Luce sul cammino

La Quaresima è un tempo santo, un tempo di revisione, un tempo nel quale riesaminiamo la nostra coscienza spirituale mediante l’ascesi e il digiuno…
Se non esaminiamo la nostra coscienza, se non prendiamo distanza dalle brutture della nostra vita interiore, se, così facendo, non scopriamo la verità di noi stessi, non sentiremo il bisogno di Cristo.

La Quaresima è un tempo santo, un tempo di revisione, un tempo nel quale riesaminiamo la nostra coscienza spirituale. Mettiamo un freno alla mente che straripa di fantasie e di sospetti che stordiscono la coscienza tanto da renderci incapaci di vedere il male. Nella stagione del digiuno quaresimale dovremmo desiderare molto la Parola di Dio. E per questo che i padri hanno sempre messo insieme digiuno e preghiera. Continua questo cammino.
Non lasciamo spazio alla stanchezza, ma continuiamo con perseveranza e dedizione.

Solennità di San Giuseppe

La figura di Giuseppe è una figura capitale per comprendere la storia della salvezza.
Lo è fondamentalmente per due motivi. Il primo consiste nel fatto che la sua presenza ci ricorda il realismo con cui Dio agisce per salvarci. Infatti si fa bisognoso dell’aiuto pratico, concreto, operoso, efficace di quest’uomo come il vero miracolo che rende possibile la venuta di suo Figlio nel mondo.
Il secondo motivo è la profonda libertà con cui Giuseppe mette da parte i suoi progetti e fa spazio alla
volontà di un Dio che non comprende fino in fondo ma che avverte come colui a cui consegnare la propria storia.
È la stessa esperienza che facciamo noi quando ci ritroviamo con delle vite che sembrano mettere in crisi tutte le nostre aspettative. Abbiamo la sensazione che la volontà di Dio non solo non coincida con la nostra ma che molto spesso sia esattamente il contrario della nostra. Ma quando si è disposti ad assecondare ciò che il Signore ci mette davanti, solo allora ci si accorge che in quello che è misterioso e apparentemente non scelto, si nasconde il compimento più vero e più profondo di ciò che avevamo desiderato.
Giuseppe rappresenta in massimo grado l’esempio più alto di chi ha vissuto una vita con questa prospettiva e con l’infinita fiducia nella misteriosa volontà di Dio

Il 19 marzo cade in giorno di sabato e in tempo di quaresima. La messa vespertina sarà della III domenica di Quaresima. Per questo, per ricordare solennemente la figura di san Giuseppe, sarà celebrata una Messa al mattino alle ore 9.

Via Crucis

Vogliamo sostare, col nostro cuore, dinanzi a Gesù che vive la sua passione e muore in croce, e implorare di poter comprendere un pochino di più l’insondabile mistero del suo dolore e del suo AMORE.
Gesù non ha spiegato il male del mondo, il dolore, la sofferenza ma li ha presi su di sé vivendoli da FIGLIO affinché ogni nostra esperienza di angoscia, o mancanza di fede e di speranza, potesse diventare – attraverso di Lui – una VIA per conoscere il volto del Padre. Ci doni il Signore Gesù di lasciar entrare nella nostra vita la sua morte per amore, affinché entrando in noi, porti il sapore della RISURREZIONE, che è il compimento di tutta la vicenda umana. La contemplazione del Suo dolore, che per noi è la sapienza della croce, ci permette di capire il senso del nostro dolore. Assomigliare a Cristo in ogni circostanza, fosse anche quella del dolore, è, in modo proprio, una vocazione.

Giovedì eucaristico

Continua l’iniziativa pastorale dell’Adorazione eucaristica del giovedì.
Continuiamo a parlare dell’importanza dell’Adorazione Eucaristica, perché parlare di Adorazione è invitare concretamente tutta la comunità cristiana a vivere questo momento. Si tratta dell’ineffabile dove non si esprime a parole ma con la vita.
L’Adorazione si vive, come l’amore. Come amare anche adorare si impara adorando.
Ci sono due verità che si toccano e sono queste: Dio crea l’uomo e lo crea libero.
Libero di scegliere Dio e riconoscerLo come suo Creatore ed anche come suo Salvatore. E l’uomo raggiunge la beatitudine dandoGli gloria, lodando e adorando Dio.
Così, l’Adorazione è un atto libero di colui che cerca la vera felicità in Dio, di colui che cerca il riposo della sua anima davanti la presenza del suo Dio. Adorare Dio è una necessità intrinseca dell’uomo. Non si può veramente vivere senza adorare Dio. L’uomo scopre la sua vera dimensione e scopre che in Dio non ci sono confini. Nell’Adorazione incontra il suo riposo, raggiunge la pace. Parafrasando sant’Agostino potremmo dire che il nostro cuore non trova riposo fino a che non riposa in Dio, fino a quando non lo incontra e lo adora. L’Adorazione è anche azione di grazie, Eucaristia, che si prolunga nel tempo di colui riconosce non solo creato ma anche amato da Dio. Adorare è la risposta cosciente del credente alla presenza di Dio.
Adorare è un atto di riconoscimento dell’immensità, della gloria di Dio ed allo stesso tempo è atto di gratitudine per la gratuità della vita eterna che ci dona in ogni Eucaristia.
Infatti, l’Eucaristia è il dono di Dio di se stesso che porta in sé l’eternità del Donante al comunicante: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo resusciterò nell’ultimo giorno”. Tuttavia, anche questo bisogna dirlo, non sempre ricevendo l’Eucaristia si entra in comunione con Dio. Il sacramento esige partecipazione. La grazia è dono che reclama una conquista di chi la riceve, un accettare, un’accoglienza. La fede e l’amore esigono che ogni incontro con l’Eucaristia sia di adorazione. L’Adorazione all’Eucaristia è adorazione alla presenza reale, viva, vera, unica, sostanziale di Gesù Cristo, vero uomo e vero Dio.
Non si insisterà mai a sufficienza che adorare l’Eucaristia è adorare Dio stesso, non è rimanere davanti ad un simbolo ma contemplare con umile stupore la Presenza Divina che è discesa a noi.

Conversione alla spiritualità (2)

Lo Spirito domanda al credente di considerare ancora oggi la realtà in chiave pasquale, come ha testimoniato Gesù, e non come la vede il mondo. Per il discepolo una sconfitta può essere una vittoria, una perdita una conquista. Cominciare a vivere la Pasqua, che ci attende al termine del tempo di Quaresima, significa considerare la storia nell’ottica dell’amore, anche se questo comporta di portare la croce propria e altrui. Un modo nuovo di ascoltare la realtà per giudicarla in modo spirituale e produrre scelte più evangeliche. Lo Spirito infatti non aliena dalla storia: mentre radica nel presente, spinge a cambiarlo in meglio. Per restare fedeli alla realtà e diventare al contempo costruttori di un futuro migliore, si richiede una interiorizzazione profonda dello stile di Gesù, del suo sguardo spirituale, della sua capacità di vedere ovunque occasioni per mostrare quanto è grande l’amore del Padre. Per il cristiano questo non è semplicemente il tempo segnato dalle restrizioni: è invece un tempo dello Spirito, un tempo di pienezza, perché contiene opportunità di amore creativo.
Forse non siamo abbastanza liberi di cuore da riconoscere queste opportunità di amore, perché frenati dalla paura o condizionati da aspettative irrealistiche. Mentre lo Spirito, invece, continua a lavorare come sempre. Quale azione dello Spirito è possibile riconoscere in questo nostro tempo?
Andando al di là dei meri fatti che accadono nel nostro presente, quale lettura spirituale possiamo fare della nostra epoca, per progredire spiritualmente come singoli e come comunità credente?

Conversione alla spiritualità (1)

Restare fedeli alla realtà del tempo presente non equivale però a fermarsi alla superficie dei fatti né a legittimare ogni situazione in corso.
Si tratta piuttosto di cogliere “la pienezza del tempo” ovvero di scorgere l’azione dello Spirito, che rende ogni epoca un “tempo opportuno”. L’epoca in cui Gesù ha vissuto è stata fondamentale per via della sua presenza all’interno della storia umana e, in particolare, di chi entrava in contatto con lui. I suoi discepoli hanno continuato a vivere la loro vita in quel contesto storico, con tutte le sue contraddizioni e i suoi limiti: ma la sua compagnia ha modificato il modo di essere nel mondo.
Il Maestro di Nazaret ha insegnato loro a essere protagonisti di quel tempo attraverso la fede nel Padre misericordioso, la carità verso gli ultimi e la speranza in un rinnovamento interiore delle persone.
Per i discepoli è stato Gesù a dare senso a un’epoca che altrimenti avrebbe avuto ben altri criteri umani per essere giudicata. Dopo la sua morte, dall’assenza fisica di Gesù è fiorita la vita eterna del Risorto e la presenza dello Spirito nella Chiesa: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani».

Raccolta fondi per l’Ucraina

Continua la raccolta di beni alimentari a supporto dei profughi Ucraini che verranno ospitati nel nostro territorio. È questa l’iniziativa della Caritas Diocesana.
Quanto stiamo raccogliendo nella cesta ai piedi dell’altare verrà consegnato alla Caritas Diocesana. I beni alimentari non verranno inviati nei territori di confine dove si sta combattendo, ma verranno destinati ai profughi che saranno presenti sul nostro territorio.

Raccolta di zucchero, caffè, latte, te, biscotti, olio di oliva e di semi, merende per i bambini.

Anche le donazioni che verranno fatte in questo tempo di quaresima saranno consegnate alla Caritas Diocesana. Tutte le offerte saranno poi date alla Caritas Italiana per realizzare progetti di ricostruzione nelle zone distrutte dalla guerra. Ad oggi nella nostra Parrocchia sono stati raccolti € 200.

Dalla visita e benedizione delle famiglie è stato offerto per la Parrocchia un totale di € 635.

Camminiamo insieme

Tempo per rinnovarsi nell’incontro con Cristo vivo nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo

Fin dai primi secoli di vita della Chiesa la Quaresima era il tempo in cui coloro che avevano udito e accolto l’annuncio di Cristo iniziavano, passo dopo passo, il loro cammino di fede per giungere a ricevere il Battesimo a Pasqua. Successivamente anche i penitenti e poi tutti i fedeli furono invitati a vivere questo itinerario di rinnovamento spirituale, per conformare sempre più la propria esistenza a Cristo. I Vangeli di questo tempo forte aiutano il credente a rinnovarsi nell’incontro con Cristo per amarlo e seguirlo di più. La Quaresima possa essere il tempo propizio per riscoprire la nostra fede in Gesù salvatore, vero uomo e vero Dio.

Possa essere per ciascuno di noi, meglio ancora per le nostre famiglie unite, occasione per rafforzare la propria fede, per aumentare la consapevolezza di quanto sia importante la presenza del Signore nelle scelte della vita quotidiana. Possa essere la Quaresima occasione propizia per riscoprire e valorizzare la fede come cammino insieme, di comunità cristiana.
Il convergere di coloro che sentono le stesse cose, che vivono la stessa fede.

Conversione alla Realtà

«Quando venne la pienezza del tempo». Con queste parole Paolo annuncia il mistero dell’incarnazione. Il Dio cristiano è il Dio della storia: lo è a tal punto, da decidere di incarnarsi in uno spazio e in un tempo precisi. Impossibile dire cosa abbia visto Dio di particolare in quel tempo preciso tanto da eleggerlo come il momento adatto per l’incarnazione. Di certo la presenza del Figlio di Dio tra noi è stata la prova definitiva di quanto la storia degli uomini sia importante agli occhi del Padre. L’epoca in cui Gesù è vissuto non si può certo definire l’età dell’oro: piuttosto la violenza, le guerre, la schiavitù, le malattie e la morte erano frequenti nella vita delle persone quanto lo sono oggi. Eppure in quel frangente della storia umana, nonostante le sue ombre, Dio ha visto e riconosciuto “la pienezza dei tempi”. L’ancoraggio alla realtà storica caratterizza dunque la fede cristiana. Non cediamo alla tentazione di un passato idealizzato o di un’attesa del futuro dal davanzale della finestra. È invece urgente l’obbedienza al presente, senza lasciarsi vincere dalla paura che paralizza, dai rimpianti o dalle illusioni. L’atteggiamento del cristiano è quello della perseveranza: «Se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza». Questa perseveranza è il comportamento quotidiano del cristiano che sostiene il peso della storia personale e comunitaria. Nelle difficoltà, come in ogni inizio, si assiste a tanto entusiasmo, coraggio, determinazione, propositi e umanità. Poi questo slancio iniziale va via via scemando, cedendo il passo alla stanchezza, alla sfiducia, al fatalismo, alla chiusura in sé stessi, alla colpevolizzazione dell’altro e al disimpegno. Ma la fede non è una bacchetta magica. Quando le soluzioni ai problemi richiedono percorsi lunghi, serve pazienza, la pazienza cristiana, che rifugge da scorciatoie semplicistiche e consente di restare saldi nell’impegno per il bene di tutti e non per un vantaggio egoistico o di parte. Non è stata forse questa “la pazienza di Cristo”, che si è espressa in sommo grado nel mistero pasquale? Non è stata forse questa la sua ferma volontà di amare l’umanità senza lamentarsi e senza risparmiarsi? Come comunità cristiana, oltre che come singoli credenti, dobbiamo riappropriarci del tempo presente con pazienza e restando aderenti alla realtà. Sentiamo quindi urgente il compito di educare alla verità, all’impegno, alla costanza perché ci sono problemi che non possono essere risolti in breve tempo e con poco sforzo. Di quanta pazienza è capace il nostro cuore nel costruire soluzioni per la vita delle persone, delle famiglie e della comunità?

Via Crucis

Se è vero che la croce è l’unità di misura di ogni impegno cristiano, dobbiamo fare attenzione a un grosso pericolo che stiamo correndo: l’evacuazione della croce. Che non significa disprezzo della croce, o rifiuto della croce, o irrisione della croce. No. La croce rimane sempre al centro delle nostre prospettive. Ma noi vi giriamo al largo. Troppo al largo. Prendiamo una extramurale lontanissima dal colle dove essa s’innalza. Purtroppo la nostra vita cristiana non incrocia il Calvario. Non s’inerpica sui tornanti del Golgota.
Passa di striscio dalle pendici del luogo del Cranio. L’abbiamo attaccata con riverenza alle pareti di casa nostra, ma non ce la siamo piantata nel cuore. Pende dal nostro collo, ma non pende sulle nostre scelte.
Le rivolgiamo inchini e incensazione in chiesa, ma ci manteniamo agli antipodi della sua logica.
L’abbiamo isolata, sia pure con tutti i riguardi che merita. È un albero nobile che cresce su zolle recintate, lontano, troppo lontano dalle strade a scorrimento veloce che battiamo ogni giorno.
Dobbiamo ammetterlo con amarezza. Abbiamo scelto la circonvallazione e non la mulattiera del Calvario.