L’inno del “Te Deum” per esprimere gratitudine al Signore

«Noi ti lodiamo Dio, ti proclamiamo Signore»: così inizia il canto del Te Deum che secondo un’antica tradizione viene rinnovato alla fine di ogni anno civile. Anche oggi al temine della Messa lo intoneremo tutti insieme lodando Dio e proclamandolo “Signore della nostra vita”. È un inno di ringraziamento con cui vogliamo dire grazie al Signore. È importante il ringraziamento proprio nel momento della difficoltà.
Nonostante la crisi, le paure, i pericoli, riconosciamo di non essere soli, di non essere abbandonati, riconosciamo che la nostra vita è nelle mani di Dio e siamo contenti che sia Lui il nostro Signore. «È cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza rendere grazie, sempre in ogni luogo», in ogni circostanza, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, all’inizio di un anno e alla fine di un anno.
Ringraziamo il Signore per il tempo che ci dà, per la grazia che ci concede, per la forza che ci dona di vivere bene anche i tempi cattivi. Siamo noi i nostri tempi e il bene dipende da noi, dal nostro modo di reagire alle situazioni della vita, per questo chiediamo al Signore che ci aiuti, che ci sostenga, che ci protegga, che soccorra la nostra debolezza.
L’inno Te Deum è un antico testo della liturgia, che non è proprio della fine dell’anno: lo si adopera nella preghiera del breviario tutte le domeniche dell’anno e in tutte le feste. Viene solennemente cantato in pubblico nelle occasioni in cui si vuole ringraziare particolarmente il Signore, come avviene in questa celebrazione che conclude l’anno. Questo ampio poema di lode si divide in tre parti.
La prima parte costituisce una specie di preghiera eucaristica con impostazione trinitaria.
Noi ti lodiamo, Dio, ti proclamiamo Signore. O eterno Padre, tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode;
la santa Chiesa proclama la tua gloria, adora il tuo unico Figlio, e lo Spirito Santo Paraclito.

Dire che questa prima parte ha un’impostazione eucaristica serve per richiamare proprio il tema del ringraziamento; ha infatti la stessa formula delle preghiere che adoperiamo al cuore della Messa per lodare e ringraziare il Signore del dono della sua vita; tant’è vero che comprende anche la formula del triplice santo con l’evocazione degli angeli e delle potenze dei cieli che cantano la santità di Dio Signore dell’universo. Dio, che è completamente diverso da noi, totalmente santo, è tuttavia presente nella nostra esistenza: «i cieli e la terra sono pieni della sua gloria», cioè della sua presenza potente e operante.
Dio non si identifica con il mondo, ma è presente nel mondo e si fa sentire da noi – lo acclamano gli
apostoli, i martiri, i profeti – e noi facciamo parte di questa Chiesa gloriosa e ci uniamo alla lode dei Santi per adorare il Padre il Figlio e lo Spirito Santo.

La seconda parte del Te Deum è una invocazione a Cristo e ricorda gli eventi fondamentali della sua vita
e dell’opera di salvezza da lui compiuta:
O Cristo, re della gloria, eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre per la salvezza dell’uomo.
Vincitore della morte, hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore, che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria nell’assemblea dei santi.

Il Cristo, Re della gloria, eterno Figlio del Padre, quando ha deciso di liberare l’uomo non ha rifiutato il grembo della Vergine, ma si è degnato di scendere, di farsi piccolo, di entrare nella nostra umanità.
Consegnandosi volontariamente alla morte, ha vinto il potere della morte e ci ha aperto le porte della vita eterna. Adesso siede glorioso alla destra del Padre e regna per sempre nella gloria di Dio: un giorno infine verrà a giudicare il mondo. A questo punto – dopo aver adorato il Cristo come nostro Dio e sovrano dell’universo – gli chiediamo di soccorrere i figli che «ha redento col suo sangue prezioso». Gli chiediamo che ci accolga un giorno nella sua gloria, nell’assemblea dei Santi. Il centro del Te Deum è cristologico, perché il centro di tutta la nostra vita è Cristo e lo stile della nostra vita deve essere il ringraziamento. Siamo incentrati sulla storia di Gesù che diventa la nostra storia, e la nostra preghiera è un continuo ringraziamento a Lui.
La terza parte della preghiera, infine, diventa la supplica.
Salva il tuo popolo, Signore, guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, lodiamo il tuo nome per sempre.
Degnati oggi, Signore, di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: in te abbiamo sperato.
Pietà di noi, Signore, pietà di noi. Tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno.

È la rielaborazione di alcuni versi di salmi, con cui insistentemente chiediamo al Signore: salva il tuo
popolo, benedici la tua eredità, guida e proteggi i tuoi figli. Ogni giorno abbiamo bisogno che tu ci regga, che ci illumini, che ci conduca. Noi ti benediciamo e ti lodiamo per sempre.
Per questo chiediamo al Signore oggi, ma vale per ogni giorno della nostra vita: “Degnati, o Signore, di conservarci e di custodirci dal peccato che è il male peggiore. Sia la tua misericordia su di noi, Signore, perché in te abbiamo sperato. Tu sei la nostra speranza e noi siamo certi che non resteremo confusi, perché in te abbiamo sperato”.
Con tutti i cristiani sparsi nel mondo oggi cantiamo il Te Deum di ringraziamento.
Nonostante tutto, proprio perché siamo nella difficoltà, sentiamo di avere ancora più bisogno del Signore e non ci lamentiamo con Lui, ma lo lodiamo e lo benediciamo; lo ringraziamo per tutto quello che abbiamo avuto e gli chiediamo la forza per vivere bene ogni giorno del nuovo anno, perché dipende da noi che i tempi siano buoni … possiamo farli diventare buoni noi, entrando nello stile di Dio che fa di ogni
esperienza l’occasione di ringraziamento, di lode e di benedizione.
Con questo stile certamente l’anno sarà buono, qualunque cosa capiti.

Te Deum: preghiera di lode e di affidamento al Signore

Nell’ultimo giorno dell’Anno, ci ritroveremo come comunità cristiana, per cantare insieme, al termine della Solenne Celebrazione delle ore 18.00, il Te Deum. Un atto comunitario di fede e ringraziamento al Signore per l’anno che si sta concludendo e per affidare a Lui, alla sua Grazia e Benevolenza il nuovo anno. Insieme al Gloria in excelsis Deo, è l’inno più antico ed è l’espressione che maggiormente simboleggia il sacro. È completamente proteso verso l’alto per rendere lode al Signore e chiedere protezione e salvezza, come se le parole volessero salire per giungere fino al Padre e poi allargarsi e discendere nuovamente verso gli angeli, gli apostoli, i profeti, fino agli uomini, per poi risalire ancora e di nuovo, con tutto l’afflato e la potenza della preghiera e della fede. È un inno che parla di una liturgia celeste che celebrano gli angeli e alla quale partecipano anche gli uomini.
Tuttavia, si tratta di un ringraziamento non rutilante, piuttosto è espressione di un’accettazione paziente della durezza che riserva la vita sulla terra. La vita umana non è nulla se non viene sostenuta dalla misericordia del Signore. Perché tutto è nulla se non c’è la sua pietà, affinché non siamo confusi in eterno. 
E proprio con queste parole, infatti, si chiude l’inno. 

“Te Deum” di ringraziamento di fine anno

Ogni fine ci incupisce sempre, ma solo perché a noi non piacciono le cose che finiscono. Certo, a volte si è molto felici che certi anni siano passati, perché magari sono state delle cisterne di problemi e di sofferenza o di cose difficili da vivere. Ma normalmente alcune date ci mettono dentro molta nostalgia e pensieri. Un cristiano è uno che non solo sa fare spazio in sé alla nostalgia, ma sa collocare accanto ad essa la gratitudine.
Noi non possiamo vivere l’ultimo giorno dell’anno non ricordandoci che siamo figli di Uno che ci ha salvati e che ha riempito di luce le nostre tenebre. Ecco perché la fine per noi cristiani è sempre la memoria del fine. Solo se apriamo gli occhi allo scopo della vita, al suo vero fine, allora possiamo trovare il coraggio di guardare in faccia anche la fine senza avere paura, ma anzi riuscendo a dire anche ad alta voce il nostro grazie.
Ogni anno sperimentiamo la fine, eppure cambiare calendario ci dà l’impressione di un rinnovamento, perché riconosciamo di essere limitati. Il nostro limite diventa pesante e negativo solo se è in opposizione a Dio: la grandezza cristiana invece sta nel riconoscere che Dio è dalla nostra parte! Riconoscere di essere nelle sue mani dà senso e forza alla nostra fragilità umana.
Pur coscienti della nostra debolezza, non siamo smarriti e umiliati, perché liberamente mettiamo tutto nelle mani del Signore. Sappiamo che tutto viene da Lui: egli la fonte di ogni esistenza, non ci siamo fatti da soli e non viviamo per noi stessi. Vogliamo liberamente, in modo intelligente, vivere per Lui: mettendo nelle sue mani la memoria, l’intelletto, la volontà, tutto ciò che abbiamo.
Restituiamo a Lui ogni suo dono.

Canto del “Te Deum”

È tradizione, alla fine di ogni anno, cantare nelle Chiese latine un antico inno, che inizia: Te Deum laudamus, te o Dio lodiamo. Questo inno esprime il culto di lode della Chiesa rivolto alla Trinità, anche se più direttamente al Padre, al creatore e reggitore dell’universo.
La Chiesa si unisce al coro degli angeli. Questo canto manifesta la fede della Chiesa e risuona degli inni di benedizione del popolo della Parola, anch’esso segnato nella quotidianità dal canto di lode e di benedizione: a questo popolo della Parola, il popolo della Parola fatta carne deve questa capacità di leggere il tempo e gli avvenimenti, anche quelli più dolorosi, nel mistero dell’amore di Dio, che non viene mai meno; nella solitudine, nella povertà; nella famiglia, nella propria terra o in esilio; anche lì dove ciò che sembra prevalere è l’egoismo dell’uomo, l’indifferenza, la durezza del cuore. Questo amore che accolto umanizza il cuore e rende l’uomo capace di donare la vita, consapevolmente o inconsapevolmente, come Cristo, diventa la nuova chiave di lettura di tutto.
La nostra comunità, alla fine di questo anno, cantando il Te Deum assume, spero, una consapevolezza: senza di Te, Signore, tutto è perduto. Non abbandonarci nella nostra precarietà ma volgi il Tuo Volto sulla nostra miseria. Aiutaci ad alzare lo sguardo e dilata la misura del nostro cuore perché accada un nuovo inizio, a partire da noi, a partire da ogni uomo. Lì dove il cuore indurito, lamentoso, accidioso, egoista, dell’uomo si scioglie accade una nuova alba, un nuovo inizio, splende una nuova luce di speranza: la tua luce, Signore. Per questo, a te che sei l’unica vera nostra speranza:
Te Deum laudamus, Te Dominum confitemur…non confundar in aeternum.

Te Deum (ringraziamento di fine anno)

L’ultimo giorno dell’anno non è una festa particolare della Chiesa. Ma ha un senso profondo: quello del tempo che trascorre. E il tempo – lo sappiamo tutti – non è una dimensione secondaria della vita: è la vita. E, come la vita, il senso va colto, va compreso. E, come la vita, potrebbe scorrere in maniera vuota. Il rischio che corriamo infatti è che le nostre giornate passino senza un senso, appunto, vuote di significato; magari sono anche piene di cose da fare, piene di impegni che magari non ci danno neppure tanta soddisfazione, e così il tempo diventa pesante, triste. Quante volte il tempo è difficile e alienante!
Eppure è un dono di Dio. È come la vita. Ed è un dono che Dio dona a tutti, più o meno largamente. E si tratta di un mistero grande di fronte al quale dobbiamo stare attenti e rispettosi. Per questo la Chiesa da sempre difende il tempo come difende la vita.
Il tempo è così prezioso che anche Dio, potremmo dire, ha deciso di regalarselo. Sappiamo che Dio è eterno e senza tempo. Ma un giorno Dio si donò il tempo. Si fece questo dono quando decise di creare l’uomo e quindi la storia. Da quel momento Dio si è come mischiato con il tempo, con la nostra storia. E non se ne è mai allontanato. Sempre è stato accanto all’uomo perché la storia che viviamo crescesse sempre più nell’amore. Dio si è dato il tempo per amare l’uomo o, in altre parole, Dio ci ha creato per amarci e perché ci amassimo gli uni gli altri. Quindi il senso del tempo, il senso delle giornate, il senso della storia, è l’amore. Sì, l’amore è la sostanza del tempo; l’amore lo rende benedetto, l’amore è il senso dell’anno, l’amore è il senso della nostra stessa vita. E Dio ha continuato ad amare gli uomini per tutto il tempo della storia. Purtroppo è accaduto che gli uomini si sono allontanati da Dio, e ogni volta che lo hanno fatto il tempo si è fatto triste e violento. Ma Dio non ha diminuito il suo amore. Anzi è cresciuto in lui l’amore per noi. Lo intuiamo da quanto dice Paolo nella lettera ai Galati: “quando venne la pienezza del tempo mandò il suo Figlio per riscattare quelli che erano sotto la legge perché ricevessimo l’adozione a figli”.
La pienezza del tempo è la pienezza dell’amore di Dio? E l’evangelista Giovanni scrive: “Dio ha tanto amato il mondo da inviare il suo Figlio nel mondo perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”, ossia abiti la pienezza del tempo. La nostra storia, questo nostro anno che sta per passare, è stato segnato da questa Pandemia, al punto tale che in cuor nostro diciamo: Speriamo che finisca il più presto possibile questo anno e tutto ciò che ha portato di così difficile. Ma da cristiani dobbiamo dire, che nonostante quanto accaduto, questo anno è stato segnato da questo amore di Dio per noi. Sì, lo vogliamo ringraziare perché in questo anno ci ha donato sempre il suo Figlio, ci ha sempre rivolto la sua parola con il Vangelo, ci ha sempre accompagnato con la sua benedizione. Il ritrovarci insieme alla Messa delle ore 18.00 sarà un segno forte e coraggioso di una comunità che nonostante tutto sa cantare: Noi ti lodiamo Dio e ti ringraziamo.
Noi siamo nati per stare accanto a quel Figlio, per poter amare con lui e come lui. Perché il tempo? Per stare accanto a Gesù. È quel che fecero i pastori. Giunti alla grotta – scrive Luca – si stupirono per quel che vedevano, ascoltarono quel che Maria disse loro del Bambino e, una volta partiti, parlavano di lui a tutti quelli che incontravano. Il tempo di quei pastori non era più quello scandito tristemente dalle notti buie della Palestina restando persone senza alcun peso.
Quell’incontro riscattò il lavoro e il tempo di quei pastori. Scoprendo quel Bambino, continuavano ad essere pastori, ma erano stati inseriti in una nuova storia, la storia dell’amore. Divennero i primi predicatori del Vangelo.
Anche noi nella celebrazione del Ringraziamento a fine anno vogliamo essere riscattati dal peso e dal buio delle vicende tristi e trovare nel Vangelo la forza e la saggezza per dire “Grazie o Signore per tutto quello che ci hai donato, soprattutto grazie per la tua presenza salvifica”.