Desiderando sottrarre gli auguri pasquali all’usura dell’abitudine, della consuetudine, suggerisco di chiederci che significato attribuiamo a questo gesto, a che cosa rimandano le parole dei nostri auguri?
I credenti cristiani potrebbero trovare una preziosa risposta negli “auguri pasquali” che si scambiavano i primi cristiani. Questi, al termine della Veglia pasquale, celebrata nella notte tra sabato e domenica, si dicevano: «Cristo è risorto!» e si rispondevano: «E’ veramente risorto!».
Il punto esclamativo indicato nello scritto segnala che quanto si comunicavano non era per loro una semplice notizia di cronaca, né uno slogan da ripetere in ogni caso, ma l’attestazione che quanto era successo a Gesù («Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere», At 2,24) era decisivo per loro, per la loro vita, non solo perché la sottraeva alla presa mortale del male, ma anche perché la “rigenerava per una speranza viva”, come scriveva l’apostolo Pietro (1Pt 1,3).
La risurrezione di Gesù costituiva per loro il solido fondamento di “una speranza che non delude”
(Rm 5,5), perché attesta che Dio, il Padre di Gesù, non si è assentato dalla terra, dall’esistenza degli uomini, non li abbandona nelle prove della vita e si adopera perché non conducano la loro esistenza come persone che non hanno speranza.
Che quelle parole scambiate tra primi cristiani nella notte di Pasqua e nei giorni a venire non fossero parole di circostanza o uno slogan, lo documentano “la dolcezza e il rispetto” con cui “rispondevano a chiunque domandava ragione (spesso con arroganza e disprezzo) della speranza che era in loro”
(1Pt 3,15-16) e la serena determinazione con la quale molti di loro affrontavano la persecuzione che si concludeva con una morte violenta.
Il mio augurio è che possiamo dire altrettanto per noi, personalmente e come comunità cristiana; che nella vita di ogni giorno, con le sue gioie e tristezze, non viviamo come “quelli che non hanno speranza”
(1Ts 4,13), ma che “manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza” (Eb 10,23).
Questo perché anche in questi giorni di sofferenza e di fatica, gli auguri che ci scambieremo di una “buona Pasqua” non siano giustificati dalla consuetudine né risuonino come uno slogan vuoto, ma esprimano la salda speranza, che si alimenta alla vittoria di Gesù sulla morte, sul male e alla promessa del
Padre di Gesù di “quei cieli nuovi e terra nuova, in cui abita la giustizia” (2Pt 3,13), tanto attesi da tutti.
Il fare riferimento ad essa, anche nella semplice forma di un augurio, esprima il nostro intendimento
di abitare questo tempo “saldi” in quella speranza che ci consente di collaborare al compimento della
promessa di Dio, alla vittoria di Gesù Cristo sul male che umilia l’esistenza degli uomini
Salutiamoci a vicenda con l’annuncio pasquale: “Alleluia, il Signore è risorto, è veramente
risorto!”. Con Cristo rifiorisca anche la nostra vita. Non ci sia spazio per la tristezza nella festa della nostra salvezza.
Auguri di Buona Pasqua
Don Giuseppe