IV Giornata Mondiale dei poveri

Tendi la tua mano al povero” (Sir 7,32)

Preghiera a Dio e solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili. Per celebrare un culto che sia gradito al Signore è necessario riconoscere che ogni persona, anche quella più indigente e disprezzata, porta impressa in sé l’immagine di Dio. Pertanto, il tempo da dedicare alla preghiera non può mai diventare un alibi per trascurare il prossimo in difficoltà. Ogni anno, con la Giornata Mondiale dei Poveri, Papa Francesco ritorna su questa realtà fondamentale per la vita della Chiesa, perché i poveri sono e saranno sempre con noi per aiutarci ad accogliere la compagnia di Cristo nell’esistenza quotidiana. “Tendi la mano al povero”, dunque, è un invito alla responsabilità come impegno diretto di chiunque si

sente partecipe della stessa sorte. È un incitamento a farsi carico dei pesi dei più deboli, come ricorda San Paolo: «Mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 5,13-14; 6,2). Non si tratta di un’esortazione facoltativa, ma di una condizione dell’autenticità della fede che professiamo.

Come sarebbe bello…

…con l’avvio del Messale rinnovato

Come sarebbe bello, se all’inizio dell’Avvento, con l’avvio del Messale rinnovato, nascesse in parrocchia un piccolo gruppo liturgico, che si trova ogni settimana per aiutare i fratelli a pregare, preparando i canti della Celebrazione Festiva, pensando segni che valorizzino la liturgia, preparando qualche intenzione di preghiera che esprima realmente le gioie e le speranze, i dolori e le sofferenze di questa specifica comunità! Poi, magari col tempo, che prepari veglie di preghiera, adorazioni, novene ….

I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Il fuoco della presenza di Dio (2)

È sul monte Oreb, nel fuoco della presenza di Dio, che noi dobbiamo incontrarci. Come in quel pruno ardente sul monte Oreb, come lo stesso monte bruciava per la presenza di Dio, così noi dobbiamo bruciare per la presenza di Dio: “Se dico: io non lo menzionerò più, non parlerò più nel Suo nome, c’è nel mio cuore come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa, mi sforzo di contenerlo ma non posso” (Geremia 20,9). Il fuoco della presenza e della santità di Dio, se è in noi, deve del continuo purificarci: “Allora io dissi: Guai a me, sono perduto. Perché io sono un uomo dalle labbra impure ed abito in mezzo ad un popolo dalle labbra impure ed i miei occhi hanno visto il Re, il Signore degli eserciti. Ma uno dei serafini volò verso di me tenendo in mano un carbone ardente tolto con le molle dall’altare. Mi toccò con esso la bocca e disse: “Ecco questo ti ha toccato le labbra, la tua iniquità è tolta e il tuo peccato è espiato” (Isaia 6,6-7).

Quando il fuoco è acceso in noi, allora ogni radice velenosa è bruciata. Questo fuoco deve allora essere in noi, se davvero siamo degli uomini e delle donne nati di nuovo, che vivono l’esperienza Pentecostale. La manifestazione classica del fuoco di Dio è lo Spirito Santo. È quest’esperienza che noi dobbiamo anelare, desiderare, bramare con la stessa intensità con la quale abbiamo desiderato la salvezza. Dio desidera donarci quello che ci ha promesso. Analizziamo la nostra vita con obiettività, umiltà e verità e dopo chiediamoci: “Siamo noi saliti sul monte Oreb? È la nostra vita del continuo ripiena del fuoco di Dio? “Il fuoco deve essere mantenuto sempre acceso sull’altare e non lo si lascerà spegnere” (Levitico 6,9).

I monti di Dio: Sinai-Oreb

1 Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?

Salmo 121

In questo mese la nostra riflessione sarà a questo primo  Monte. Cosa scopriamo fermandoci su questo monte?

Il fuoco della presenza di Dio (1)

Su questo monte Mosè realizzò la presenza di Dio. Aveva visto tantissime volte bruciare i pruni per autocombustione, ma quello fu un giorno diverso da tutti gli altri. Sul monte Oreb egli vide il fuoco di Dio e ascoltò la Sua voce: “Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero, sacerdote di Madian, e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla montagna di Dio, a Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava. Mosè disse: “Ora voglio andare da quella parte a vedere questa grande visione e come mai il pruno non si consuma!” Il Signore vide che egli si era mosso per andare a vedere.

Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: “Mosè! Mosè!” Ed egli rispose: “Eccomi”. Dio disse: “Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro”. Poi aggiunse: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d’Abramo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare Dio” (Esodo 3,1-6). Sul monte Oreb Dio parlò nuovamente a Mosè nel giorno in cui gli diede il decalogo. Su questo monte Dio manifestò la Sua potenza, la Sua gloria e la Sua santità. Leggere quello che accadde quel giorno ci mette timore ma è bello considerare che Mosè fece uscire tutto il popolo dall’accampamento “per condurlo ad incontrare Dio”: “Siano pronti per il terzo giorno; perché il terzo giorno il Signore scenderà in presenza di tutto il popolo sul monte Sinai… Quando il corno suonerà a distesa, allora essi potranno salire sul monte”. E Mosè scese dal monte verso il popolo; santificò il popolo, e quelli si lavarono le vesti. Mosè disse al popolo: “Siate pronti fra tre giorni; non avvicinatevi a donna”. Il terzo giorno, come fu mattino, ci furono tuoni, lampi, una fitta nuvola sul monte e si udì un fortissimo suono di tromba. Tutto il popolo che era nell’accampamento tremò. Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento per condurlo a incontrare Dio; e si fermarono ai piedi del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché il Signore vi era disceso in mezzo al fuoco; il fumo saliva come il fumo di una fornace, e tutto il monte tremava forte. Il suono della tromba si faceva sempre più forte; Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce. Il Signore dunque scese sul monte Sinai in vetta al monte e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte e Mosè vi salì” (Esodo 19,11-20). Questo monte bruciò e tremò. Allo stesso modo noi dobbiamo bruciare e tremare per la presenza del Signore: “I monti furono scossi per la presenza del Signore, anche il Sinai, là, fu scosso davanti al Signore, al Dio d’Israele”! (Giudici 5,5).

Valore religioso

In questa occasione, come credenti, siamo invitati a meditare sulla simbologia dell’acqua nelle principali tradizioni religiose, alla contemplazione di questa risorsa che, come scriveva San Francesco d’Assisi, è multo utile et humile et preziosa et casta.

È affascinante risalire alla rilevanza dell’acqua nell’Antico Testamento – l’atto di creazione all’inizio della Genesi, l’acqua che purifica o che è segno di benedizione e di terra fertile, o ancora la punizione causata dalla siccità o dal diluvio – e nel Nuovo Testamento. Esistono molte connessioni tra acqua e guarigione (cf. 2 Re 5,8-14; Gv 5,2-4; Gv 9,6-11). L’acqua, benché preziosa, non placa del tutto la sete e serve a Gesù per insegnare che non si può ridurre l’uomo ai suoi bisogni materiali (cf. Gv 4,13-14; Gv 7,37-38). È altrettanto affascinante studiare e capire il ruolo dell’acqua nella vita e tradizione della Chiesa. Si pensi per esempio prima di tutto al sacramento del battesimo – che purifica dai peccati e fa rinascere nell’innocenza per mezzo dell’acqua e dello Spirito Santo – e poi a gesti liturgici e devozionali come l’aspersione con acqua benedetta, la liturgia della notte del Sabato Santo, il legame stabile tra acqua e guarigione (per esempio a Lourdes), la presenza dell’acquasantiera collocata all’ingresso di tante chiese per il segno di croce, e infine, anche ai pellegrinaggi a Lourdes o sulle sponde del Giordano. L’acqua è «un simbolo che tocca l’esperienza più profonda dell’umanità, che indica un valore trascendente.

Ad esempio, il testo fondamentale della fede ebraico-cristiana, la Bibbia, ha 1500 versetti bagnati dall’acqua, in cui si parla di acqua. C’è un elemento curioso nell’interno del linguaggio dell’Antico Testamento: una sola parola in ebraico, nefesh, indica contemporaneamente la gola e l’anima, l’essere vivente».

C’è una profonda connessione tra la gola assetata e l’anima che ha bisogno dell’infinito, dell’eterno. Ciò non si limita alle tradizioni ebraica e cristiana: in molte religioni, l’acqua è stata e viene ancora considerata come santa, collegata alle divinità e alla loro benevolenza. Il Nilo, il Gange e il pozzo di Zamzam sono esempi eloquenti, tra molti altri.

Riconoscere il valore dell’acqua

Secondo il magistero della Chiesa Cattolica, l’acqua è un bene comune la cui adeguata gestione concorre alla realizzazione del bene comune dell’intera famiglia umana. È proprio vero che l’acqua è fonte di vita: la sopravvivenza e la salute degli esseri umani dipendono direttamente dall’acqua, così come la produzione di cibo, di energia e di molti beni di consumo. La biodiversità della Terra, il funzionamento dei vari biomi e dell’atmosfera, i cicli dell’acqua e del clima ci ricordano quanto sia versatile e fondamentale questa preziosa creatura di Dio. Quando gli astronomi osservano lo spazio per individuare e studiare altri pianeti, spesso constatano che non vi è traccia apparente di acqua, elemento indispensabile per la vita come la conosciamo sulla Terra: non tutti i pianeti dispongono di questo dono prezioso, culla della vita. A maggior ragione, dunque, dovremmo essere maggiormente consapevoli della sua complessa rilevanza.

70° Giornata Nazionale del Ringraziamento

Il tema di quest’anno è l’acqua

Nel Messaggio pubblicato dai Vescovi Italiani per l’animazione della Giornata, si legge:

La benedizione di Dio – di cui l’acqua è simbolo ed espressione – scende sempre abbondante sulla terra. ‘Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto’ (Is 55,10-11). 

La Parola di Dio fecondi la vita degli uomini perché agiscano in modo solidale e sostenibile. L’accesso all’acqua potabile per tutti gli uomini e lo spreco della risorsa idrica sono temi di giustizia sociale. Riguardano tutti. Il tempo dell’emergenza sia anche un tempo di rinnovata solidarietà: possa rafforzare i legami sociali e faccia riscoprire le relazioni di cui vive il tessuto sociale e produttivo

Orario invernale Sante Messe domenicali

Per i prossimi mesi, le messe continueranno a essere quattro. Saranno celebrate da don Giuseppe il sabato alle 18 e la domenica alle 8.30, 10.30 e 18. Quest’ultima messa sostituirà la celebrazione delle 21, introdotta nei mesi estivi. Per quanto riguarda i periodi in cui San Fiorano è considerato zona rossa, quello attuale ed eventuale periodi futuri, sarà necessario avere con sé un’autocertificazione, che trovate qui e potete stampare già compilata per le esigenze di culto.

Pregare insieme

Esiste una forma di preghiera comunitaria per eccellenza, che è la celebrazione dell’Eucaristia festiva, accanto ad altri momenti importanti come le celebrazioni in preparazione alle solennità, i momenti forti dell’anno liturgico (la Via Crucis), le veglie di preghiera, le adorazioni, in cui la voce del singolo diventa voce della Sposa che acclama lo Sposo, il Signore Gesù.

Pregare: per chi?

Per le persone che conosciamo che amiamo, che incontriamo quotidianamente. Ma anche per le persone che non conosciamo. Per tutti loro possiamo diventare dei terroristi d’amore, spargendo a piene mani, in un cuor nostro, benedizione e intercessione. Noi non conosciamo le esigenze e i bisogni reali di chi ci sta davanti, ma il Signore sa di cosa hanno bisogno. E non soltanto chiedere per gli altri, ma anche ringraziare e lodare per loro e con loro. Il cuore che prega per gli altri si nutre dello sguardo di Dio sul mondo e lo imita. Certo, non sempre è così facile e ci sono momenti in cui, noi per primi, siamo affaticati e spenti. Allora, in quel caso, pregare per gli altri diventa difficile eppure, inevitabilmente, ci aiuta ad uscire dal nostro guscio, ci impedisce di fare della nostra vita e delle nostre pene il metro di giudizio sull’universo. La tradizione cristiana insegna che la preghiera per gli altri ottiene anche di vedere esaudite le proprie preghiere. Il gesto magnanimo di chi vede prima le necessità del fratello è in piena sintonia con lo stile di Dio. E i Padri della Chiesa ci insegnano che quando preghiamo per gli altri, quando il nostro cuore si allarga alla misura di Cristo, Dio esaudisce anche le nostre preghiere.