Come il ramo del mandorlo che germoglia segna l’inizio della primavera, così la trasfigurazione si presenta come la pregustazione del Cielo e della gloria della Risurrezione. Nei Vangeli essa appare come un evento di grazia in cui all’uomo, fragile e impaurito dalla prova e dalla croce, è dato di ossigenare mente e cuore e di ricevere una spinta a salire oltre la ripetitività del quotidiano. È l’esperienza che vivono i discepoli, tre uomini che sono icona della sequela Christi, ma anche icona dell’umano spesso lento a decifrare parole ed eventi. La trasfigurazione è un’esperienza che ricorda all’uomo il suo destino e ricorda che la luce divina abita i travagli della nostra storia personale e collettiva, che Dio e l’uomo possono sperimentare un sabato comune. La vita è salita, fatica, ritmo incalzante di avvenimenti, ma Dio concede momenti sabbatici, momenti dove il tempo, che fagocita l’uomo e lo rende schiavo dello spazio, cede il posto alla Grazia, che libera l’uomo dalla tirannia delle cose; momenti dove tutto si distende e si può gustare la bellezza dello stare l’uno alla presenza dell’altro in uno spazio che non soffoca, non costringe, non delimita.
