L’adorazione è anche azione di grazie, Eucaristia, che si prolunga nel tempo di colui che si riconosce non solo creato ma anche amato da Dio. L’adorazione è la risposta al sapere che non siamo prodotti del caso, di una cieca evoluzione se non di un progetto di amore divino -concretissimo e personale- che ci è stato rivelato in e per Cristo.
Adorare è la risposta cosciente del credente alla presenza di Dio.
Adorare è un atto di riconoscimento dell’immensità, della maestà, la gloria di Dio allo stesso tempo che di gratitudine per la gratuità della vita eterna che ci dona in ogni Eucaristia.
L’Eucaristia è il dono di Dio di se stesso che porta in sé l’eternità del donante al comunicante: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo resusciterò nell’ultimo giorno”.
Efficacia del sacramento nella partecipazione
Il sacramento esige partecipazione. La grazia è dono che reclama una conquista di chi la riceve, un accettare, un’accoglienza. Certo che Dio sorprende e può operare a partire dalla mancanza di predisposizione della persona, ma la cosa più probabile è che se il ricevimento dell’Eucaristia non avviene con una disposizione e partecipazione dovuta, con la coscienza di Chi si riceve, non ci sarà vero incontro né frutto futuro. La fede e l’amore esigono che ogni incontro con l’Eucaristia sia di adorazione. L’adorazione all’Eucaristia è adorazione alla presenza reale, viva, vera, unica, sostanziale di Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio. Per il Figlio accediamo nello Spirito al Padre e per questo l’adorazione eucaristica è anche adorazione alla Santissima Trinità.
Adorare l’Eucaristia è adorare Dio stesso, non è rimanere davanti ad un simbolo ma contemplare con umile stupore la Presenza Divina che è discesa a noi. La comunione è un incontro personale. Perché due persone si possano incontrare è ovvio che entrambe devono essere presenti.
Il Signore diceva a santa Margherita Maria Alacoque: “ho sete, una sete infinita di essere amato e adorato nel Santissimo Sacramento”.