Tempo ordinario (2)

Le trentatré settimane del tempo ordinario, divise in due tempi, “post epifania” e “post pentecoste” non celebrano nulla di particolare, se non la Pasqua di Cristo nella normalità. Questo tempo spezza l’idea che l’Anno Liturgico sia un semplice itinerario catechistico, ma rende la celebrazione della Pasqua ogni domenica il centro e il fulcro dell’esperienza cristiana, nell’accogliere l’amore di Cristo che si esprime nella comunità cristiana, dalla creazione fino alla fine dei tempi. Il centro, quindi, rimane il mistero pasquale, che si può desumere chiaramente dai prefazi domenicali.
Se celebrando la «liturgia terrena noi partecipiamo, pregustandola, a quella celeste», e praticando il vangelo della carità entriamo nell’ordine della santità, vivendo il riposo domenicale come segno della libertà pasquale con cui Cristo ci ha liberati entriamo nell’ordine della profezia: la libertà dalle cose, affrancando dalla schiavitù del “fare”, svela il vero significato di ogni attività, relazionandola all’attesa escatologica dell’essere.
In questo senso la domenica, «il primo giorno della settimana» è anche «l’ottavo giorno»: il giorno ultimo, l’anticipo del nostro futuro, del tempo in cui saremo senza tempo.
Nei giorni feriali la ricchezza delle possibilità offerte dal Messale fa si che sia l’azione pastorale della Chiesa, sia la vita dell’uomo vengono inseriti dentro l’eucaristia e illuminati dal mistero pasquale. Anche l’eucaristia feriale del Tempo ordinario può quindi diventare scuola di alta spiritualità.

Il Tempo Ordinario rappresenta il pellegrinaggio del cristiano verso la meta finale. Questo ci aiuta ad assimilare e meditare i misteri della vita di Gesù attraverso la lettura progressiva e quasi continua che ogni domenica si fa della sua Parola.