Le storie bibliche di fraternità conflittuali, da una parte, e costruite con la saggezza e la parola giusta dall’altra, rimandano a temi che sono sempre di attualità. Un luogo comune nel sentire corrente delle comunità cristiane è l’enfasi sullo spirito che deve animare la comunità, sull’unità che deve essere alla base di ogni esperienza: bisogna essere uniti, bisogna stare insieme, evitare discussioni e contrasti…
L’ideale ultimo della comunità cristiana, in quest’ottica, è una fraternità senza ombre e senza differenze. Le differenze fanno paura e l’ideale, implicitamente suggerito, non è affrontarle con coraggio e viverle con maturità, ma negarle. È l’ideale di Eva: «Ho acquistato un uomo grazie al Signore». Non solo Eva ha ridotto Caino a oggetto di possesso, ma ha giustificato quella manomissione attribuendola a Dio
stesso. Molti atteggiamenti ricorrenti nella Chiesa di oggi sono eccessivamente materni, possessivi, inclusivi. Sono atteggiamenti che partono, spesso, da esigenze di comprensione, di perdono e di accoglienza, ma portati all’estremo finiscono in un abbraccio talmente stretto che toglie la libertà. È la fraternità che si confonde con una maternità possessiva, di una madre che preferisce conservare in grembo i propri figli piuttosto che “metterli al mondo”. Si ammira la straordinaria intuizione di Dostoevskij.
Nel racconto del Grande inquisitore, questi rimprovera a Gesù di non aver accettato l’invito del demonio a trasformare le pietre in pane, nelle grandiose tentazioni nel deserto. Se Gesù avesse accettato, tutti gli uomini lo avrebbero seguito, come “un docile gregge”. Invece Gesù ha rifiutato e così facendo ha condannato l’umanità alla fatica di dover decidere, di dovere esercitare la propria insopportabile libertà. «Avevi forse dimenticato che la tranquillità e perfino la morte è all’uomo più cara della libera scelta fra il bene e il male?», chiede enfaticamente il grande inquisitore a Gesù . Nel “docile gregge” del grande inquisitore non ci sarebbero state differenze e contrasti, ma il prezzo da pagare sarebbe stato altissimo: quello, appunto, di essere tutti, soltanto, un gregge.