Con cuore di Padre

Breve riflessione nell’anno di San Giuseppe

Gesù ha scoperto la paternità di Dio attraverso quella di Giuseppe.
È un meccanismo insito in ogni autentica esperienza spirituale: tutto quello che di relazionale viviamo, lo travasiamo tale e quale nella nostra esperienza spirituale, e viceversa. Così, se umanamente parlando facciamo fatica a fidarci degli altri, perché magari abbiamo fatto esperienze che ci hanno fatto soffrire proprio nell’affidamento e nella paura di un rapporto, troveremo ugualmente difficile fidarci di Dio a affidarci a Lui. Se guariamo nella fiducia con Dio, porteremo guarigione anche nelle nostre relazioni orizzontali.
L’esperienza che Gesù fa della paternità è positiva e, per questo, lui riesce a rapportarsi al suo vero Padre senza impedimenti. Giuseppe lo ha preparato a questa relazione verticale che non è solo testimoniata da tutte le volte in cui, nel Vangelo, il cielo conferma la predilezione che Dio ha per Gesù definendolo amaro, con la fiducia addosso, ma è soprattutto mostrato dal modo con cui Gesù accetta di morire in Croce. Pur sentendosi solo non smette di fidarsi di suo Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.
Imparare a vivere significa anche imparare a morire.
Giuseppe dà a Gesù la capacità di saper fare entrambe le cose.
La sua umanità funge per lui da segno di qualcosa di più grande.
Tutti abbiamo bisogno di esperienze relazionali positive che ci aiutino nel nostro rapporto con Dio e con noi stessi.
Giuseppe è un potente intercessore anche per questa necessità.