì eucaristico

La preghiera non è conquista dell’uomo. È dono. La preghiera non nasce allorché “voglio” pregare. Ma quando mi è “dato” di pregare. È lo Spirito che ci dona e rende possibile la preghiera. La preghiera non è iniziativa umana. Può essere soltanto risposta. Dio mi precede sempre.
Con le Sue parole. Con le Sue azioni. Senza le “imprese” di Dio, i Suoi prodigi, le Sue gesta, non nascerebbe la preghiera. Sia il culto come l’orazione personale sono possibili soltanto perché Dio “ha compiuto meraviglie”, è intervenuto nella storia del Suo popolo e nelle vicende di una Sua creatura. Maria di Nazareth ha la possibilità di cantare, “magnificare il Signore”, unicamente
perché Dio “ha fatto cose grandi”. Il materiale per la preghiera viene fornito dal Destinatario.
Non ci fosse la Sua parola rivolta all’uomo, la Sua misericordia, l’iniziativa del Suo amore, la bellezza dell’universo uscito dalle Sue mani, la creatura rimarrebbe muta. Il dialogo della preghiera si accende quando Dio interpella l’uomo con dei fatti “che mette sotto i suoi occhi”. Ogni capolavoro ha bisogno di apprezzamento. Nell’opera della creazione è l’Artefice Divino stesso che si compiace della propria opera: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”. Dio gode di quanto ha fatto, perché si tratta di una cosa molto buona, molto bella.
È soddisfatto, oserei dire “sorpreso”. L’opera è perfettamente riuscita. E Dio si lascia sfuggire un “oh!” di meraviglia. Ma Dio aspetta che il riconoscimento nello stupore e nella gratitudine avvenga anche da parte dell’uomo. La lode non è altro che l’apprezzamento della creatura perciò che ha fatto il Creatore. “Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarLo come a Lui conviene”. La lode è possibile soltanto se ci si lascia “sorprendere” da Dio.
La meraviglia è possibile esclusivamente se si intuisce, se si scopre l’azione di Qualcuno in ciò che sta davanti ai nostri occhi. La meraviglia implica la necessità di fermarsi, ammirare, scoprire il segno dell’amore, l’impronta della tenerezza, la bellezza nascosta sotto la superficie delle cose. “Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le Tue opere”.
Bisogna che il “fare” sfoci nel “vedere”, la corsa s’interrompa per lasciar posto alla contemplazione, all’adorazione, la fretta lasci il posto alla sosta estatica.