“Quando l’altro diventa oggetto”
La Lussuria è un vizio del corpo. È relativa alla sessualità. La sessualità non è una parte corporea dominata dal desiderio del piacere, ma è un modo di essere persona umana.
L’uomo e la donna sono sessuati in tutte le cellule del loro corpo e in tutte le espressioni della loro vita.
La sessualità è forza di relazione in cui l’uomo e la donna comunicando in un rapporto interpersonale si comunicano a vicenda la loro vita. Il tradimento e la perversione maggiore della sessualità avviene quando la sessualità non è più vissuta come comunicazione feconda di vita, ma come ricerca di piacere fisico nel quale ognuno dei due si chiude, impedendosi di comunicare. Non è più forza di dialogo e di umanizzazione, ma diventa forza di piacere e di incomunicabilità. In questa concezione il peccato maggiore contro la sessualità è il peccato di mancanza di amore. L’uomo e la donna non si uniscono nel linguaggio dell’amore, ma nel mutismo del piacere. La lussuria è proprio questo tradimento della sessualità. Riduce la persona a due corpi in cerca di piacere e attenua o addirittura annulla tutta la capacità di relazione feconda che la sessualità porta dentro di sé. La lussuria non è solo l’immersione della persona nel piacere fisico, ma la negazione della comunicazione di amore e il rispetto dovuto alla persona.
Tuttavia l’affermazione di Gesù: “Dal cuore umano escono fornicazioni, concupiscenze, impudicizia”, ci rende coscienti che la lussuria è anche “un vizio dell’anima”, che nasce dal cuore e che a partire dal cuore va combattuta. Chi è preda di questo “pensiero” assolutizza la propria pulsione e nega la relazione con l’altro, compiendo una scissione della propria personalità e una “codificazione” dell’altro. Eppure questa passione nasce nello spazio della sessualità voluta da Dio, il quale, all’atto di creare l’uomo e la donna, “li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi”.
Il desiderio sessuale è santo, è un invito a un cammino verso la comunione: il piacere sessuale è un fenomeno complesso, che non riguarda solo la genialità ma la persona intera. Esso è l’epifania del dono di sé all’altro, è il coronamento dell’unione e, come tale, è inscritto nella storia d’amore di un uomo e di una donna; al contrario, la lussuria consiste nell’intendere il piacere come qualcosa che è scisso dai soggetti ed è perciò una ferita inferta a se stessi, all’altro e, in definitiva, a quel Dio di cui l’essere umano è immagine.
Si inizia a essere preda della lussuria con quello sguardo vorace che è già un acconsentire alla tentazione, come Gesù ha avvertito: “Chiunque guarda una donna con concupiscenza ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”. Egli ha anche detto: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”, per indicare che solo la percezione del mistero dell’altro può aprire al dono della conoscenza di Dio.
Non è possibile pensare di “vedere Dio”, se non si è imparato a vedere l’altro nella sua verità, cioè come soggetto e oggetto di amore e di libertà: “Chi non ama suo fratello che vede, non può amare Dio che non vede”. Ecco perché Paolo potrà scrivere: “Il corpo non è per la fornicazione, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo … Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo e che non appartenete a voi stessi?”. La grande tradizione cristiana insegna che per affrontare la lussuria occorre un’igiene dei pensieri, una lotta per dominare fantasie sessuali distorte, e così poter accedere alla percezione del mistero del corpo, il proprio e quello altrui.