Dalla contemplazione e dalla conoscenza all’adorazione come comunione d’amore

Sfogliando un Dizionario etimologico, troviamo che la parola adorazione può derivare dal latino ad os (oris), “alla bocca”, gesto del baciare, perciò dell’amore; per questo i vocabolari indicano che adorare significa anche “amare con trasporto”, “amare con piena dedizione e con grande tenerezza”. L’adorazione nasce dalla gioia di percepire la grandezza di Dio non come di colui che ci opprime ma di colui che ci ama immensamente, dà senso alla nostra vita, diviene la pienezza di quello che siamo. Davanti a questa esperienza ci comportiamo come i bambini che aprono la bocca, portano la mano “alla bocca” (ad os) e poi rimangono così, senza parole.
L’adorazione fondamentalmente è questo stare davanti a Dio pieni di stupore, senza parole, senza pensieri, ma soltanto aprendoci e godendo dell’intimità con il Signore.
È questa l’adorazione del Verbo; dall’eternità egli è “rivolto verso il Padre”, quasi in un bacio eterno (ad os) he è lo Spirito. Egli introdusse questa adorazione nel mondo quando “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”; a coloro che, ieri e oggi, lo accolgono, egli dà “il potere di diventare figli di Dio”, partecipi perciò della sua stessa relazione con il Padre, della sua stessa adorazione. A questa luce è pienamente comprensibile l’espressione: “viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. Il supremo gesto di adorazione del Verbo incarnato, questo “bacio” del Dio-uomo, trova la
massima attuazione e rivelazione sul calvario, quando viene innalzato sulla croce e attira a se chi crede in lui. Da allora coloro che “credono nel suo nome” e “da Dio sono stati generati”, partecipando del suo sacrificio, possono adorare Dio “in spirito e verità.