Un noi al centro del mistero di Cristo  

Si parla di un noi all’inizio (Gn 1,26-28), un noi alla fine (Ap 21,3) e al centro il mistero di Cristo morto e risorto “perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21). L’intenzione di Gesù non si limita al gruppo dei discepoli, ma contempla un noi molto più grande, cioè immenso come l’intera umanità “Prego non solo per questi, ma per tutti” . L’unità per la quale Gesù prega va oltre le relazioni di un gruppo ristretto, di un gruppo di buoni vicini, o di un gruppo omogeneo. Gesù prega per l’unità delle relazioni che rimangono nell’amore, nonostante le tensioni e i conflitti. L’amore è la via dell’unità verso un noi sempre più umano, perché si esprime nella pluriformità. L’amore, infatti, esige un’apertura progressiva, una grande capacità di accogliere gli altri e il coraggio di rischiare in un’avventura infinita che converge tutte le periferie verso il pieno senso della reciproca appartenenza. Attraverso l’amore, l’accettazione, il rispetto per le differenze e l’inclusione, le comunità cristiane rivelano al mondo il significato del progetto di Gesù. In Cristo c’è comunione nella diversità, perché in Lui tutti formano un unico corpo. In Dio, la comunione nella diversità, oltre ad essere un elemento costitutivo dell’identità Trinitaria, è un progetto salvifico verso un noi grande quanto l’umanità redenta. La persona umana cresce, matura si santifica mentre si relaziona, esce da se stessa per vivere un noi con Dio, con gli altri e con tutte le creature, assumendo, nella propria esistenza, quel dinamismo relazionale che Dio ha inciso nella sua vita. Nessuno si salva da solo, e questo ci invita a maturare la spiritualità della solidarietà globale verso un noi sempre più grande, più fraterno e solidale.