La ricezione di un Sinodo
Un’assemblea sinodale si svolge in un periodo determinato, con alcune sessioni dove i partecipanti hanno il tempo e la possibilità di confrontarsi su diversi temi di vita ecclesiale. Al termine dei lavori, alla Chiesa diocesana verrà consegnato un libro sinodale che, nell’interpretazione più diffusa, non è un libro il cui autore unico è il vescovo, semmai è un documento che, sotto la guida del pastore, un’intera assemblea sinodale consegna alla Chiesa locale. Terminato un Sinodo, comincia il tempo in cui la grazia e le decisioni di questo avvenimento si spandono nella vita della Chiesa. Non si tratta di norme da applicare freddamente alla vita delle parrocchie, ma di una grazia che chiede di distendersi sempre di più. Perché – non dimentichiamolo mai – un Sinodo non è un conciliabolo di gente che negozia decisioni, ma un evento dello Spirito. E lo Spirito sarà presente materialmente nella vita di tante comunità dove magari solo pochi membri sono stati fisicamente presenti all’assemblea sinodale, ma che comunque partecipano della sua grazia. Così comincerà il delicato momento dell’accoglienza di un Sinodo perché non rimanga lettera morta. La ricezione di un Sinodo non è mai obbedienza passiva, ma continua opera di interpretazione e di attualizzazione delle sue norme e del suo spirito. Perché un Sinodo è un momento importante nel cammino di una Chiesa, un momento che va accolto e fatto proprio, ma non è l’estenuazione della sua vita. Dopo aver incontrato il Risorto, si scopre che Gesù 8 è sempre un po’ altrove: bisogna compiere un viaggio, tornare in Galilea, ricordare le parole che lui ha pronunciato, applicarle ad una missione che non si poteva prevedere in anticipo. Ma il ricordo di una comunione, di un cammino che si è percorso insieme, renderà i cristiani chiaroveggenti: saranno capaci di intuire le tracce di Dio su un terreno quotidiano che spesso ci sembra così anonimo e così spoglio.