Con cuore di Padre

Breve riflessione nell’anno di San Giuseppe

Il silenzio non è assenza di parole, né timidezza. A volte il silenzio è capacità di ascolto e risposta migliore a chi parla a sproposito.
Giuseppe tace in tutto il Vangelo. Non si riporta una sua sola parola. Eppure, egli non spreca nessuna parola che Dio gli rivolge. Ascolta e mette in pratica. E anche davanti ai soprusi di Erode o alla violenza politica dei Romani che lo costringono a mettersi in viaggio insieme a Maria, il Vangelo non registra una sua sola parola. Gesù nel Vangelo ha annunciato la buona novella del Regno attraverso molte parole e segni, ma la cosa che colpisce di più di Gesù è il suo silenzio davanti ai suoi accusatori. Egli rimarrà in silenzio davanti a Pilato e rimarrà in silenzio davanti alle ingiurie e alle umiliazioni dei soldati e del popolo. La sua non è debolezza bensì fortezza.
Non si può parlare e dire la verità davanti a chi non è disposto ad ascoltarla. Lo aveva detto egli stesso, che non è mai un bene “gettare le perle ai porci”. Il suo silenzio è la forma di contestazione più alta a quel male e a quella violenza, e allo stesso tempo è la prova più sicura della sua completa fiducia in Dio suo Padre.
Anche in questo caso mi piace pensare che Gesù abbia imparato la forza dirompente del silenzio da Giuseppe.
È certamente in lui che Gesù ha capito che anche le parole possono essere delle armi, e che davanti a chi ti colpisce bisogna mostrarsi completamente disarmati. È in questo gesto che l’altro pensa di vincere ma in realtà trova la sua sconfitta.