Maria Assunta è figura dell’umanità redenta chiamata alla gloria

In Adamo tutti muoiono, ma in Cristo tutti riceveranno la vita. Però ognuno al suo posto: prima Cristo che è la primizia. Cristo è la fonte della nostra risurrezione, è il primo dei risorti, il primogenito della creazione nuova e uniti a Lui anche noi possiamo sperare la risurrezione che è annunciata per quelli che sono di Cristo. Chi più di Maria è di Cristo? La beata Vergine Maria, che lo ha accolto con grande fede e ha dedicato a Lui tutta la sua vita, partecipa in pienezza della risurrezione di Cristo e al momento della sua morte non rimane nella tomba, ma viene glorificata nel corpo e nell’anima: anche il suo corpo infatti è risorto ed è salito al cielo. Con questa solennità celebriamo la gloria di Maria come primizia dell’umanità redenta. In lei vediamo quello a cui noi siamo destinati, in lei viene glorificata la natura umana. Quella «donna vestita di sole», che il profeta Giovanni ha contemplato nell’Apocalisse, è l’umanità secondo il progetto di Dio. Maria realizza in sé il progetto che Dio ha sull’umanità. Contemplando Maria nella gloria riconosciamo il segno e l’anticipo di ciò a cui siamo chiamati noi, in lei vediamo la gloria della nostra umanità, la dignità del nostro povero corpo, il valore incomparabile della persona umana, trasformata dalla grazia e destinata alla gloria. Maria è l’Umanità, perché rappresenta la redenzione della umanità. Lei è creatura concreta, non un’idea, che veramente è stata redenta; e nel grandioso movimento ascensionale noi contempliamo la nostra natura umana che tende all’alto, che diventa gloriosa, che sale nella gloria.
Ognuno di noi vede in Lei il progetto che Dio ha su ciascuno e vi riconosce la propria figura.
Ancora una volta Maria rappresenta la nostra umanità: nella sua nascita noi vediamo la nostra nascita, nella sua morte gloriosa noi vediamo in anticipo la nostra futura morte.
È un invito a sollevare lo sguardo, ad alzare il livello, ad innalzare il cuore e a comprendere la dignità della nostra persona nonostante tutte le difficoltà, le sofferenze, le angosce che dobbiamo attraversare.
La nostra natura umana è destinata alla gloria, il nostro corpo è portatore di una dignità divina: siamo chiamati a salire in alto, siamo destinati alla gloria … non dimentichiamocelo! Ripensiamoci proprio nei momenti di difficoltà: quando siamo giù, è allora che dobbiamo guardare questo movimento che ci invita a guardare in su. La beata Vergine Maria è la primizia dei risorti … quello che è capitato a lei capiterà a noi. È il segno della nostra dignità. Lasciamoci attirare in questo movimento ascensionale, andiamo in alto, tendiamo alle cose migliori, guardiamo alla grande bellezza che ci sta davanti e ci attende nel futuro.

L’Assunta: primizia dell’umanità glorificata

In piena estate e al culmine di quel movimento che si definisce “esodo” di ferragosto verso il refrigerio delle vacanze al mare, ai monti, ai laghi, alle isole lontane… la Chiesa celebra la più grande e antica festa mariana: l’Assunzione o “Dormizione” – come dicono i cristiani d’Oriente – della Beata Vergine Maria.
Attraverso la liturgia viene così offerta la possibilità di ascendere alle più alte vette dello spirito per respirare l’aria purissima della vita soprannaturale e contemplare la bellezza spirituale che è la santità.
L’aspirazione al riposo, alla serena distensione e alla pura gioia non potrebbe trovare altrove un così pieno appagamento.
Ma per tantissima gente questa festa è soltanto “ferie di agosto”, riveste un carattere unicamente profano e si consuma nella banalità, spesso anche in uno stress consumistico e logorante, come e più che nei giorni di lavoro. La solennità dell’Assunta, per chi voglia riflettere, è un forte richiamo al vero riposo e alla vera felicità a cui siamo chiamati. Il clima della liturgia è tutto pervaso di stupore e di gioia pasquale.
Maria è infatti la primizia dell’umanità nuova e glorificata, la creatura già totalmente riscattata dalla morte e trasferita in anima e corpo nel regno della Vita immortale. Ciò che il Signore Gesù Cristo ha operato con la sua incarnazione, morte – risurrezione, in Maria sua Madre ha già avuto il suo pieno effetto; partecipe della gloria del Figlio Risorto, Maria costituisce per noi un segno di sicura speranza.
Veramente questa solennità mariana ci fa sollevare lo sguardo verso il Cielo. Non un cielo atmosferico più o meno terso, non un cielo astratto, di idee, e nemmeno un cielo poetico e immaginario, ma il cielo della “vera realtà” che è Dio stesso con tutti i suoi angeli e l’immensa comunione dei santi di cui Maria è la più fulgida luce. Contempliamo, dunque, la nostra eterna dimora, il nostro destino di figli di Dio.
Maria non è emigrata, ma rimpatriata, e noi esuli in questo mondo e pellegrini sui sentieri del tempo, aneliamo a raggiungere la patria dove il nostro cuore sente di avere le primizie della sua gioia. Se abbiamo fede, il nostro vivere quotidiano diventa una continua e dolce esperienza di questo trans-ire, andare oltre. Non è un morire che ci annienta, ma un lasciare ciò che è limitato per entrare in ciò che è infinito; è diventare da terrestri, celesti. E questo avviene perché il Cristo risorto ha trasferito nella sfera divina la nostra natura umana e tutta la realtà cosmica cui siamo intimamente legati. Mentre sembra che tutto si logori, si consumi e sparisca, in realtà tutto si trasfigura e passa dalla caducità al regno dell’incorruttibilità. Nascono così «i cieli nuovi e la terra nuova» in cui non vi sarà più né pianto, né lamento, perché non vi sarà più la morte. La vittoria sulla morte è stata riportata dal Cristo in forza dell’amore che lo ha spinto a morire per noi. Solo l’Amore fa entrare nel regno della Vita. Maria vi è entrata dietro il Figlio, con un impeto incontenibile e dopo di Lei la via è rimasta aperta davanti a tutti gli uomini.
Non sono però i ragionamenti a farci capire queste cose; è la fede, la fede semplice e schietta, che ci pone umilmente in ginocchio e che ci mette in silenzio di adorazione davanti al mistero che ci trascende.
Chi crede vive già nella dimensione del trascendente, perciò non si lascia afferrare dalla vana nostalgia del tempo che passa. No, perché il tempo non fugge all’indietro; la nostra esistenza non è una fuga e una caduta nel passato, ma un dinamismo proteso in avanti. La vita umana scorre come un fiume verso l’oceano divino, verso la sua pienezza. Perciò sentiamo che il nostro morire è un nascere altrove.
Davanti al triste spettacolo di tanta falsa gioia e, contemporaneamente, di tanto angosciato dolore che dilaga nel mondo, il cristiano di oggi – se è tale di nome e di fatto – diventa lui pure un segno di speranza
e di consolazione. Egli infatti è l’uomo che con il suo stile di vita seriamente impegnato nel temporale ma proteso all’eterno, annuncia la Risurrezione. È segno di speranza e di consolazione anche perché, tutti raccogliendo nel suo cuore, in uno slancio di umana empatia e di amore oblativo, tutti affida al cuore di Colei che è la “fulgida porta del Cielo” perché è la Madre della Misericordia, la fonte attraverso la quale è scaturita la nostra Vita e la nostra Gioia: Cristo Gesù.

ASSUNZIONE DI MARIA: festa che evangelizza lo sguardo

C’è così tanta luce nella festa dell’Assunzione di Maria al cielo, che si fa fatica a tenere gli occhi aperti. È la fatica che si prova davanti al Mistero che non riusciamo mai ad addomesticare fino in fondo nella formula giusta, nella teologia più capiente. Per quanto ci sforziamo di dare voce e corpo ai dogmi cristiani (e tra di essi anche quelli che si riferiscono specificamente a Maria), l’unica cosa che rimane è riuscire ad intravedere qualcosa di quel Mistero in una immensa luce. Ecco perché potremmo dire che la festa dell’Assunzione di Maria al cielo è una di quelle feste che evangelizzano lo sguardo. È verso l’alto che dobbiamo guardare. «Siamo nati e non moriremo mai più», scrisse quella straordinaria donna di nome Chiara Corbella che ci ha lasciato una bellissima testimonianza di donna, di moglie, di madre. Perché la morte è solo quella direzione di cielo che prendiamo con una rincorsa un po’ misteriosa e un po’ carica di paura. Maria che varca il cielo ci ricorda che quello è il nostro destino, cioè quella è la nostra destinazione. Ed è per questo che Maria è per ciascuno di noi “segno sicuro di speranza”, perché guardando Lei capiamo un po’ che fine faremo anche noi.

Il segno distintivo che siamo fatti per il cielo lo si vede dalla gioia che proviamo e che portiamo. Un cristiano o è un portatore di gioia o non è cristiano. Ma non la gioia dei sorrisi, ma la gioia di sapersi amati definitivamente. È la gioia di chi riesce a vedere che Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. Dà conoscenza agli umili e confonde le idee ai superbi. Provvede a chi si riconosce povero e lascia a bocca asciutta coloro che pensano di bastare a se stessi. La festa di oggi quindi, come una seconda Pasqua tutta mariana, accende una luce di speranza sul nostro destino.
Questa luce però non è solo una luce che ci parla del dopo, ma è una luce che ci parla del qui ed ora. Infatti è proprio pensando a Maria che tutta la nostra vita di adesso assume una profondità nuova. Ha ragione quindi Dante a dire di Maria: «Sei di speranza fontana vivace».

Un ultimo aspetto riguarda lo “scandalo del corpo”. Fintanto che penseremo alla fede e alla vita spirituale come qualcosa che tocca solo la nostra anima, un nostro principio spirituale, interiore, non ci discosteremo di molto dalle altre esperienze religiose. Ma la fede cristiana è fede nel “corpo del Risorto”, è fede nella risurrezione della carne. Il fatto che Maria sia in cielo non solo con la sua anima, ma con il suo corpo, ci interroga profondamente sulla nostra fede nella risurrezione.
Il cristianesimo poggia o cade proprio su questo: sullo scandalo del nostro corpo che non è, «la tomba dell’anima», ma bensì «tempio dello Spirito Santo», anch’esso, quindi, in attesa di redenzione. Potremmo quindi aggiungere che oggi è la festa della riconciliazione con il nostro corpo.

Siamo germogli di luce nel mondo

L’Assunzione di Maria al cielo in anima e corpo è l’icona del nostro futuro, anticipazione di un comune destino: annuncia che l’anima è santa, ma che il Creatore non spreca le sue meraviglie: anche il corpo è santo e avrà, trasfigurato, lo stesso destino dell’anima. Perché l’uomo è uno.
I dogmi che riguardano Maria, ben più che un privilegio esclusivo, sono indicazioni esistenziali valide per ogni uomo e ogni donna. Lo indica benissimo la lettura dell’Apocalisse: vidi una donna vestita di sole, che stava per partorire, e un drago.
Il segno della donna nel cielo evoca santa Maria, ma anche l’intera umanità, la Chiesa di Dio, ciascuno di noi, anche me, piccolo cuore ancora vestito d’ombre, ma affamato di sole.
Contiene la nostra comune vocazione: assorbire luce, farsene custodi (vestita di sole), essere nella vita datori di vita (stava per partorire): vestiti di sole, portatori di vita, capaci di lottare contro il male (il drago rosso). Indossare la luce, trasmettere vita, non cedere al grande male.
La festa dell’Assunta ci chiama ad aver fede nell’esito buono, positivo della storia: la terra è incinta di vita e non finirà fra le spire della violenza; il futuro è minacciato, ma la bellezza e la vitalità della Donna sono più forti della violenza di qualsiasi drago.
Il Vangelo presenta l’unica pagina in cui sono protagoniste due donne, senza nessun’altra presenza, che non sia quella del mistero di Dio pulsante nel grembo.
Nel Vangelo profetizzano per prime le madri.
«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo». Prima parola di Elisabetta, che mantiene e prolunga il giuramento irrevocabile di Dio: Dio li benedisse (Genesi 1,28), e lo estende da Maria a ogni donna, a ogni creatura. La prima parola, la prima germinazione di pensiero, l’inizio di ogni dialogo fecondo è quando sai dire all’altro: che tu sia benedetto.
Poterlo pensare e poi proclamare a chi ci sta vicino, a chi condivide strada e casa, a chi porta un mistero, a chi porta un abbraccio: «Tu sei benedetto», Dio mi benedice con la tua presenza, possa benedirti con la mia presenza.
«L’anima mia magnifica il Signore».
Magnificare significa fare grande. Ma come può la piccola creatura fare grande il suo Creatore? Tu fai grande Dio nella misura in cui gli dai tempo e cuore. Tu fai piccolo Dio nella misura in cui Lui diminuisce nella tua vita.
Santa Maria ci aiuta a camminare occupati dall’avvenire di cielo che è in noi come un germoglio di luce. Ad abitare la terra come lei, benedicendo le creature e facendo grande Dio.

Assunzione della Beata Vergine Maria

All’approssimarsi dell’estate anche i quotidiani e i settimanali tradizionalmente seri cedono alla tentazione dell’effimero e consacrano testi e immagini a quello che sembra essere il dilemma di ogni futuro vacanziero: come affrontare con un fisico presentabile il prossimo appuntamento con la spiaggia? La risposta a un tale quesito va dai consigli sugli esercizi ginnici più appropriati, alle diete più efficaci e all’abbigliamento maggiormente in grado di nascondere certe imperfezioni. La chiesa ha un suo modo abbastanza curioso di affrontare domande del genere. Nel bel mezzo del mese di agosto ci propone l’icona di Maria Vergine, assunta in cielo. È una scelta che decisamente spiazza tutti i cultori dell’effimero, ma non rinuncia ad andare al nocciolo della questione. Spiazza perché il problema non viene affrontato ponendosi come termine di riferimento quest’estate o la prossima, ma la vita eterna, quello che avviene a ciascuno di noi dopo la morte. Spiazza perché senza dare alcuna ricetta magica, propone ciò che rende veramente “presentabile” per sempre il nostro corpo.
In tal modo si va dritti ad affrontare il problema vero, non solo qualche aspetto superficiale.
L’obiettivo, del tutto pretenzioso, viene raggiunto attraverso una narrazione che ci mette davanti due donne molto dissimili fra loro. Una anziana, Elisabetta, e una molto giovane, Maria.
Una viene dalla Galilea, l’altra risiede vicino a Gerusalemme. Una è moglie di un sacerdote del tempio, l’altra è sposa di un carpentiere. Che cosa ci può essere in comune tra queste due donne? Nel loro corpo sta accadendo qualcosa di straordinario, che ha a che fare con Dio. Sì, il bambino che ognuna si porta in grembo è un dono suo. Queste due donne, incontrandosi, lasciano spazio alla loro gioia ed esprimono, ognuna a modo suo, la loro gioia. È una gioia che trova nella fede la sorgente, perché in fondo si volgono verso Dio e gli esprimono il loro entusiasmo e la loro riconoscenza.
Con il dogma dell’Assunzione la chiesa ci ricorda che colei che è la Madre di Dio, la madre di Gesù, ha conosciuto subito, corpo e anima, la trasfigurazione della gloria. Ecco dunque la ricetta per rendere “presentabile” il proprio corpo: questa fiducia in Dio che consiste nell’abbandonarsi a lui e nel fare del proprio corpo uno strumento di vita, di amore, di dolcezza, di generosità e di bontà.

Un corpo trasfigurato dall’amore

Sacerdote cattolico di origine olandese, Henri Nouwen si è trasferito negli Stati Uniti dove ha insegnato teologia spirituale in prestigiose università come Notre Dame, Yale e Harvard. All’età di 54 anni aveva già scritto molti libri ed era un autore conosciuto ed apprezzato. Decise di operare un cambiamento di rotta significativo ed entrò nella Comunità dell’Arche a Daybreak, vicino a Toronto, in Canada. Il movimento dell’Arche di Jean Vanier è uno di quei luoghi in cui le persone ferite vivono in comunità. Le persone che portano un handicap fisico e spesso anche mentale formano il cuore della comunità di vita. Attorno a loro ci sono gli altri, gli assistenti. Essi vivono insieme in una vicinanza impressionante e in nessun’altra parte si avverte più profondamente quanto anche i “sani” siano feriti nel corpo e nell’anima, e hanno bisogno di un guaritore. È proprio lì che Nouwen impara da vicino, per esperienza, cosa sia l’incarnazione. «L’Arche è costruita sul corpo e non sulla parola. Questo aiuta a spiegare la mia lotta nel venire all’Arche. Finora tutta la mia vita è stata centrata sulla parola: imparare, insegnare, leggere, scrivere, parlare. Senza la parola la mia vita è impensabile […]. La comunità dell’Arche è una comunità formata intorno ai corpi lesi degli handicappati. Nutrire, pulire, toccare, tenere; è questo che costruisce la comunità. Le parole sono secondarie. La maggior parte degli handicappati ha poche parole per parlare, e molti non parlano affatto. È il linguaggio del corpo che conta di più. “Il Verbo si è fatto carne”: è questo il centro del messaggio cristiano». Perché vi propongo queste riflessioni per la festa dell’Assunzione? Forse perché il vangelo di oggi ci racconta l’incontro di due donne che portano nel loro corpo il segno tangibile della presenza di Dio. Elisabetta, la donna anziana e sterile che sta per partorire, e Maria, la vergine di Nazaret, nel cui grembo è stato concepito Gesù, sono testimoni della stessa realtà: Dio entra nella storia, Dio fa grazia, Dio prende carne, la carne di un uomo. Non c’è nulla di più bello di quel sussulto che Elisabetta prova dentro di sé, sentendo che il bimbo che è dentro di lei esulta di gioia. Forse perché questa festa mette l’accento proprio sul nostro corpo, che è come il corpo della Vergine Maria. In effetti quel Dio che si è fatto uomo chiede ad ognuno di noi di amarlo e di amare i nostri fratelli. Ma dove passa, si manifesta, si concretizza questo amore? Attraverso il nostro corpo, attraverso le nostre mani e le nostre braccia, il nostro volto, attraverso il calore fisico che siamo in grado di comunicare… L’Assunzione non è una sorta di masso erratico nel panorama delle verità della fede, ma è la logica conseguenza dell’incarnazione. Il nostro corpo è destinato ad essere trasfigurato dalla gloria di Dio perché ha partecipato, totalmente, all’avventura della fede e dell’amore.

Assunzione della Beata Vergine Maria

Una festa antichissima. Come riportato sul Messale Romano, questa festa è tra le più antiche ed accomuna, con sfumature differenti, l’Oriente e l’Occidente. La recente definizione dogmatica (1950) non è dunque una innovazione, ma un riconoscimento di una lunghissima tradizione, prima di tutto rituale.
Celebrare la Madre di Dio significa sempre rinnovare la nostra fede nel Cristo, entrare nel mistero cristologico con una sfumatura particolare.
Oggi celebriamo la preziosità del corpo umano (e femminile) nella spiritualità cristiana, la cura di Dio per la Madre, il mistero della morte e divinizzazione promesso nel battesimo ad ogni persona in Cristo.
L’abbondanza dei temi ci aiuti a ritrovare il cuore del messaggio evangelico.

In questo mistero sono presenti cinque dimensioni:

  • Aspetto soteriologico: Maria come frutto della redenzione, di ciò che Dio può operare in noi.
  • Aspetto cristologico: tutti parteciperemo al Corpo mistico del Cristo risorto.
  • Aspetto antropologico: crediamo la risurrezione della carne, e questo dice la dignità sublime del corpo umano. Si può notare che lo si dice in primis di un corpo femminile, da sempre e ancora oggi non rispettato.
  • Aspetto ecclesiologico: tutta la chiesa aspira a essere come Maria.
  • Aspetto mariologico: Dio è fedele alla promessa di cura fatta alla giovane di Nazaret, condotta attraverso una vita non facile, fino alla partecipazione piena alla gloria del Figlio.

Beata Vergine Maria Addolorata

Spesso una madre, addolorata per la sofferenza del figlio, soffre più del figlio stesso. È questo l’effetto dell’amore: di assumere in sé il dolore altrui e far sì che, con l’aumento del dolore, più dell’altro soffra colui che lo compatisce, al punto che spesso desidera soffrire lui solo, affinché l’altro non soffra. Nella sofferenza della compassione, l’anima di chi partecipa è divisa in qualche modo da se stessa e in se stessa.  Poiché quando soffre una persona amata, per associarsi al suo dolore, l’anima le si dona ed esce da sé spinta dalla compassione, per unirsi a lei e soffrire al suo posto. E, in certo modo, mostra di appartenere a  colui con il quale si è compenetrata per il sentimento di compassione, come se vivesse in quello di cui sente il tormento.  Perciò il vecchio Simeone, profetizzando di Cristo, disse: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione»; e subito, rivolgendosi alla Beata Vergine, aggiunse: «E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,34.35); cioè: la tua anima, quasi fosse la sua, sarà trafitta da una spada. Si può anche intendere così: la tua stessa anima, cioè la tua propria anima sarà trafitta da una spada. Infatti la Madre di Dio, che sapeva amare più di tutti, come anche più di tutti era amata, soffriva con il  Figlio morente come fosse lei stessa a soffrire. Il suo dolore era proporzionato al suo amore. Amando il Figlio più di se stessa, portò nel cuore con un intimo dolore tutte le ferite che erano inferte al corpo del Figlio. Il suo martirio fu la passione di Cristo. La carne di Cristo era in certo senso la carne sua, cioè carne della sua carne, e dopo che il Cristo l’ebbe assunta da lei, essa la amò in Cristo, più della propria in sé. Quanto più amò, tanto più soffrì. Patì nel cuore più di quanto un martire soffra nel corpo, perciò risplende per il singolare privilegio del glorioso martirio. Gli altri martiri sono giunti alla perfezione col martirio della propria morte; lei offrì alla passione la carne della sua carne per la salvezza del mondo, e nella passione e per la passione di Cristo la sua anima fu così invasa dalla violenza del dolore che, come consumata nello stesso martirio col Cristo, si può credere che abbia meritato la più alta gloria dei martiri, dopo Cristo.

Solennità dell’Assunzione

Il Signore ha veramente esaltato Maria, ponendola al vertice delle sue opere e profondendo in lei la ricchezza della sua bontà, della sua bellezza e del suo amore. Ma la Vergine rimane sempre una creatura, e, come essa stessa si chiama, “l’ancella del Signore”. L’umiltà si distende su tutta la sua vita. Contemplare Maria diventa una rispondenza ad una nostra incolmabile nostalgia, anche di noi moderni. Gli uomini del nostro tempo cercano infatti il tipo, cercano l’eroe, cercano colui che sintetizzi qualche lato perfetto della vita umana.

La Madonna verifica in se stessa tutte le bellezze dell’umanità, oltreché della santità soprannaturale: è donna, è vergine, è madre, ha sofferto, ha lavorato, ha patito, ha vissuto la nostra esperienza terrena e porta in alto la nostra umanità. Essa ci conforta e ci invita ad imitarla. E l’esemplarità della Madonna, che illumina il nostro cammino, non rimane distante.

La Vergine santissima è infatti nostra intermediaria e la sua intercessione diventa materna e sempre vicina alle prove della nostra vita. Essa ci conforta e ci aiuta ad imitarla. È stata così semplice, così umile: possiamo esserlo anche noi, rendendo ideale il pellegrinaggio della nostra vita. Il momento è propizio per ascoltare. E sembra a noi che la festa dell’Assunta faccia calare dal cielo un messaggio assai importante. È il messaggio della vita futura alla vita presente; un messaggio pieno di luce e di speranza, ma ammonitore circa il fine ultraterreno della umana esistenza. Noi raccoglieremo questo messaggio e ringrazieremo la Madonna che ce lo manda, e che ci ricorda come il destino della vita non è chiuso nel tempo, ma è al di là, e che il senso, il dovere principale del nostro cammino nel tempo è quello di meritarci quel Paradiso, dove Ella, Maria, già si trova nell’integrità gloriosa del suo essere, anima e corpo. Grande lezione per noi, se fossimo dimentichi della sorte che ci attende oltre la tomba; grande consolazione per chi desidera il bene, per chi lavora con animo forte ed alto, per chi soffre, per chi spera e per chi prega.

Solennità dell’Assunzione

Le parole tacciono … davanti alla bellezza di Maria, la Vergine Madre assunta in cielo con anima e corpo, resta solo la contemplazione stupita. Per noi pellegrini sulla terra tutto quanto riguarda la vita eterna, la vita nella gloria, è avvolto di mistero. Tuttavia è mistero pieno di luce e di gioia, i cui raggi si riflettono sulla nostra quotidiana esistenza, illuminando le nubi che talvolta su di essa si addensano e rendendo più acuta la nostalgia del cielo. Il riposo è gradito a coloro che sono stanchi. È dunque opportuno per noi che sopraggiunga questo giorno di riposo e di festa, in modo che, mentre celebriamo il riposo della santa Madre di Dio, non solo i corpi ritemprino le forze, ma anche i cuori riprendano fiato nel ricordo e nell’amore di quel riposo eterno. Anche lì noi mieteremo il riposo, noi che ora seminiamo la fatica di questo raccolto. Il frutto di questa fatica sarà quel riposo. Nel pieno fervore dell’estate, la Chiesa celebra la più grande tra le sue feste del “raccolto”.

La Vergine Madre di Dio è infatti il primo e perfettamente maturo frutto del mistero pasquale.

In lei la Chiesa contempla il definitivo compimento del piano della salvezza; in lei saluta i cieli nuovi e la terra nuova, e con lei si considera già entrata nella gloria della risurrezione. Perciò, mentre proclama la sua gloria, canta la propria speranza. Maria è già ciò che la Chiesa  –  e ogni singola persona  –  sarà alla fine dei tempi; Maria, dunque, ci dà l’orientamento al cielo e tiene lo sguardo del nostro cuore proteso alla meta.

I testi che la liturgia della solennità offre alla nostra meditazione ripresentano le tappe dell’itinerario che Maria ha percorso e che la Chiesa va proponendo nel suo pellegrinaggio di fede.

Prendendo l’avvio dalle prime pagine della Genesi, si arriva alla gloriosa conclusione prospettata nell’Apocalisse proposta nella prima lettura della Messa del giorno. Dall’annunzio della donna portatrice della Salvezza si giunge all’unione definitiva di Cristo con la Chiesa-Sposa di cui Maria è la primizia.

La bellezza di questa creatura che rallegra il cielo e la terra è candore e santità, ma soprattutto amore. Il fatto che gli angeli esultanti l’accolgano con loro in paradiso non può lasciare in noi ombra di malinconia o senso di orfanezza, poiché se in cielo tra gli angeli Maria è regina, in mezzo a noi ella rimane sempre nostra Madre premurosa e compassionevole. Tutto Maria conserva nel suo cuore, tutto di noi raccoglie e presenta al figlio e al Padre. Ogni nostra preghiera e offerta passa attraverso le sue mani.

La nostra più grande aspirazione dovrebbe essere quella di divenire come Maria, totalmente donati a Dio e di umile servizio i fratelli, affinché nessuno resti isolato nel cammino, ma tutti insieme possiamo raggiungere la celeste meta del terreno pellegrinaggio.