La pandemia ha sconvolto anche (oltre a tante altre realtà della nostra vita) l’abituale procedere delle nostre attività pastorali. Non le ha messe in crisi; lo erano già da tempo. Non è, forse, vero che il calo delle presenze all’assemblea domenicale precede di gran lunga la pandemia?
Quanti hanno una qualche significativa relazione con la comunità cristiana e sono veramente interessati al Vangelo? La questione della fuga del dopo cresima non è forse una questione ricorrente da oltre mezzo secolo?
La pandemia non è la causa della crisi pastorale della Chiesa, ma ha semplicemente messo allo scoperto fragilità e inadeguatezze pregresse a tutti i livelli.
Nessun giudizio di condanna; questi sono i tempi e le dinamiche della storia.
Ritorno a citare una parte del discorso di papa Francesco alla Curia, ma indirettamente a tutta la Chiesa. Diceva: “La tempesta smaschera le nostre vulnerabilità, lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità … La crisi è un fenomeno che investe tutti e tutto. È presente ovunque e in ogni periodo della storia, coinvolge le ideologie, la politica, l’economia, la tecnica, la religione. Si tratta di una tappa obbligata della storia personale e sociale … Come ci ricorda la radice etimologica del verbo Krino, la crisi è quel setacciamento che pulisce il chicco di grano dopo la mietitura”.
Parole profetiche che esortano a leggere la pandemia come un tempo di grazia da non sprecare in sterili lamentele e illusori rimpianti. “Nulla sarà più come prima”: non è una semplice frase ad effetto, che talvolta si cita. Ma sperando in segreto esattamente il contrario.
Ancora il papa: “Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l’autopsia di un cadavere … Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi”. La paura è sempre cattiva consigliera.
Di fronte a una crisi che sembra chiudere un’epoca per aprirne un’altra, non mancano le tentazioni di rifugiarsi nell’illusoria sicurezza del passato. Non dovremmo dimenticare che nella storia della salvezza chi si volta indietro diventa una statua di sale (Genesi 19,26).
Come nella nota parabola (Marco 4,26), il seme ha accelerato improvvisamente la sua crescita e chiama tutti a riscoprire la gioia del Vangelo e a evitare che la Chiesa appaia come un’azienda, con da una parte degli impiegati del sacro e dall’altra dei clienti di cerimonie.