Assunzione della Beata Vergine Maria

All’approssimarsi dell’estate anche i quotidiani e i settimanali tradizionalmente seri cedono alla tentazione dell’effimero e consacrano testi e immagini a quello che sembra essere il dilemma di ogni futuro vacanziero: come affrontare con un fisico presentabile il prossimo appuntamento con la spiaggia? La risposta a un tale quesito va dai consigli sugli esercizi ginnici più appropriati, alle diete più efficaci e all’abbigliamento maggiormente in grado di nascondere certe imperfezioni. La chiesa ha un suo modo abbastanza curioso di affrontare domande del genere. Nel bel mezzo del mese di agosto ci propone l’icona di Maria Vergine, assunta in cielo. È una scelta che decisamente spiazza tutti i cultori dell’effimero, ma non rinuncia ad andare al nocciolo della questione. Spiazza perché il problema non viene affrontato ponendosi come termine di riferimento quest’estate o la prossima, ma la vita eterna, quello che avviene a ciascuno di noi dopo la morte. Spiazza perché senza dare alcuna ricetta magica, propone ciò che rende veramente “presentabile” per sempre il nostro corpo.
In tal modo si va dritti ad affrontare il problema vero, non solo qualche aspetto superficiale.
L’obiettivo, del tutto pretenzioso, viene raggiunto attraverso una narrazione che ci mette davanti due donne molto dissimili fra loro. Una anziana, Elisabetta, e una molto giovane, Maria.
Una viene dalla Galilea, l’altra risiede vicino a Gerusalemme. Una è moglie di un sacerdote del tempio, l’altra è sposa di un carpentiere. Che cosa ci può essere in comune tra queste due donne? Nel loro corpo sta accadendo qualcosa di straordinario, che ha a che fare con Dio. Sì, il bambino che ognuna si porta in grembo è un dono suo. Queste due donne, incontrandosi, lasciano spazio alla loro gioia ed esprimono, ognuna a modo suo, la loro gioia. È una gioia che trova nella fede la sorgente, perché in fondo si volgono verso Dio e gli esprimono il loro entusiasmo e la loro riconoscenza.
Con il dogma dell’Assunzione la chiesa ci ricorda che colei che è la Madre di Dio, la madre di Gesù, ha conosciuto subito, corpo e anima, la trasfigurazione della gloria. Ecco dunque la ricetta per rendere “presentabile” il proprio corpo: questa fiducia in Dio che consiste nell’abbandonarsi a lui e nel fare del proprio corpo uno strumento di vita, di amore, di dolcezza, di generosità e di bontà.

Un corpo trasfigurato dall’amore

Sacerdote cattolico di origine olandese, Henri Nouwen si è trasferito negli Stati Uniti dove ha insegnato teologia spirituale in prestigiose università come Notre Dame, Yale e Harvard. All’età di 54 anni aveva già scritto molti libri ed era un autore conosciuto ed apprezzato. Decise di operare un cambiamento di rotta significativo ed entrò nella Comunità dell’Arche a Daybreak, vicino a Toronto, in Canada. Il movimento dell’Arche di Jean Vanier è uno di quei luoghi in cui le persone ferite vivono in comunità. Le persone che portano un handicap fisico e spesso anche mentale formano il cuore della comunità di vita. Attorno a loro ci sono gli altri, gli assistenti. Essi vivono insieme in una vicinanza impressionante e in nessun’altra parte si avverte più profondamente quanto anche i “sani” siano feriti nel corpo e nell’anima, e hanno bisogno di un guaritore. È proprio lì che Nouwen impara da vicino, per esperienza, cosa sia l’incarnazione. «L’Arche è costruita sul corpo e non sulla parola. Questo aiuta a spiegare la mia lotta nel venire all’Arche. Finora tutta la mia vita è stata centrata sulla parola: imparare, insegnare, leggere, scrivere, parlare. Senza la parola la mia vita è impensabile […]. La comunità dell’Arche è una comunità formata intorno ai corpi lesi degli handicappati. Nutrire, pulire, toccare, tenere; è questo che costruisce la comunità. Le parole sono secondarie. La maggior parte degli handicappati ha poche parole per parlare, e molti non parlano affatto. È il linguaggio del corpo che conta di più. “Il Verbo si è fatto carne”: è questo il centro del messaggio cristiano». Perché vi propongo queste riflessioni per la festa dell’Assunzione? Forse perché il vangelo di oggi ci racconta l’incontro di due donne che portano nel loro corpo il segno tangibile della presenza di Dio. Elisabetta, la donna anziana e sterile che sta per partorire, e Maria, la vergine di Nazaret, nel cui grembo è stato concepito Gesù, sono testimoni della stessa realtà: Dio entra nella storia, Dio fa grazia, Dio prende carne, la carne di un uomo. Non c’è nulla di più bello di quel sussulto che Elisabetta prova dentro di sé, sentendo che il bimbo che è dentro di lei esulta di gioia. Forse perché questa festa mette l’accento proprio sul nostro corpo, che è come il corpo della Vergine Maria. In effetti quel Dio che si è fatto uomo chiede ad ognuno di noi di amarlo e di amare i nostri fratelli. Ma dove passa, si manifesta, si concretizza questo amore? Attraverso il nostro corpo, attraverso le nostre mani e le nostre braccia, il nostro volto, attraverso il calore fisico che siamo in grado di comunicare… L’Assunzione non è una sorta di masso erratico nel panorama delle verità della fede, ma è la logica conseguenza dell’incarnazione. Il nostro corpo è destinato ad essere trasfigurato dalla gloria di Dio perché ha partecipato, totalmente, all’avventura della fede e dell’amore.

Assunzione della Beata Vergine Maria

Una festa antichissima. Come riportato sul Messale Romano, questa festa è tra le più antiche ed accomuna, con sfumature differenti, l’Oriente e l’Occidente. La recente definizione dogmatica (1950) non è dunque una innovazione, ma un riconoscimento di una lunghissima tradizione, prima di tutto rituale.
Celebrare la Madre di Dio significa sempre rinnovare la nostra fede nel Cristo, entrare nel mistero cristologico con una sfumatura particolare.
Oggi celebriamo la preziosità del corpo umano (e femminile) nella spiritualità cristiana, la cura di Dio per la Madre, il mistero della morte e divinizzazione promesso nel battesimo ad ogni persona in Cristo.
L’abbondanza dei temi ci aiuti a ritrovare il cuore del messaggio evangelico.

In questo mistero sono presenti cinque dimensioni:

  • Aspetto soteriologico: Maria come frutto della redenzione, di ciò che Dio può operare in noi.
  • Aspetto cristologico: tutti parteciperemo al Corpo mistico del Cristo risorto.
  • Aspetto antropologico: crediamo la risurrezione della carne, e questo dice la dignità sublime del corpo umano. Si può notare che lo si dice in primis di un corpo femminile, da sempre e ancora oggi non rispettato.
  • Aspetto ecclesiologico: tutta la chiesa aspira a essere come Maria.
  • Aspetto mariologico: Dio è fedele alla promessa di cura fatta alla giovane di Nazaret, condotta attraverso una vita non facile, fino alla partecipazione piena alla gloria del Figlio.

Beata Vergine Maria Addolorata

Spesso una madre, addolorata per la sofferenza del figlio, soffre più del figlio stesso. È questo l’effetto dell’amore: di assumere in sé il dolore altrui e far sì che, con l’aumento del dolore, più dell’altro soffra colui che lo compatisce, al punto che spesso desidera soffrire lui solo, affinché l’altro non soffra. Nella sofferenza della compassione, l’anima di chi partecipa è divisa in qualche modo da se stessa e in se stessa.  Poiché quando soffre una persona amata, per associarsi al suo dolore, l’anima le si dona ed esce da sé spinta dalla compassione, per unirsi a lei e soffrire al suo posto. E, in certo modo, mostra di appartenere a  colui con il quale si è compenetrata per il sentimento di compassione, come se vivesse in quello di cui sente il tormento.  Perciò il vecchio Simeone, profetizzando di Cristo, disse: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione»; e subito, rivolgendosi alla Beata Vergine, aggiunse: «E anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Lc 2,34.35); cioè: la tua anima, quasi fosse la sua, sarà trafitta da una spada. Si può anche intendere così: la tua stessa anima, cioè la tua propria anima sarà trafitta da una spada. Infatti la Madre di Dio, che sapeva amare più di tutti, come anche più di tutti era amata, soffriva con il  Figlio morente come fosse lei stessa a soffrire. Il suo dolore era proporzionato al suo amore. Amando il Figlio più di se stessa, portò nel cuore con un intimo dolore tutte le ferite che erano inferte al corpo del Figlio. Il suo martirio fu la passione di Cristo. La carne di Cristo era in certo senso la carne sua, cioè carne della sua carne, e dopo che il Cristo l’ebbe assunta da lei, essa la amò in Cristo, più della propria in sé. Quanto più amò, tanto più soffrì. Patì nel cuore più di quanto un martire soffra nel corpo, perciò risplende per il singolare privilegio del glorioso martirio. Gli altri martiri sono giunti alla perfezione col martirio della propria morte; lei offrì alla passione la carne della sua carne per la salvezza del mondo, e nella passione e per la passione di Cristo la sua anima fu così invasa dalla violenza del dolore che, come consumata nello stesso martirio col Cristo, si può credere che abbia meritato la più alta gloria dei martiri, dopo Cristo.

Solennità dell’Assunzione

Il Signore ha veramente esaltato Maria, ponendola al vertice delle sue opere e profondendo in lei la ricchezza della sua bontà, della sua bellezza e del suo amore. Ma la Vergine rimane sempre una creatura, e, come essa stessa si chiama, “l’ancella del Signore”. L’umiltà si distende su tutta la sua vita. Contemplare Maria diventa una rispondenza ad una nostra incolmabile nostalgia, anche di noi moderni. Gli uomini del nostro tempo cercano infatti il tipo, cercano l’eroe, cercano colui che sintetizzi qualche lato perfetto della vita umana.

La Madonna verifica in se stessa tutte le bellezze dell’umanità, oltreché della santità soprannaturale: è donna, è vergine, è madre, ha sofferto, ha lavorato, ha patito, ha vissuto la nostra esperienza terrena e porta in alto la nostra umanità. Essa ci conforta e ci invita ad imitarla. E l’esemplarità della Madonna, che illumina il nostro cammino, non rimane distante.

La Vergine santissima è infatti nostra intermediaria e la sua intercessione diventa materna e sempre vicina alle prove della nostra vita. Essa ci conforta e ci aiuta ad imitarla. È stata così semplice, così umile: possiamo esserlo anche noi, rendendo ideale il pellegrinaggio della nostra vita. Il momento è propizio per ascoltare. E sembra a noi che la festa dell’Assunta faccia calare dal cielo un messaggio assai importante. È il messaggio della vita futura alla vita presente; un messaggio pieno di luce e di speranza, ma ammonitore circa il fine ultraterreno della umana esistenza. Noi raccoglieremo questo messaggio e ringrazieremo la Madonna che ce lo manda, e che ci ricorda come il destino della vita non è chiuso nel tempo, ma è al di là, e che il senso, il dovere principale del nostro cammino nel tempo è quello di meritarci quel Paradiso, dove Ella, Maria, già si trova nell’integrità gloriosa del suo essere, anima e corpo. Grande lezione per noi, se fossimo dimentichi della sorte che ci attende oltre la tomba; grande consolazione per chi desidera il bene, per chi lavora con animo forte ed alto, per chi soffre, per chi spera e per chi prega.

Solennità dell’Assunzione

Le parole tacciono … davanti alla bellezza di Maria, la Vergine Madre assunta in cielo con anima e corpo, resta solo la contemplazione stupita. Per noi pellegrini sulla terra tutto quanto riguarda la vita eterna, la vita nella gloria, è avvolto di mistero. Tuttavia è mistero pieno di luce e di gioia, i cui raggi si riflettono sulla nostra quotidiana esistenza, illuminando le nubi che talvolta su di essa si addensano e rendendo più acuta la nostalgia del cielo. Il riposo è gradito a coloro che sono stanchi. È dunque opportuno per noi che sopraggiunga questo giorno di riposo e di festa, in modo che, mentre celebriamo il riposo della santa Madre di Dio, non solo i corpi ritemprino le forze, ma anche i cuori riprendano fiato nel ricordo e nell’amore di quel riposo eterno. Anche lì noi mieteremo il riposo, noi che ora seminiamo la fatica di questo raccolto. Il frutto di questa fatica sarà quel riposo. Nel pieno fervore dell’estate, la Chiesa celebra la più grande tra le sue feste del “raccolto”.

La Vergine Madre di Dio è infatti il primo e perfettamente maturo frutto del mistero pasquale.

In lei la Chiesa contempla il definitivo compimento del piano della salvezza; in lei saluta i cieli nuovi e la terra nuova, e con lei si considera già entrata nella gloria della risurrezione. Perciò, mentre proclama la sua gloria, canta la propria speranza. Maria è già ciò che la Chiesa  –  e ogni singola persona  –  sarà alla fine dei tempi; Maria, dunque, ci dà l’orientamento al cielo e tiene lo sguardo del nostro cuore proteso alla meta.

I testi che la liturgia della solennità offre alla nostra meditazione ripresentano le tappe dell’itinerario che Maria ha percorso e che la Chiesa va proponendo nel suo pellegrinaggio di fede.

Prendendo l’avvio dalle prime pagine della Genesi, si arriva alla gloriosa conclusione prospettata nell’Apocalisse proposta nella prima lettura della Messa del giorno. Dall’annunzio della donna portatrice della Salvezza si giunge all’unione definitiva di Cristo con la Chiesa-Sposa di cui Maria è la primizia.

La bellezza di questa creatura che rallegra il cielo e la terra è candore e santità, ma soprattutto amore. Il fatto che gli angeli esultanti l’accolgano con loro in paradiso non può lasciare in noi ombra di malinconia o senso di orfanezza, poiché se in cielo tra gli angeli Maria è regina, in mezzo a noi ella rimane sempre nostra Madre premurosa e compassionevole. Tutto Maria conserva nel suo cuore, tutto di noi raccoglie e presenta al figlio e al Padre. Ogni nostra preghiera e offerta passa attraverso le sue mani.

La nostra più grande aspirazione dovrebbe essere quella di divenire come Maria, totalmente donati a Dio e di umile servizio i fratelli, affinché nessuno resti isolato nel cammino, ma tutti insieme possiamo raggiungere la celeste meta del terreno pellegrinaggio.

Una riflessione per prepararci all’Assunta

Il vangelo presenta la Vergine Maria in cammino. Cogliamo l’occasione per metterci anche noi per strada e accompagnarla nel suo viaggio.  «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente»: è la professione di fede di Maria che testimonia ciò che Dio ha compiuto in lei. Nell’assunzione al cielo celebriamo l’ultimo atto di queste «grandi cose», ma tutta la sua vita è stata una “meraviglia di Dio”. Contempliamo Maria accompagnandola nel viaggio di tutta la sua vita, dove ogni momento preannuncia la gloria finale dell’assunzione. Perché le «grandi cose» si attuano in quanto Dio «ha guardato l’umiltà della sua serva»: in questo è modello di fede per ogni cristiano.

Serva e regina.

Ogni momento della vita di Maria è vissuto nell’atteggiamento dell’umiltà e nel dono di essere la prima dei salvati. Nella Solennità dell’Assunzione ci viene mostrata come serva e regina, regina in quanto si è fatta serva e ha accolto la volontà di Dio. Accompagnandola nel cammino della sua vita, la vediamo regina nell’immacolata concezione, dove è senza peccato perché sarebbe diventata madre del Figlio di Dio. Nell’annunciazione è regina perché piena di grazia, serva perché ha accolto la parola di Dio e si è resa disponibile al suo progetto.  Negli eventi del Natale è regina perché il suo bambino è adorato come re, serva perché lo segue  nelle persecuzioni sin dai primi giorni di vita.  Sotto la croce ci appare più come serva in quanto segue suo Figlio sino al Golgota; ma è anche regina, perché quando Cristo regna sulla croce nel dono totale della sua vita la madre dolorosa regna con lui unendo la sua sofferenza a quella del Figlio. Nell’assunzione al cielo siamo all’atto finale e qui la contempliamo solo come regina, quando conclude la sua vita terrena e riceve il dono della gloria eterna.

Un culto antico.

Un breve richiamo alla storia di questa solennità. La proclamazione del dogma dell’Assunzione risale al 1° novembre 1950 con la costituzione dogmatica Munificentissimus Deus di Pio XII. Ma il culto della Vergine assunta è molto antico, la festa è celebrata a Gerusalemme già nel v secolo come la Dormizione di Maria, espressione comune in Oriente che poi in Occidente diventa Assunzione di Santa Maria. La formulazione del dogma da parte di Pio XII aiuta a comprendere il significato della festa liturgica: non si celebra «unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergine Maria fossero state preservate dalla corruzione, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione,  perché la Madre ricopiasse il modello, imitasse cioè il suo Figlio unico, Cristo Gesù».  La Vergine Maria «alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro. Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli». Alcune espressioni equivocabili hanno bisogno di essere brevemente spiegate, per esempio che cosa significhi che Maria ha superato «la corruzione del sepolcro».

Pio XII riporta alcune pagine dei Padri della Chiesa che testimoniano l’antichità di questa fede. Una pagina che può essere ripresa è quella di san Giovanni Damasceno. «Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità doveva anche  conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva  abitare nei tabernacoli divini. Colei che fu data in sposa dal Padre, non poteva che trovar dimora nelle sedi celesti. Doveva contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, preservata dal dolore, quando lo diede alla luce, fu trapassata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio».