Il cammino come dimensione della vita
Spesso nella Scrittura si parla della vita del credente come cammino o della chiamata alla fede come un invito a muoversi, a migrare. Il viaggio, la migrazione sono spesso i luoghi in cui Dio si rivela ed effonde la sua grazia. Abramo è chiamato a lasciare tutto ed a andare in un paese sconosciuto in vista della promessa della terra e della fecondità della sua discendenza. Si tratta di una chiamata di fede che non impegna solo l’aspetto esteriore della vita, ma comporta un cambiamento interiore, un abbandono delle vecchie certezze per affidarsi nelle mani di Dio. L’esperienza di Esodo è quella della liberazione, l’uscita da un paese straniero e dalla condizione di schiavi per porsi in cammino verso una terra che sarà donata dal Signore e di cui si resta in attesa mentre si cammina verso di essa. Questo cammino è rischioso e pieno di pericoli e si configura come un cammino attraverso un deserto, attraverso una terra straniera ed inospitale. Anche qui alla tortuosità del cammino nel deserto corrisponde la difficoltà del cammino interiore degli Israeliti che cedono continuamente alla tentazione dell’idolatria e del rimpianto della vita in Egitto. Nel Nuovo Testamento Gesù lascia tutto ciò che gli è famigliare per diventare predicatore itinerante per l’annuncio del Regno. Egli non ha dove posare il capo. Anche qui la chiamata è ad un cammino interiore, la conversione.
I primi cristiani spesso si consideravano dei “senza patria”, dei chiamati a vivere una esperienza umana e spirituale lungo il cammino verso la terra promessa, il Regno delle beatitudini.
Camminare al seguito di Gesù.
Nel vivere l’esperienza del pellegrinaggio quale parabola di tutta la nostra esistenza di uomini e di cristiani, non possiamo prescindere in alcun modo dalla persona e dalla vita di Gesù. E così il pellegrinaggio diventa occasione provvidenziale per professare, testimoniare e vivere la nostra fede in Gesù. Tutta la vicenda terrena di Gesù ci dice che la vita dell’uomo è un andare verso la casa del Padre. La vita, dunque, è un cammino verso il Padre, un cammino vissuto in fraternità, insieme con Gesù e tra di noi. Non è però un cammino che si svolge nell’incertezza e nell’improvvisazione.
In realtà, Gesù ha voluto sì indicare il rapporto tra lui e i suoi discepoli con l’immagine dinamica del cammino, ma qualificandolo come un cammino che ha le caratteristiche della “sequela”. Si tratta, allora, di un cammino da percorrere sotto la direzione di una guida, al seguito di qualcuno che traccia il percorso e che indica la via, anzi che presenta se stesso come “la Via” (cfr. Giovanni 14, 6). Mettersi al seguito di Gesù significa mettere tutti i nostri progetti umani sotto la signoria di Dio e misurarsi solo sul Vangelo. Vuol dire abbandonarsi al soffio dello Spirito. Significa farsi pellegrini verso di Lui, aprendosi al dono della Sua parola. Solo chi si riconosce amato dal Dio vivo vince la paura e vive il grande viaggio per camminare verso gli altri, verso l’Altro che è Dio stesso.