Da notare che Maria non risponde: “va bene, d’accordo, lo faccio”; oppure “accetto”; o anche: “d’accordo, se proprio lo devo fare”. Non c’è nella sua risposta alcun accenno di doverismo. Il termine greco esprime un auspicio, qualcosa per cui non si vede l’ora che accada. Maria risponde con entusiasmo. La fede cerca il gusto dello straordinario.
Si dice che “un santo triste è un triste santo”, ed è vero: la fede cerca quella parte di noi che è aperta alla bellezza, che si basa sul gusto, su un piacere, su qualche cosa di luminoso, di bello; non è fondamentalmente basata sul dovere. Che tristezza e che contro testimonianza quella di quei cristiani che fanno le cose per dovere. Maria ha capito: “io sono la serva del Signore, voglio questa cosa qui!”. Nell’assenso della fede c’è l’aprirsi ad una bellezza, ad un gusto, ad una sorpresa, a qualcosa di splendido. Questa ragazza ha capito: è meraviglioso passare dalla parte di Dio, è meraviglioso lasciarsi guidare da lui, è splendido entrare nell’avventura di Dio, è splendido credere! Noi lo diciamo, lo vogliamo dire: “Avvenga la tua Parola. Che bello, Signore”.
Dobbiamo cercare quella parte profonda di noi che risponde con gioia a Dio. Non vuol dire che non ci sia fatica e sofferenza nel dire certi sì a Dio. Certamente ci sono spade dentro il nostro cuore. ma nel profondo di noi stessi deve esserci qualcosa che si illumina. Se tutto è oscurità e ribellione, prepariamoci al disastro. “Avvenga di me secondo la tua parola”: entriamo in questa avventura, entriamo in questa grandezza, entriamo in questa bellezza.
Non lasciamoci paralizzare dall’ovvietà, dalle comodità, dall’abitudinario.
È lo straordinario, è l’inaspettato, è la novità di Dio che ci apre alla bellezza.
