Il Papa annuncia l’Anno dedicato alla “Famiglia Amoris Laetitia”

“Le famiglie del mondo siano sempre più affascinate dall’ideale evangelico della Santa Famiglia e con l’aiuto della Vergine Maria divengano fermento di una nuova umanità e di una solidarietà concreta e universale”. Questo l’auspicio che il Papa esprime per l’anno che verrà che, all’Angelus, proclama Anno dedicato alla Famiglia Amoris laetitia, ispirato all’ideale dell’amore coniugale e familiare incarnato da Gesù, Maria e Giuseppe e sottolineato nell’Esortazione apostolica a cinque anni dalla promulgazione. 

L’esperienza della pandemia ha messo maggiormente in luce il ruolo centrale della famiglia come Chiesa domestica e ha evidenziato l’importanza dei legami tra famiglie, che rendono la Chiesa una ‘famiglia di famiglie’.
Attraverso alcune iniziative spirituali, pastorali, anche la nostra comunità parrocchiale intenderà rivolgersi alle famiglie esortando ogni persona a essere testimone dell’amore familiare.

Il Papa annuncia l’Anno dedicato alla “Famiglia Amoris Laetitia”

Il 19 marzo 2021 la Chiesa celebra 5 anni dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia” sulla bellezza e la gioia dell’amore familiare. In questo stesso giorno papa Francesco inaugurerà l’Anno “Famiglia Amoris Laetitia”, che si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X Incontro mondiale delle famiglie a Roma con il Santo Padre.

L’annuncio è stato dato dallo stesso Pontefice domenica 27 dicembre, festività della Sacra Famiglia.

Enciclica “Fratelli tutti”: La chiave di volta della fraternità universale (2)

La nuova enciclica sociale di papa Francesco, firmata ad Assisi,  per superare i mali e le ombre del mondo.

Sulla scia dell’adagio terenziano ripreso da Paolo VI nella sua enciclica programmatica Ecclesiam Suam, papa Francesco ricorda nell’incipit stesso della sua lettera enciclica quanto «tutto ciò che è umano ci riguardi» e che «dovunque i consessi dei popoli si riuniscono per stabilire i diritti e i doveri dell’uomo, noi siamo onorati, quando ce lo consentono, di assiderci fra loro». La Chiesa del resto, affermava Paolo VI, «chiamata a incarnarsi in ogni situazione e ad essere presente attraverso i secoli in ogni luogo della terra – questo significa “cattolica” –, può comprendere, a partire dalla propria esperienza di grazia e di peccato, la bellezza dell’invito all’amore universale».

Francesco spiega poi che le questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale sono sempre state tra le sue preoccupazioni e che negli ultimi anni ha fatto riferimento ad esse più volte. L’enciclica raccoglie molti di questi interventi collocandoli in un contesto più ampio di riflessione. E se la redazione della Laudato si’ ha avuto una fonte di ispirazione dal suo fratello ortodosso Bartolomeo, il Patriarca ecumenico di Costantinopoli che ha proposto con molta forza la cura del creato, in questo caso si è sentito stimolato in modo speciale dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, con il quale il Papa si è incontrato nel febbraio del 2019 ad Abu Dhabi per ricordare che Dio «ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro».

Papa Francesco ricorda che quello non è stato «un mero atto diplomatico, bensì il frutto di una riflessione compiuta nel dialogo e di un impegno congiunto». E che questa enciclica, pertanto, raccoglie e sviluppa i grandi temi esposti in quel Documento firmato insieme e recepisce, nel suo linguaggio, «numerosi documenti e lettere ricevute da tante persone e gruppi di tutto il mondo». La genesi della lettera tuttavia è stata accelerata da un’emergenza: l’irruzione inattesa della pandemia del Covid-19, «che – come scrive Francesco – ha messo in luce le nostre false sicurezze, e al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l’incapacità di agire insieme». Perché «malgrado si sia iper-connessi – spiega ancora il Papa – si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti». E adesso «se qualcuno pensa che si tratti solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà».

Enciclica “Fratelli tutti”: La chiave di volta della fraternità universale (1)

La nuova enciclica sociale di papa Francesco, firmata ad Assisi,  per superare i mali e le ombre del mondo.

Un manifesto per i nostri tempi. Con l’intento di «far rinascere un’aspirazione mondiale alla fraternità». La nuova lettera enciclica di papa Francesco che si rivolge «a tutti i fratelli e le sorelle», «a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose» è «uno spazio di riflessione sulla fraternità universale». Necessaria, nel solco della dottrina sociale della Chiesa, per un futuro «modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana». Per «agire insieme e guarire dalla chiusura del consumismo, l’individualismo radicale e l’auto-protezione egoistica».

Per superare «le ombre di un mondo chiuso» e conflittuale e «rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale che viva l’amicizia sociale». Per la crescita di società eque e senza frontiere. Perché l’economia e la politica siano poste «al servizio del vero bene comune e non siano ostacolo al cammino verso un mondo diverso». Perché quanto stiamo attraversando con la pandemia «non sia l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare». Perché le religioni possono offrire «un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società».

La fonte d’ispirazione per questa nuova pagina di dottrina sociale della Chiesa viene ancora una volta dal Santo dell’amore fraterno, il Povero d’Assisi «che – afferma il Papa – mi ha ispirato a scrivere       l’enciclica Laudato si’, e nuovamente mi motiva a dedicare questa nuova enciclica alla fraternità e all’amicizia sociale».

Racconto per riflettere in questo anno dedicato alla “Laudato Sii” e alla cura del creato

Un padre ricco, volendo che suo figlio sapesse che significa essere povero, gli fece passare alcuni giorni con una famiglia di contadini. Il bambino passò tre giorni e tre notti nei campi.

Di ritorno in città, ancora in macchina, il padre gli chiese:

Che mi dici della tua esperienza? Bene, rispose il bambino …. Hai appreso qualcosa? insistette il padre.

1. Che abbiamo un cane e loro ne hanno quattro.

2. Che abbiamo una piscina con acqua trattata, che arriva in fondo al giardino. Loro hanno un fiume, con acqua cristallina, pesci e altre belle cose.

3. Che abbiamo la luce elettrica nel nostro giardino ma loro hanno le stelle e la luna per illuminarli.

4. Che il nostro giardino arriva fino al muro. Il loro, fino all’orizzonte.

5. Che noi compriamo il nostro cibo; loro lo coltivano, lo raccolgono e lo cucinano.

6. Che noi ascoltiamo CD … Loro ascoltano una sinfonia continua di pappagalli, grilli e altri animali … tutto ciò, qualche volta accompagnato dal canti di un vicino che lavora la terra.

7. Che noi utilizziamo il microonde. Ciò che cucinano loro, ha il sapore del fuoco lento.

8. Che noi per proteggerci viviamo circondati da recinti con allarme… Loro vivono con le porte aperte, protetti dall’amicizia dei loro vicini.

9. Che noi viviamo collegati al cellulare, al computer, alla televisione. Loro sono collegati alla vita, al cielo, al sole, all’acqua, ai campi, agli animali, alle loro ombre e alle loro famiglie.

Il padre rimase molto impressionato dai sentimenti del figlio. Alla fine il figlio concluse: Grazie per avermi insegnato quanto siamo poveri!

Papa Francesco: un anno dedicato all’enciclica “Laudato sì”

Capitolo sesto – Educazione e spiritualità ecologica

Il capitolo finale va al cuore della conversione ecologica a cui l’Enciclica invita. Le radici della crisi culturale agiscono in profondità e non è facile ridisegnare abitudini e comportamenti. L’educazione e la formazione restano sfide centrali: «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo» (15); sono coinvolti tutti gli ambiti educativi, in primis «la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi» (213).

La partenza è «puntare su un altro stile di vita» (203-208), che apre anche la possibilità di «esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale» (206). È ciò che accade quando le scelte dei consumatori riescono a «modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione» (206).

Non si può sottovalutare l’importanza di percorsi di educazione ambientale capaci di incidere su gesti e abitudini quotidiane, dalla riduzione del consumo di acqua, alla raccolta differenziata dei rifiuti fino a «spegnere le luci inutili» (211): «Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo» (230). Tutto ciò sarà più semplice a partire da uno sguardo contemplativo che viene dalla fede: «Per il credente, il mondo non si contempla dal di fuori ma dal di dentro, riconoscendo i legami con i quali il Padre ci ha unito a tutti gli esseri. Inoltre, facendo crescere le capacità peculiari che Dio ha dato a ciascun credente, la conversione ecologica lo conduce a sviluppare la sua creatività e il suo entusiasmo» (220).

Ritorna la linea proposta nell’Evangelii Gaudium: «La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante» (223), così come «La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita» (223); in questo modo diventa possibile «sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena di essere buoni e onesti» (229).

I santi ci accompagnano in questo cammino. San Francesco, più volte citato, è «l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia» (10), modello di come «sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore» (10).

Ma l’enciclica ricorda anche san Benedettosanta Teresa di Lisieux e il beato Charles de Foucauld. Dopo la Laudato si’l’esame di coscienza, lo strumento che la Chiesa ha sempre raccomandato per orientare la propria vita alla luce della relazione con il Signore, dovrà includere una nuova dimensione, considerando non solo come si è vissuta la comunione con Dio, con gli altri e con se stessi, ma anche con tutte le creature e la natura.

Papa Francesco: un anno dedicato all’enciclica “Laudato sì”

Capitolo quinto – Alcune linee di orientamento e di azione

Questo capitolo affronta la domanda su che cosa possiamo e dobbiamo fare. Le analisi non possono bastare: ci vogliono proposte «di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale» (15), e «che ci aiutino ad uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando» (163). Per Papa Francesco è imprescindibile che la costruzione di cammini concreti non venga affrontata in modo ideologico, superficiale o riduzionista. Per questo è indispensabile il dialogo, termine presente nel titolo di ogni sezione di questo capitolo:

«Ci sono discussioni, su questioni relative all’ambiente, nelle quali è difficile raggiungere un consenso. […] la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma [io] invito ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune» (188).

Su questa base Papa Francesco non teme di formulare un giudizio severo sulle dinamiche internazionali recenti: «i Vertici mondiali sull’ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative perché, per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci» (166). E si chiede «Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?» (57). Servono invece, come i Pontefici hanno ripetuto più volte a partire dalla Pacem in terris, forme e strumenti efficaci di governance globale (175): «abbiamo bisogno di un accordo sui regimi di governance  per tutta la gamma dei cosiddetti beni comuni globali» (174), visto che «“la protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente”» (190).

Sempre in questo capitolo, Papa Francesco insiste sullo sviluppo di processi decisionali onesti e trasparenti, per poter «discernere» quali politiche e iniziative imprenditoriali potranno portare «ad un vero sviluppo integrale» (185). In particolare, lo studio dell’impatto ambientale di un nuovo progetto «richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare ed a un dibattito approfondito» (182).

Particolarmente incisivo è l’appello rivolto a chi ricopre incarichi politici, affinché si sottragga «alla logica efficientista e “immediatista”» (181) oggi dominante: «se avrà il coraggio di farlo, potrà nuovamente riconoscere la dignità che Dio gli ha dato come persona e lascerà, dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa responsabilità» (181).

Papa Francesco: un anno dedicato all’enciclica “Laudato sì”

Capitolo quarto – Un’ecologica integrale

Il cuore della proposta dell’Enciclica è l’ecologia integrale come nuovo paradigma di giustizia; un’ecologia «che integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda» (15). Infatti, non possiamo «considerare la natura come qualcosa separato da noi o come una mera cornice della nostra vita» (139). Questo vale per quanto viviamo nei diversi campi: nell-economia e nella politica, nelle diverse culture, in particolar modo in quelle più minacciate, e persino in ogni momento della nostra vita quotidiana.

La prospettiva integrale mette in gioco anche una ecologia delle istituzioni: «Se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali”» (142).

Con molti esempi concreti, Papa Francesco non fa che ribadire il proprio pensiero: c’è un legame tra questioni ambientali e questioni sociali e umane che non può mai essere spezzato. Così «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa» (141), in quanto «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (139). Questa ecologia integrale «è inseparabile dalla nozione di bene comune»(156), da intendersi però in maniera concreta: nel contesto di oggi, in cui «si riscontrano tante iniquità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali», impegnarsi per il bene comune significa fare scelte solidali sulla base di «una opzione preferenziale per i più poveri» (158). È questo anche il modo migliore per lasciare un mondo sostenibile alle prossime generazioni, non a proclami, ma attraverso un impegno di cura per i poveri di oggi, come già aveva sottolineato Benedetto XVI: «oltre alla leale solidarietà intergenerazionale, occorre reiterare l’urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà intragenerazionale» (162).

L’ecologia integrale investe anche la vita quotidiana, a cui l’Enciclica riserva un’attenzione specifica in particolare in ambiente urbano. L’essere umano ha una grande capacità di adattamento ed «è ammirevole la creatività e la generosità di persone e gruppi che sono capaci di ribaltare i limiti dell’ambiente, […] imparando ad orientare la loro esistenza in mezzo al disordine e alla precarietà» (148).

Ciononostante, uno sviluppo autentico presuppone un miglioramento integrale nella qualità della vita umana: spazi pubblici, abitazioni, trasporti, ecc. (150-154).

Anche «il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi.  L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio» (155).

Papa Francesco: un anno dedicato all’enciclica “Laudato sì”

Capitolo terzo – La radice umana della crisi ecologica

Questo capitolo presenta un’analisi della situazione attuale, «in modo da coglierne non solo i sintomi ma anche le cause più profonde» (15), in un dialogo con la filosofia e le scienze umane.

Un primo fulcro del capitolo sono le riflessioni sulla tecnologia: ne viene riconosciuto con gratitudine l’apporto al miglioramento delle condizioni di vita (102-103), tuttavia essa «a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero» (104). Sono proprio le logiche di dominio tecnocratico che portano a distruggere la natura e a sfruttare le persone e le popolazioni più deboli. «Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica» (109), impedendo di riconoscere che «Il mercato da solo […] non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale» (109).

Alla radice si diagnostica nell’epoca moderna un eccesso di antropocentrismo (116): l’essere umano non riconosce più la propria giusta posizione rispetto al mondo e assume una posizione autoreferenziale, centrata esclusivamente su di sé e sul proprio potere. Ne deriva una logica «usa e getta» che giustifica ogni tipo di scarto, ambientale o umano che sia, che tratta l’altro e la natura come semplice oggetto e conduce a una miriade di forme di dominio. È la logica che porta a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani, il commercio di pelli di animali in via di estinzione e di “diamanti insanguinati”.

È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico e dello scarto dei nascituri perché non corrispondono ai progetti dei genitori. (123) In questa luce l’Enciclica affronta due problemi cruciali per il mondo di oggi. Innanzitutto il lavoro: «In qualunque impostazione di ecologia integrale, che non escluda l’essere umano, è indispensabile integrare il valore del lavoro» (124), così come «Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società» (128).

La seconda riguarda i limiti del progresso scientifico, con chiaro riferimento agli OGM (132-136), che sono «una questione di carattere complesso» (135). Sebbene «in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, si riscontrano significative difficoltà che non devono essere minimizzate» (134), a partire dalla «concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi» (134). Papa Francesco pensa in particolare ai piccoli produttori e ai lavoratori rurali, alla biodiversità, alla rete di ecosistemi. È quindi necessario «un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome» a partire da «linee di ricerca autonoma e interdisciplinare» (135).

Papa Francesco: un anno dedicato all’enciclica “Laudato sì”

Capitolo secondo – Il Vangelo della Creazione

Per affrontare le problematiche illustrate nel capitolo precedente, Papa Francesco rilegge i racconti della Bibbia, offre una visione complessiva che viene dalla tradizione ebraico-cristiana e articola la «tremenda responsabilità» (90) dell’essere umano nei confronti del creato, l’intimo legame tra tutte le creature e il fatto che «l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti» (95).

Nella Bibbia, «il Dio che libera e salva è lo stesso che ha creato l’universo» e «in Lui affetto e forza si coniugano» (73). Centrale è il racconto della creazione per riflettere sul rapporto tra l’essere umano e le altre creature e su come il peccato rompa l’equilibrio di tutta la creazione nel suo insieme: «Questi racconti suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Secondo la Bibbia, queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato» (66).

Per questo, anche se «qualche volta i cristiani hanno interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature» (67).

All’essere umano spetta la responsabilità di “coltivare e custodire” il giardino del mondo (Gen 2,15) (67), sapendo che «lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio» (83).

Che l’essere umano non sia il padrone dell’universo, «non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliergli quel valore peculiare» che lo caratterizza; e «nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità» (90).

In questa prospettiva, Ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura è contrario alla dignità umana (92), ma «Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani» (91).

Serve la consapevolezza di una comunione universale: «creati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, […] che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile» (89). Conclude il capitolo il cuore della rivelazione cristiana: «Gesù terreno» con la «sua relazione tanto concreta e amorevole con il mondo» è «risorto e glorioso, presente in tutto il creato con la sua signoria universale» (100).