Tra i racconti della vita di Cristo vi è un evento che ci invita a fermarci, a disconnetterci dal turbinio dei nostri andirivieni e sostare nella contemplazione di una bellezza che rapisce, che incanta, che conquista: la trasfigurazione. La vita umana non procede per obblighi o imposizioni, ma per fascinazione di bellezza. Non ci attrae ciò che ci costringe, ma ciò che ci fa intuire un’esperienza di liberazione, che intercetta i nostri sensi, che scava dentro e pianta un seme di passione. Non ci attrae ciò che rappresenta sottrazione o divisione, ma ciò che prospetta addizione, moltiplicazione. La trasfigurazione di Gesù alla presenza di tre dei suoi discepoli è un episodio che mostra come l’uomo subisca fortemente il fascino della bellezza e sia attratto da ciò che lo apre al mistero, al “di più”, alla pienezza di vita. L’evento vissuto sul monte ha il sapore dell’irruzione dell’eternità nel tempo, dell’infinito nello spazio, del divino nel tessuto dell’umano, irruzione che riossigena la storia e la proietta verso il suo compimento.
