Ho ritrovato l’amore: “Dio è più grande del tuo cuore”

In questo tempo pasquale, fermarsi a riflettere e soprattutto a vivere la dimensione del perdono è entrare in uno dei nodi cruciali del cristianesimo, ma anche della stessa società contemporanea. Credo sia esperienza diffusa la convinzione di vivere in una società in cui raramente si offre o si riceve il perdono. Insomma, il perdono è una cosa rara, oggi. Del resto, il contesto fortemente competitivo che caratterizza la vita dell’intera società, se per un verso spinge a condannare chi non riesce a stare al passo, dall’altro è ancora più duro con chi sbaglia. È una legge inesorabile: chi sbaglia paga, e spesso duramente. Non parlo del versante penale, ove tutto ciò ha una sua ragione. Mi riferisco all’atteggiamento di tanti, alla sensibilità della grande maggioranza, alla mentalità comune che è avara di perdono, di comprensione, di misericordia. Abbiamo così creato una società per tanti versi crudele, perché non lascia spazio alla debolezza, alla caduta, vorrei dire all’errore. Non è questo il mondo di Dio. Una volta lo stesso Signore provò a ripulire il mondo, una volta per tutte, dai peccatori: mandò il diluvio. Ma si pentì subito dopo, e accettò l’uomo nella sua debolezza e nel suo peccato. Intendiamoci, non tollerò il peccato, ma si accostò al peccatore. E da allora Dio si fece pastore, medico, amico di ogni uomo e di ogni donna, comunque bisognosi. Il “perdono” è essenziale alla vita, così come è forte la realtà del peccato e della debolezza. Senza il perdono qualsiasi società diventa crudele e alla fine fratricida. Abbiamo bisogno del perdono! Non funamboli, nel rischio e nella paura costante di cadere, ci vuole il Signore; ma pellegrini che, passo a passo, scalano la vetta luminosa del suo amore. Il cristiano non dovrebbe, anzitutto e tanto meno esclusivamente, chiedersi quante volte è caduto, proprio come un funambolo. Dovrebbe piuttosto chiedersi in quanti modi l’amore di Dio si è rivelato nelle persone, nelle situazioni, nelle ispirazioni, nelle gioie e nelle sofferenze del quotidiano pellegrinaggio. Da questa contemplazione della giornata che si fa lode, sarà più facile rilevare le distrazioni e le disattenzioni. Nel contrasto luminoso con tanti messaggi di amore da parte del Signore, il peccato risalterà maggiormente nella sua gravità. Quindi il tempo pasquale ci fa riconoscere come pellegrini verso l’amore: da schiavi, a mercenari, a figli. Cioè dalla paura della punizione e della preoccupazione del guadagno alla dignità e intimità di figlio. Attenti però, pellegrini: la docilità non è passività. Ci vuole attenzione. Attenzione necessaria per scegliere a ogni bivio la giusta strada. E ci vuole consapevolezza. Ad ogni bivio necessita la consapevolezza del peccato. Già il senso del peccato. Oggi molte persone dichiarano apertamente: non si comprende più nulla, non si riesce a capire con chiarezza quando è o non è peccato. Abbiamo in testa una grande confusione.

Qualcuno dice: ci saranno nella mia vita tanti atteggiamenti, comportamenti che io non reputo “peccato” e magari lo sono. Come fare per riavere più chiarezza nel definire il bene e il male? Come dire ad un’azione, ad un gesto: questo è peccato?  Un piccolo suggerimento, in questo tempo pasquale: prendiamo in mano il Vangelo, leggiamo più di frequente. Questa Parola illuminerà la nostra coscienza, ci aiuterà a prendere maggior consapevolezza

Don Giuseppe