Solo l’amore rende capace di amare

Amare Dio vuol dire consacrare a lui tutti gli affetti, tutti i pensieri, tutte le forze e tutta l’anima, perché tutte le azioni abbiano per motivo e fine l’amore di lui. “Ascolta Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6,4).

Ogni atto moralmente positivo è però anche un atto d’amore che fa uscire da se stessi e fa congiungere con l’amato: “Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia” (Cantico dei Cantici 3,2). Chi ama Dio è unito a lui e lo conosce in modo nuovo.

L’amore di cui è capace l’uomo nasce da un amore che lo precede perché gli è stato donato. Nel cammino verso la carità, dunque, emerge sempre più la contemplazione di un volto: quello di Dio.

I peccati contro la Carità

Ogni peccato mortale distrugge la Carità. I peccati contro di essa si distinguono molto facilmente.

La maldicenza: maledire il fratello con parole e gesti. Una parola può edificare la vita dell’altro, può risanare un’anima, oppure ucciderla con malvagità e disprezzo.

La calunnia: dire il falso riguardo ad un’altra persona, accusandola per cose di cui non ha colpa. Il rancore: portare rabbia nel proprio cuore verso qualcuno per litigi, per invidie o cupidigia.

I giudizi: condannare l’altro senza conoscere che cosa ci sia nel suo cuore, considerando che il cuore di ogni singola persona lo conosce solo Dio. L’unico giudizio che l’uomo può dare è legato a tutte quelle condizioni in cui l’essere insieme è oggettivamente deviato, leso e disonorato da determinate situazioni che impediscono di vivere la carità fraterna.

L’odio: il peccato più orribile, la negazione del bene, dell’amore, delle belle opere, del perdono.

La Carità

La Carità è passione per il vivente, trasmissione di vita, fecondità, gratuità, tenerezza, calore, dolcezza, compassione, bellezza. Dire carità è dire amore. Il termine amore molte volte subisce violenza, quando è usato senza consistenza e con trascurata superficialità. Questa parola richiede invece di gustare il vero senso di ciò che contiene e racconta, perché attraversa la vita stessa dell’uomo e ne dice la storia. L’amore è nella profondità stessa della vita, con tutti i suoi sapori, i suoi stupori, i suoi silenzi. Dio è amore, ma Dio si dice amore con la vita oltre che con la parola: attraverso la rivelazione di se stesso ha detto l’amore, ha mostrato l’amore, si è fatto conoscere come l’Amore.

La Carità: fonte e fine della vita cristiana

La Carità è la virtù per eccellenza, perché per mezzo di essa la volontà esce da sé e riposa in Dio: “Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare”. Da essa scaturiscono le opere generate dalla sapienza che viene da Dio, è in Dio e va verso Dio: la sapienza, infatti, “manifesta la sua nobile origine vivendo in comunione con Dio, poiché il Signore dell’universo l’ha amata; è iniziata alla scienza di Dio e discerne le sue opere. Se la ricchezza è un bene desiderabile in vita, che cosa c’è di più ricco della sapienza che opera tutto?” (Sapienza 8,3-5)

Una gioia promessa

La Speranza non è finto ottimismo. Il cristiano non crede in qualcosa di finito, che non ha un seguito, ma nella vita eterna promessa da Dio agli uomini che persevereranno fino alla fine nell’amore. Per chi non crede e per chi si riduce al “dove andremo a finire?”, la Speranza non è di casa, ma è solo qualcosa di astratto.

Il credente non si pone questi interrogativi perché la sua Speranza è certa dell’intervento di Dio, nei tempi di Dio e nella sua volontà. A chi crede è data la possibilità di vivere il “già e non ancora”, dove si sperimentano la gioia e l’entusiasmo nel poter contemplare l’amore di Dio.

Entusiasmo, fortezza e responsabilità

La Speranza è accompagnata da entusiasmo, fortezza e responsabilità:

· dall’entusiasmo, perché se si è in Cristo, la sua gioia è nel cuore dell’uomo e in questa gioia vi è la vita: questo permette di vivere con gusto la propria esistenza, di assaporarla veramente, di dire grazie a Dio per il dono stesso della vita donata, per il dono delle persone che ci circondano, per la possibilità di vivere con loro relazioni autentiche;

· dalla fortezza, perché il cristiano che vive nella Speranza non si ferma davanti a niente, nemmeno davanti alle persecuzioni: un esempio sono i martiri, uomini e donne che hanno creduto e sperato fino alla fine, senza mai stancarsi, senza mai tirarsi indietro;

· dalla responsabilità, perché la Chiesa di Cristo risorto è chiamata a vivere la Speranza, a dare Speranza a vite concrete, mostrando che vale la pena vivere e morire per Cristo, chiamare la vita bella e felice, buona e piena perché abitata dalla Speranza, sull’esempio stesso del Figlio di Dio.

Andare oltre lo scoraggiamento

La Speranza suscita fiducia e ardimento, è coraggio paziente e perseverante che non cede allo scoraggiamento. La Speranza va espressa in tutte le circostanze della vita come possibilità più grande di libertà umana: essa comporta l’accettazione non rassegnata della storia e non genera disprezzo.

La virtù della Speranza evita ai credenti di farsi prendere dallo sconforto non solo in rapporto alla vita dopo la morte, ma anche alla vita presente, alle situazioni che si vivono nel quotidiano, belle o brutte che siano, di gioia o di tribolazione. Dilata il cuore, lo preserva dall’egoismo, lo invita alla gioia della carità a cui è fortemente legata e infine permette di vivere l’attesa della beatitudine eterna con giusta moderazione.

Il cristiano è tale quando ha trovato in Cristo la propria Speranza, ha trovato il senso ultimo che illumina tutta la realtà e così anche la qualità nelle sue relazioni.“È solo la Speranza che ci fa propriamente cristiani (sant’Agostino)”. Il cristiano non vive solo di “cose”, ma di “sostanza”, di “senso”, di “relazioni”, perché la Speranza non va commentata, ma vissuta!

La speranza: pegno di vita eterna

La Speranza è una delle virtù teologali, e ha la sua sorgente e la sua meta in Dio. In essa il cristiano professa una gioia già presente a causa della salvezza e attesta un cammino verso una gioia sempre più grande, quella della vita eterna. Nella Speranza si vive l’oggi come “degustazione” gioiosa del “poi” che il cristiano attende di vivere in Dio. Il filo conduttore delle Scritture ebraico-cristiane è teso verso il futuro messianico, verso la pienezza della vita in Cristo sposo dell’umanità: “Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni! E chi ascolta ripeta: Vieni! Colui che attesta queste cose afferma: Sì, verrò presto! Vieni Signore Gesù!”. (Apocalisse 22,17.20)

Al di fuori della Speranza è difficile considerare la salvezza eterna e la beatitudine. Vivere senza Speranza è avere paura della morte, dei propri limiti, delle proprie fragilità. La Speranza permette di vedere oltre, di assaporare realmente la vita di oggi in prospettiva di quella futura.

I movimenti del cuore: conoscere l’amore

“Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sradicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe” (Luca 17,6). È Dio che invita l’uomo a uscire da sé per andare verso la verità e l’amore. Nella fede non sono attive solo alcune funzioni umane, ma tutta la persona. Nella Bibbia, infatti, quando, si parla di cuore cisi riferisce all’intera persona: l’intelletto, il volere, l’affettività. In queste dimensioni l’uomo si apre alla verità e all’amore e in queste si lascia toccare e trasformare nel profondo. Avere fede non vuol dire abbandonarsi alla “cieca”, cancellando il proprio pensiero, e nemmeno andare a trovare ragioni per cose che sono sempre più grandi del limite che accompagna la propria esistenza. Sono erronei a riguardo sia la razionalità sia il fideismo. Fede e ragione, più che scontarsi, dovrebbero unirsi per spiccare il volo. Sono come le due ali con le quali lo spirito umano si innalza verso la contemplazione della verità.

Fede è sinonimo di bellezza di vivere

Acquisire fede è acquisire bellezza del vivere; non consiste nell’uscire dalla propria vita, ma nell’entrarci sempre di più per scoprire la bellezza dell’esistenza con l’Autore della vita. “Tu mi hai sedotto Signore, e io mi sono lasciato sedurre; nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo”. (Geremia 20,7-9).

La fede è il “luogo” dove l’uomo riconosce che la qualità del vivere è una relazione con quel Dio che lo chiama e desidera stabilire con lui un’alleanza. Dio brama l’amicizia dell’uomo! Davanti alla proposta di Dio l’uomo è chiamato a prendere posizione con un atto decisivo, un atto di fede, uno slancio del cuore  accompagnato da fiducia e abbandono.