Dopo la sagra patronale

Da poco tempo sono terminati i giorni della nostra festa patronale. Giorni intensi che hanno coinvolto la nostra comunità parrocchiale e tutto il nostro paese. Ringrazio per la partecipazione di un buon numero di persone alle varie e molteplici iniziative.
Presenze che hanno dimostrato riconoscenza, gratitudine e apprezzamento.
Non è il tempo per un bilancio. Questo è il momento propizio perché questi giorni di abbondante semina possano portare in tutti noi, terreno fertile, frutti abbondanti.
Ringrazio in modo particolare tutte le persone che in maniera esemplare hanno dato tanta disponibilità, tempo ed energia perché tutto potesse essere ben organizzato, preparato e decorosamente realizzato.

S. Floriano: la ricchezza di essere comunità

Se si ascoltano alcuni dialoghi, se si partecipa a incontri, convegni, giornate di studio su temi legati all’uomo o alla società emergono di frequente alcune parole: individualismo, solitudine, assenza di relazioni. Questi concetti vengono ripetuti sia che si parli di giovani che di anziani, di persone sane o di malati. Sono convinto che molta verità sia presente in queste valutazioni: la nostra società oggi rischia di promuovere un certo individualismo che genera solitudine, malessere, egoismo. Alcune persone manifestano una sorta di nostalgia di vita comunitaria, semplice, una voglia di famiglia e di rapporti familiari affettuosi, attenti, capaci di prendersi cura gli uni degli altri. Non vi è dubbio che la persona umana sia fatta per la dimensione comunitaria; ogni persona ha bisogno di donare amore e di essere amata, di essere capita, accolta, di curare e di essere curata. La regola della comunità è l’amore, il bene dell’altro. Il bene degli altri non è mai un male per me; il bene è bene, sempre, per tutti.
La dimensione comunitaria è una ricchezza, in ogni circostanza. Le cose fatte insieme sono più belle, più ricche, più varie, più divertenti, più efficaci e coinvolgenti di qualunque altra cosa, anche di quella progettata dal più geniale degli artisti sociali. La comunità ha bisogno di tutti, tutti sono importanti e in questa importanza riscopriamo la nostra bellezza.
La religione cristiana dice che l’uomo è stato creato a immagine di Dio; il Dio dei cristiani è una comunità, una famiglia composta da tre persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: la Santissima Trinità. Tutti parlano della bellezza e dell’importanza della comunità, della vita insieme, della comunione, tuttavia nei dibattiti, nelle riflessioni sociologiche, nelle analisi, nella realtà emergono come vincenti e presenti altre parole: individualismo, solitudine, egoismo. Negli anni abbiamo capito, dalla fatica a costruire comunità, una cosa: la vita comunitaria ha un prezzo, non è un fatto del tutto spontaneo.
Se vogliamo godere dei benefici della vita in comune dobbiamo essere disposti a far morire una parte di noi, a rinunciare ad alcuni nostri desideri, ad una parte dei nostri progetti; la comunità ha bisogno di pazienza, di silenzi, di passi indietro, di capacità di chiedere scusa, di tanta umiltà. Solo morendo si può risorgere.
La comunità è un luogo, forse l’unico dove si può sperimentare insieme la morte e la resurrezione, la fatica della croce ma anche la gioia, la luminosità, la freschezza, il profumo della rinascita, di una vita nuova. Una comunità vera è una ricchezza anche per le altre persone, per chi è esterno alla comunità; è una fonte capace di dissetare anche altri che ad essa si avvicinano, assetati e incuriositi; l’amore e la luce che nascono da una comunità scaldano ed illuminano il freddo di molte tenebre.
Tutti possiamo essere costruttori di comunità: sarebbe la più grande opera che possiamo fare.
È questo il senso vero per il nostro paese che in questa settimana sta vivendo la festa patronale.

San Floriano, patrono

È ormai prossima la Festa del nostro Patrono san Floriano: 4 Maggio.
Innanzitutto Festa, perché è un momento importante, di gioia e anche un po’ di spensieratezza.
Nonostante la situazione ancora incerta, quest’anno si ritorna a poter vivere questo appuntamento con maggior apertura. La partecipazione ai festeggiamenti speriamo ritorni ad essere occasione di incontro e di momento popolare.
Nostro Patrono perché il Santo raccoglie tutta il paese di san Fiorano, tutta la comunità civile e religiosa. Occasione propizia perché si superi ogni avversità e ci si stringa la mano per camminare insieme. Infatti, specificità della “Festa Patronale” è di condividere un’esperienza di comunione e fraternità a partire dallo “stile di vita” del nostro Patrono.
Per questo dovrà essere un appuntamento che ci vede crescere nell’amicizia, nella stima reciproca e nella volontà di cercare il bene negli altri. È vero che la parrocchia è una grande famiglia, ma grazie al patrono san Floriano diciamo: l’intero paese di san Fiorano è una grande famiglia.
Come in una famiglia si festeggiano gli appuntamenti più significativi, così in questa grande famiglia si festeggiano gli appuntamenti più belli: la Festa Patronale appunto!
Quindi è auspicabile la partecipazione di tutti alle varie iniziative e proposte.
Ma la vita del nostro Patrono ci ricorda soprattutto, considerato la scelta fondamentale della sua esistenza, la Fede. Qui è in gioco la nostra testimonianza cristiana semplice ma schietta.
Essa non è un additivo alla fede, non è un optional; la testimonianza è l’espressione della nostra fede. La nostra fede va resa visibile e vivibile nella vita quotidiana, nelle scelte personali e civili, sociali e politiche, che coinvolgono tutti. I rischi del secolarismo sono presenti anche da noi.
Ma la tradizione solo quando è buona conduce al Vangelo, aiuta a fare un salto di fede e avverandosi man mano, di anno in anno potremmo dire di essere cresciuti, di essere cambiati.
Se questo non avviene, interroghiamoci sulla misura e sulla purezza della nostra fede, giudichiamo se veramente è cresciuto in noi il desiderio di conoscere il Signore Gesù e di essere suoi testimoni nel presente e nel futuro della nostra cittadina.
Dunque, la festa del Patrono riveste, soprattutto per la comunità parrocchiale, il richiamo alla fede, alla dimensione verticale della vita. San Floriano ci ricorda che tutto nella vita ha un’origine e un fine divino. Ricorriamo al Signore, per intercessione del nostro Patrono, perché riconosciamo la precarietà della nostra condizione umana, le sue fragilità e che, solo nel rapporto con Dio, ritroviamo la pienezza del nostro essere. E anche perché abbiamo bisogno di esempi di fede e di virtù. 
Il ricordo del santo Patrono, dunque, ci aiuta ad alzare gli occhi al cielo, a restare nella dimensione contemplativa della vita.

In preparazione alla festa patronale

Nei giorni precedenti la festa del Patrono, sarà presente, nel nostro paese (da venerdì 29 aprile a domenica 1 maggio) il Reverendissimo padre Johannes Holzinger, abate dell’Abbazia di sankt Florian, agostiniano. Occasione propizia per instaurare un rapporto di amicizia e un legame spirituale. Più volte la nostra parrocchia e alcuni parrocchiani hanno fatto visita ai luoghi che videro il martirio del Santo. Quest’anno saremo noi a ricambiare questa ospitalità.
Il padre Johannes presiederà la Messa solenne del 1 Maggio alle ore 10.30 Al termine della Celebrazione ci trasferiremo verso la Scuola Primaria e in occasione della consegna del “Premio studente d’oro” agli alunni meritevoli di san Fiorano e della consegna del Riconoscimento agli Operatori Sanitari, l’Amministrazione Comunale consegnerà un Omaggio al Reverendissimo Padre.

Pesca di beneficenza

Quest’anno, in occasione della Festa Patronale, riprende anche questa iniziativa a favore della Parrocchia. Si potrà “pescare” alla Scuola della Parola e della Carità.
Orario apertura:
Domenica 1 maggio dalle ore 9.30 alle 12.00 dalle ore 15.30 alle ore 19.00
Mercoledì 4 maggio dalle ore 9.30 alle ore 23.00 Estrazione Lotteria (1 premio bicicletta) ore 22.30
Giovedì 5 maggio dalle ore 11.15 alle ore 12.00
Domenica 8 maggio dalle ore 9.30 alle ore 12.00 dalle ore 15.30 alle ore 19.00

Dentro la prima Zona Rossa

In occasione della Sagra Patronale, da sabato 30 aprile a domenica 8 maggio, presso l’Oratorio dell’Addolorata (Chiesina), mostra “DENTRO LA PRIMA ZONA ROSSA” a cura di M. Toniolo, promossa da “il Quadriportico”.

Orari:

da lunedì al venerdì dalle 16.30 alle 18.30

Sabato e domenica dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 19.00

Sotto la protezione di S. Floriano, occorre un ripensamento radicale

La pandemia ha contagiato anche la nostra parrocchia con le sue attività e proposte sempre pensate e realizzate con impegno e generosità.
Ora sappiamo che non basta far passare questo tempo difficile, vaccinarci e ritornare a quello che si faceva prima, sarebbe come nuotare contro corrente verso una riva che è stata lasciata per sempre. La sfida è come arrivare e abitare la nuova riva.
Occorre preparare il futuro e non prepararsi per il futuro. C’è, giustamente, un pensiero e una preoccupazione per ciò che non siamo riusciti a fare, la riduzione delle attività, le chiusure di ambienti e strutture, l’insufficienza degli incontri formativi. Ma attenzione a non percepire il rischio che la Parrocchia corre se spreca questa occasione per un ripensamento radicale circa il suo essere e il senso della sua presenza. Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla.
Per quanto riguarda il suo essere.
La pandemia, nella sua drammaticità, potrà essere una opportunità per un parto, sempre doloroso, ma fecondo, nell’essere Chiesa che ritorna alle origini, al Vangelo, alla vita delle prime comunità cristiane.
Facciamo scaturire dalla vita una nuova forma di essere Chiesa serva della vita, della Parola, dei Sacramenti, generatrice di umanità, di vicinato e di fraternità La necessità di restituire alla famiglia, domus ecclesiae, una dimensione sacrale e
cultuale. Accogliamo questo tempo di pandemia per animare la famiglia come “Chiesa domestica”, come ci insegna il Concilio. Chiesa domestica aperta che, nella semplicità dei suoi membri, fa rinascere attraverso i genitori il sacerdozio dei fedeli, dono del Battesimo e del Matrimonio, con proposte molto semplici.
Per quanto riguarda la sua presenza.
La nostra terra è piena di incontri e storie da salvare. Solo quando non se ne parla più il ricordo di una persona si perde. Deve diventare per la nostra pastorale un’attività che ci modella: la vita degli altri cambia la mia. Nelle vite degli altri si trova sempre qualcosa di straordinario, che ci riguarda, ci appartiene anche se non l’abbiamo vissuto noi e ci arriva dritto al cuore. Le vite degli altri servono a mettermi davanti esperienze e percorsi lontani da me, a fammi scoprire le infinite risorse che ho e che abbiamo, e la fortuna che ho e che abbiamo. Mi fanno accorgere che posso rinunciare a qualcosa che mi pareva necessario … e che mi è indispensabile qualcosa a cui non avevo dato valore. Mi costringono a cambiare, con gentilezza, senza strappi. Non ci sono vite scialbe o insignificanti e se ci pare così, forse è meglio tirare tutto all’aria come quando si fanno le grandi pulizie. Siamo storie da correggere, da sottolineare, da continuare a scrivere, da amare.

Anche la pandemia, anche i disagi, possono diventare creativi ed essere trasformati in opportunità. Nel libro del profeta Geremia si legge che Gerusalemme è prossima a cadere, sta per essere distrutta, e verrà distrutta. Proprio nel cuore della catastrofe Dio pronuncia questa parola: “Eppure!”. Sembra la fine, è la fine, eppure Gerusalemme “sarà ricostruita sulle sue rovine”. Questa congiunzione non è un ponte che unisce due sponde stabili, è piuttosto una sottile passerella, capace tuttavia di congiungere l’impossibile, di farci camminare, pur tremanti, sopra l’abisso, verso un futuro di vita che ritenevamo ormai perduto. “Eppure” è la parola che manda in frantumi l’impossibile, che spazza via gli ostacoli, che crea l’avvenire. La parola che accetta lucidamente le difficoltà, le insidie, le barriere e le polverizza con la speranza. Eppure sarà l’agire della nostra comunità Parrocchiale, a partire, con l’aiuto e sotto la protezione di san Floriano, nostro Patrono.

Orario estivo delle Messe e nuova iniziativa in occasione della Sagra

Dall’inizio del mese di maggio, abbiamo apportato alcuni cambiamenti nell’orario delle Messe. La celebrazione della Messa feriale sarà dunque alle 18 e non più alle 17.30. La Messa Vespertina della domenica, invece, si terrà alle 21 alla Grotta della Madonna. In caso di maltempo sarà utilizzata la chiesa. Colgo l’occasione per informarvi che, in occasione della Sagra, la Parrocchia metterà a disposizione di ogni famiglia che lo volesse un’immagine di San Floriano, che può andare ad aggiungersi a quelle che molti di voi possiedono già. L’immagine, nel limite di una per casa, potrà essere richiesta ai volontari al termine delle Messe

Sant’Agata co-patrona della Parrocchia

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La città di Catania ha l’onore di aver dato i natali a questo mistico fiore reciso dalla bufera nella persecuzione di Decio nell’anno 251. Discendente d’illustre famiglia, nel fiore dell’età si era consacrata a Dio col voto di perfetta castità. Ma Quinziano, pretore della Sicilia, conosciutane la bellezza e l’immenso patrimonio, decise di sposarla, e vedendo che non riusciva con le lusinghe, pensò di saziare almeno la sua avarizia valendosi dei decreti imperiali allora pubblicati contro i Cristiani. Agata venne arrestata e per ordine del duce consegnata ad una donna malvagia di nome Afrodisia la quale aveva l’incarico di condurla poco per volta al male. A nulla giovarono contro la giovane vergine le arti di quella spudorata megera, tanto che dopo un mese abbandonò la scellerata impresa.

Quinziano, informato dell’insuccesso, richiamò Agata al tribunale, e con tono benigno le disse: « Come mai tu che sei nobile ti abbassi alla vita umile e servile dei Cristiani? “Perchè, disse ella, sebbene io sia nobile, tuttavia sono schiava di Gesù Cristo.” Ed allora, continuò il giudice, in che consiste la vera nobiltà? “Nel servire Dio” fu la sapiente risposta. Egli irritato dalla fermezza della martire, la fece schiaffeggiare e gettare in carcere. Il giorno seguente Quinziano trovando in Agata non minore coraggio di prima, la fece stendere sul cavalletto, e più crudele di una belva, comandò che le fosse strappato il seno con le tenaglie. Dopo l’esecuzione dell’ordine feroce la fece rimettere in carcere vietando a chiunque di medicarla o di darle da mangiare. Ma Iddio si burla dell’arroganza e dei disegni umani; infatti in una visione apparve ad Agata l’Apostolo S. Pietro il quale, confortatala ricordandole la corona che l’attendeva, fece su di lei il segno della croce e la guarì completamente. Non si può descrivere la sorpresa di Quinziano quando, dopo quattro giorni, fatta di nuovo condurre Agata al tribunale, dovette constatare la prodigiosa guarigione. Al colmo della rabbia, preparato un gran braciere, in cui ai carboni ardenti erano mescolati cocci di vasi, vi fece stendere sopra e rigirare la vittima. Ad un tratto, mentre i carnefici compivano quell’orribile ufficio, un terribile terremoto scosse la città, e fra le altre vittime seppellì pure due intimi consiglieri del pretore. Frattanto tutta la città spaventata, cominciò a gridare che quello era un castigo di Dio per la crudeltà usata verso la sua serva e tutti correvano tumultuando verso la casa del pretore, il quale al sentire lo schiamazzo della folla, temendo che gli fosse tolta di mano la preda, nascostamente la rimandò nel carcere. La martire stremata di forze, ma lieta di aver consumato il suo sacrificio, in un supremo sforzo, congiunte le mani, così pregò: « Signore mio Dio, che mi avete protetto fin dall’infanzia ed avete estirpato dal mio cuore ogni affetto mondano e mi avete dato forza nei patimenti, ricevete ora in pace il mio spirito ». Ciò detto chiudeva per sempre gli occhi alla luce del mondo