Giovedì Eucaristico

L’adorazione è l’unico culto dovuto solo a Dio. Quando Satana cercò di tentare Gesù nel deserto gli offrì tutti i regni, tutto il potere di questo mondo se lo avesse adorato. Satana, nel suo orgoglio di follia, pretende l’adorazione dovuta a Dio. Gesù gli rispose con la Scrittura: «Solo Dio adorerai e a Lui solo renderai culto.
Che cos’ è l’adorazione eucaristica?
È adorare alla Presenza reale e divina di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, nell’Eucaristia.
Nell’Eucaristia adoriamo Dio in Gesù Cristo, e Dio è Uno e Trino, perché in Dio non ci sono divisioni. Gesù Cristo è uno con il Padre e lo Spirito Santo, e come insegna il Concilio di Trento, è veramente, realmente, sostanzialmente presente nell’Eucaristia.
L’Eucaristia è il più grande tesoro della Chiesa offerto a tutti affinché tutti possano ricevere attraverso essa abbondanti grazie e benedizioni. L’Eucaristia è il sacramento del sacrificio di Cristo, del quale facciamo memoria e che rendiamo attuale in ogni Santa Messa ed è anche la sua Presenza viva in mezzo a noi. Adorare è entrare in relazione intima con il Signore presente nel Santissimo
Sacramento. Chi adora da testimonianza d’ amore, dell’amore ricevuto e dell’amore ricambiato, e molto di più da testimonianza della propria fede.
Davanti al mistero ineffabile non ci sono parole, solo silenzio adorante, solo presenza che parla ad un’altra presenza. Solo l’essere creato davanti all’ Essere, davanti all’ unico Io sono, da dove viene la sua vita. È lo stupore di chi sa che Dio è qui! Veramente qui!

Cos’è la speranza?

Nella Lettera agli Ebrei che dice: “casa di Dio siete voi cristiani, se custodite libertà e speranza”. Dobbiamo essere costruttori e custodi di speranza e libertà.
La speranza è tendere a qualcosa, custodire germogli dentro di me.
Si tratta di seminare occhi nuovi per guardare in modo nuovo il mondo, per essere pronti a un nuovo inizio. La domenica di Pasqua è il primo giorno della settimana, un nuovo inizio, ma per coglierlo occorre avere gli occhi dell’esploratore che anche nel quotidiano non dà nulla per ovvio o scontato ma cerca ogni giorno l’inedito. A casa mia, nel mio giardino, cammino in modo abitudinario o con l’atteggiamento dell’esploratore? Ho la capacità di vivere in modo diverso le stesse cose?
La novità non è nelle cose che accadono ma nel vederle con occhi nuovi.
La mia speranza è poter vivere in piena libertà.
Noi siamo a immagine di Dio quando riusciamo a non subire i condizionamenti, ad affrancarci dagli ergastoli interiori nei quali ci incateniamo da soli.
Libertà e speranza sono, insieme all’amore, i grandi motori della vita.

La speranza è una corda tesa: un capo è saldo nelle mani di Dio, l’altro raggiunge me

In ebraico speranza ha la stessa radice di corda.
La Pasqua è il momento più bello e più importante per un cristiano: come parlare di speranza e di gioia nel nostro mondo?
La speranza è un atto di fede e non ha nulla dell’ottimismo legato all’andamento positivo della vita, alla ripresa economica o a quant’altro. Il cristiano non è un ottimista; ha speranza.

La mattina di Pasqua corrono tutti come se avessero dentro un fuoco che li spinge …

C’è un dinamismo straordinario. Non si corre così per andare da un morto; corrono perché percepiscono qualcosa di incomprensibile, ma di immenso. Corrono perché la notizia non può aspettare, Gesù merita l’urgenza. Di fronte alla Pasqua ci sentiamo inadeguati, in ritardo; anche noi sentiamo il bisogno di correre interiormente. Forse non è ancora fede ma una speranza, un’ansia illogica e antica come le montagne. Gesù dice alle donne di avvertire i discepoli che lo troveranno in Galilea: anche lui corre per precederli. È un Dio migratore, che avanza e apre cammini.
La fede nasce da una corsa e porta a correre perché ha origine da un’esplosione, da un innamoramento urlato a piena voce del Dio fatto dolore.

Domenica della Divina Misericordia

Questa domenica – seconda domenica di Pasqua o Domenica in albis, cioè in cui si deponevano le vesti bianche del battesimo celebrato nella veglia pasquale – è diventata anche la domenica della divina misericordia, per iniziativa di s. Giovanni Paolo II nel 2000, con riferimento a s. Faustina Kowalska. I discepoli erano scappati, il loro leader, Pietro, aveva rinnegato il Maestro, quasi tutti l’avevano abbandonato: che cosa di meno affidabile di quel gruppo allo sbando? E tuttavia Gesù viene e offre il suo perdono. Lo offre in particolare a Tommaso, che non riusciva ad aprirsi alla fede nella risurrezione. Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero delle fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre.

2 domenica di Pasqua

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!».
I discepoli erano chiusi in casa per paura. Casa di buio e di paura, mentre fuori è primavera: e venne Gesù a porte chiuse. In mezzo ai suoi, come apertura, schema di aperture continue, passatore di chiusure e di frontiere, pellegrino dell’eternità. Venne Gesù e stette in mezzo a loro. Nel centro della loro paura, in mezzo a loro, non sopra di loro, non in alto, non davanti, ma al centro, perché tutti sono importanti allo stesso modo. Lui sta al centro della comunità, nell’incontro, nel legame: lo Spirito del Signore non abita nell’io, non nel tu, egli abita tra l’io e il tu. In mezzo a loro, senza gesti clamorosi, solo esserci: presenza è l’altro nome dell’amore. Non accusa, non rimprovera, non abbandona, “sta in mezzo”. Pace a voi, annuncia, come una carezza sulle vostre paure, sui vostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulla tristezza che scolora i giorni. Gli avvenimenti di Pasqua, non sono semplici “apparizioni del Risorto”, sono degli incontri, con tutto lo splendore, l’umiltà, la potenza generativa dell’incontro. Otto giorni dopo Gesù è ancora lì: li aveva inviati per le strade, e li ritrova ancora chiusi in quella stessa stanza. E invece di alzare la voce o di lanciare ultimatum, invece di ritirarsi per l’imperfezione di quelle vite, Gesù incontra, accompagna, con l’arte dell’accompagnamento, la fede nascente dei suoi. Guarda, tocca, metti il dito… La Risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite. Perché la morte di croce non è un semplice incidente di percorso da dimenticare: quelle ferite sono la gloria di Dio, il punto più alto che il suo amore folle ha raggiunto, e per questo resteranno eternamente aperte. Ai discepoli ha fatto vedere le sue ferite, tutta la sua umanità.
E dentro c’era tutta la sua divinità. Metti qui la tua mano: qualche volta mi perdo a immaginare che forse un giorno anch’io sentirò le stesse parole, anch’io potrò mettere, tremando, facendomi condurre, cieco di lacrime, mettere la mia mano nel cuore di Dio. E sentirmi amato. Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! L’ultima beatitudine è per noi, per chi fa fatica, per chi cerca a tentoni, per chi non vede e inciampa, per chi ricomincia. Così termina il Vangelo, così inizia il nostro discepolato: con una beatitudine, con il profumo della gioia, col rischio della felicità, con una promessa di vita capace di attraversare tutto il dolore del mondo, e i deserti sanguinosi della storia.

Pasqua in ebraico significa passaggio; per i cristiani segna l’inizio di una nuova vita. Da dove partire, e per andare dove?

Si parte dalla croce, e quindi dal dolore, dalle ferite, dalle parti oscure di noi stessi, per incamminarsi verso la bellezza, la guarigione, la libertà. Pasqua è il passaggio dalla prigionia alla libertà, dalla sterilità alla fecondità, dalla solitudine all’abbraccio, e la forza viene da Colui che si è precipitato per amore dentro le nostre contraddizioni, dentro i nostri tradimenti e abbandoni. Dio è lì dentro; è passato attraverso la Croce e cammina con noi e con le nostre croci, ci incoraggia ad andare avanti, nonostante la fatica, verso la bellezza e l’armonia.
Dopo duemila anni, sappiamo ancora stupirci davanti alla Resurrezione? Lo stupore non è davanti al sepolcro vuoto, ma davanti al crocifisso perché è lì che il volto di Cristo appare in tutto il suo splendore: il suo corpo oltraggiato e abbruttito dai flagelli, dagli sputi, dai chiodi è qualcosa di meraviglioso.
Io resto stupito davanti a un Dio che ama da morire, da morirci.
Un amore che fa venire i brividi e tremare le mani… Gesù è morto amando e l’amore continua a risuscitare in noi la vita. Padre Turoldo scriveva che è il Venerdì santo il giorno della fede vera.
Troppo facile credere a Pasqua, nello splendore della pietra vestita di luce. Fede vera è quando Gesù, pur provando il senso dell’abbandono di Dio, continua la sua donazione d’amore.
L’Onnipotente ridotto al nulla, la Parola ridotta al silenzio, ha scelto di essere dove io non vorrei mai essere. E proprio là, dove noi fuggiamo, ci aspetta per camminare insieme.

Cristo è veramente Risorto!

La nostra Comunità parrocchiale, depositaria dei doni dell’immenso amore che il Padre ci ha rivelato nel suo Figlio Gesù, è la dispensatrice delle cose sante da partecipare a tutti; è la mano che apre la porta per far entrare Dio nella vita di tanti che devono fare i conti con i dubbi, i fallimenti, le incertezze, e far scoprire loro che ci si può fidare del Signore!
Di fronte ad una quotidianità che sembra aver smarrito il riferimento a Dio, la nostra Parrocchia ricorda ad ogni cristiano che il Vangelo, vissuto e testimoniato in prima persona, può essere sorgente di vita nuova, come ci dimostra la risurrezione di Cristo, evento centrale della nostra fede. Rendere migliore la vita degli altri: è il segno distintivo della nostra Comunità Cristiana.
E’ la misura ideale della fede nella risurrezione.
Tutti i problemi che oggi ci agitano sono i banchi di prova della nostra fede nel Risorto, perché ci obbligano a metterci in discussione ogni giorno. La vita risorta si nasconde nella vita quotidiana e si manifesta orientandosi verso l’alto, lasciandosi affascinare dal pensiero della risurrezione piuttosto che dalla rassegnazione alla morte. La salvezza che Gesù annuncia, non possiamo ridurla al solo annuncio della…tomba vuota!
Gesù è soprattutto Colui che è venuto a vincere il peccato e la morte e a fare di tutti gli uomini una umanità filiale nei riguardi
del Padre, e fraterna nei confronti dei propri simili.
A Gesù interessa che tutto quanto l’uomo sia salvo: per questo risuscita dai morti, guarisce gli ammalati, sfama la folla, accoglie e predilige i poveri e gli oppressi, le persone che non contano, condanna l’ingiustizia e l’oppressione, incentra la vita etica sull’amore, insegna a perdonare rompendo la logica dell’ ”occhio per occhio, dente per dente”.
Davvero la Risurrezione inaugura una “umanità nuova”, non solo nella sua dimensione escatologica, ma garantisce “un avvenire
possibile” agli uomini e alla loro storia.
Illuminati dalla luce della Pasqua, portiamo il profumo di Cristo Risorto nella quotidianità di tanti nostri fratelli e sorelle, ribaltando la pietra dell’indifferenza.
E’ l’augurio sincero che faccio a tutta la Comunità per la S. Pasqua!

Il passaggio dal Sabato Santo alla Domenica di Resurrezione…

…non avviene attraverso una notte, ma attraverso una prolungata e anticipata aurora, attraverso la Veglia, madre di tutte le veglie. Riunita nell’oscurità alle ore 21.30 al Mortorino, l’assemblea cristiana, in misteriosa comunione con il cosmo intero, si pone quasi simbolicamente sulle soglie della storia della salvezza, partendo da lontano, dalla notte del caos primordiale, dall’oscura lontananza della morte per camminare verso la luce della Vita, che è il Cristo risorto. E non è un vuoto simbolismo. Sull’umanità di oggi incombe ancora la notte angosciosa dell’assenza di Dio, la notte del male, la notte della solitudine che è chiusura alla comunione. Tutto grida un’esigenza di luce.
E quanto esprime la liturgia della luce, che apre la Veglia. Mentre il cero viene solennemente collocato nel presbiterio, prorompe il canto dell’Exultet che celebra lo splendore del Cristo risorto, liberatore del genere umano dalle tenebre del peccato e della morte. Immersa nella luce nuova, l’assemblea ascolta le grandi tappe della storia di salvezza, facendo così memoria delle “meraviglie” che Dio ha operato in favore del suo popolo e di tutta l’umanità, fino al punto culminante: «Cristo risuscitato dai morti non muore più… Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù». 
Dal cuore dei fedeli erompe ormai, come un fiume di gioia, L’«Alleluia pasquale».

Venerdì Santo

La liturgia del Venerdì Santo ha un andamento grave; di ora in ora si fa più evidente e drammatico lo scontro tra la luce e le tenebre. Momento culminante di questa giornata è la Celebrazione della Passione alle ore 21.00 al Mortorino con la proclamazione – in forma dialogica – della Passione di Gesù secondo l’evangelista Giovanni. La comunità cristiana si riunisce idealmente sul Calvario per far proprio, attualizzandolo, il sacrificio della Croce, quel primo e unico sacrificio redentore che si rinnova ogni giorno, in tutto il mondo, nella celebrazione eucaristica.
Nella Chiesa il Venerdì Santo regna un clima di intensa gravità. Tutto è silenzio: silenzio del cuore, pieno di attenzione e di dolore davanti alla realtà della morte di Cristo sulla croce, morte di cui siamo tutti responsabili a motivo dei nostri peccati. Le campane sono mute, gli altari spogli, salvo il momento conclusivo della celebrazione in cui si fa la comunione eucaristica con le ostie consacrate nella Messa vespertina del Giovedì Santo.
È UN SILENZIO CHE SI PROTRAE E RICOLMA tutto il Sabato Santo, definito “giorno del sacro silenzio”. Qualcosa di enorme e tremendo è accaduto: la morte violenta del Giusto. Sbigottita, la terra tace davanti all’impenetrabile mistero. Ma è anche un silenzio di attesa vigilante, nella fede e nella speranza. Tutta l’attenzione è infatti rivolta a Colui che aveva predetto la sua risurrezione.