Sabato 27 e domenica 28 giugno le offerte che verranno poste nella bussola all’ingresso della Chiesa, prima o dopo le sante Messe, saranno versate in Curia per la Carità del Papa

Sabato 27 e domenica 28 giugno le offerte che verranno poste nella bussola all’ingresso della Chiesa, prima o dopo le sante Messe, saranno versate in Curia per la Carità del Papa
L’eucaristia è ciò che trasforma la mia vita quotidiana. Quali effetti abbia sul quotidiano e in che modo essa lo trasformi, è difficile da spiegare, ma l’eucaristia è una specie di oasi quotidiana nella quale posso attingere alla sorgente della vita. Essa è alimento quotidiano che mi dà la forza di affrontare la vita di tutti i giorni con le sua attese e le sue sfide. Ognuno vivrà dell’eucaristia in modo diverso.
Per alcuni è importante meditare le letture della celebrazione eucaristica, attingendo da esse una frase che poi li accompagnerà per tutta la giornata. Si tratta soprattutto di quelle frasi che possono essere “traghettate” dalla celebrazione eucaristica nella vita di tutti i giorni, conferendole un’impronta particolare: quelle parole sono come degli occhiali attraverso cui osservare tutto ciò che accade.
Altri vivono invece dell’esperienza della comunione: per loro è importante, nel corso della giornata, pensare che non sono soli sul loro cammino, ma che Cristo – vera sorgente della vita e dell’amore – è insieme a loro. Vanno di continuo con il pensiero al ricordo di essere diventati una cosa sola con Cristo, sapendo di vivere dell’intimo rapporto con Lui. Essi vedono questo Cristo non solo in se stessi, ma anche nei fratelli e nelle loro sorelle e a motivo di questo li trattano diversamente, perché sono convinti di incontrare dappertutto il Signore. Ricordarsi dell’eucaristia nel bel mezzo dei conflitti quotidiani può farci intuire che, in tutti, esiste un nucleo positivo. Credere alla presenza di Cristo nell’altro aiuta a credere all’esistenza del bene nell’altro e alla possibilità di far venire alla luce questo bene.
Per altri è importante pensare che l’altare su cui si compie la loro offerta personale è la loro vita di tutti i giorni. Ciò che essi hanno celebrato in chiesa sull’altare – il sacrificio di Gesù per loro e la loro personale offerta a Dio – essi lo concretizzano nella fedeltà con cui adempiono ai loro doveri quotidiani, con cui esercitano la loro professione e servono le persone di cui si sono assunti la responsabilità, in famiglia, sul lavoro o nella comunità.
Il loro lavoro è dunque una specie di culto divino, un prolungamento dell’eucaristia. Chi prende sul serio l’eucaristia vedrà in modo diverso anche la commensalità, perché in ogni ritrovarsi a tavola affiora qualcosa del mistero dell’eucaristia. Tutto quello che mangiamo è un dono che Dio ci fa e che è permeato del suo Spirito e del suo amore: perciò è bene prendere i pasti con consapevolezza. Ogni pasto è, in fin dei conti, la celebrazione dell’amore di Dio: egli provvede per noi e ci ama.
In mezzo a tutti questi aiuti per ricordarsi dell’eucaristia, l’importante è che essa non resti confinata nella breve celebrazione, ma che faccia sentire tutto il suo effetto sulla nostra vita, che trasformi tutto in noi e attorno a noi.
Quando la Chiesa celebra l’Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione del suo Signore, questo evento centrale di salvezza è reso realmente presente e si effettua l’opera della nostra redenzione. Questo sacrificio è talmente decisivo per la salvezza del genere umano che Gesù Cristo l’ha compiuto ed è tornato al Padre soltanto dopo averci lasciato il mezzo per parteciparvi come se vi fossimo stati presenti. Ogni fedele può così prendervi parte e attingerne i frutti inesauribilmente. Questa è la fede, di cui le generazioni cristiane hanno vissuto lungo i secoli. Questa fede il Magistero della Chiesa ha continuamente ribadito con gioiosa gratitudine per l’inestimabile dono.Mistero grande, Mistero di misericordia. Che cosa Gesù poteva fare di più per noi? Davvero, nell’Eucaristia, ci mostra un amore che va fino «all’estremo», un amore che non conosce misura.
L’efficacia salvifica del sacrificio si realizza in pienezza quando ci si comunica ricevendo il corpo e il sangue del Signore. Il Sacrificio eucaristico è di per sé orientato all’unione intima di noi fedeli con Cristo attraverso la comunione: riceviamo Lui stesso che si è offerto per noi, il suo corpo che Egli ha consegnato per noi sulla Croce, il suo sangue che ha « versato per molti, in remissione dei peccati ». Ricordiamo le sue parole: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me». È Gesù stesso a rassicurarci che una tale unione, da Lui asserita in analogia a quella della vita trinitaria, si realizza veramente. L’Eucaristia è vero banchetto, in cui Cristo si offre come nutrimento. Quando, per la prima volta, Gesù annuncia questo cibo, gli ascoltatori rimangono stupiti e disorientati, costringendo il Maestro a sottolineare la verità oggettiva delle sue parole: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita».
Non si tratta di un alimento metaforico: «La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda».
Noi celebriamo l’Eucaristia nella consapevolezza che il suo prezzo fu la morte del Figlio – il sacrificio della sua vita, che in essa resta presente. Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo di questo calice, noi annunciamo la morte del Signore finché Egli venga, dice san Paolo. Ma sappiamo anche che da questa morte scaturisce la vita, perché Gesù l’ha trasformata in un gesto oblativo, in un atto di amore, mutandola così nel profondo: l’amore ha vinto la morte. Nella santa Eucaristia Egli dalla croce ci attira tutti a sé e ci fa diventare tralci della vite che è Egli stesso. Se rimaniamo uniti a Lui, allora porteremo frutto anche noi, allora anche da noi non verrà più l’aceto dell’autosufficienza, della scontentezza di Dio e della sua creazione, ma il vino buono della gioia in Dio e dell’amore verso il prossimo.
Don Giuseppe
oggi dalle ore 17 alle ore 18
L’intimità divina con il Cristo, nel silenzio della contemplazione, non ci allontana dai nostri contemporanei, ma, al contrario, ci rende attenti e aperti alle gioie e agli affanni degli uomini e allarga il cuore alle dimensioni del mondo.
Essa ci rende solidali verso i nostri fratelli in umanità, in particolare verso i più piccoli, che sono i prediletti del Signore. Attraverso l’adorazione, il cristiano contribuisce misteriosamente alla trasformazione radicale del mondo e alla diffusione del Vangelo. Ogni persona che prega il Salvatore trascina dietro di sé il mondo intero e lo eleva a Dio. Coloro che s’incontrano con il Signore svolgono dunque un eminente servizio; essi presentano a Cristo tutti coloro che non Lo conoscono o che sono lontani da Lui;
essi vegliano dinanzi a Lui, in loro nome. I fedeli, quando adorano Cristo presente nel Santissimo Sacramento, devono ricordarsi che questa presenza deriva dal Sacrificio e tende alla comunione sia sacramentale che spirituale.
Esorto, chi ne ha la possibilità, in preparazione alla Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, a vivere insieme una tre giorni di preparazione con l’adorazione Eucaristica comunitaria, poiché noi siamo tutti chiamati a rimanere in modo permanente in presenza di Dio, grazie a Colui che resterà con noi fino alla fine dei tempi.
Può essere bello, ma non è certo facile farsi pane. Significa che non puoi più vivere per te, ma per gli altri. Significa che devi essere disponibile, a tempo pieno. Significa che devi avere pazienza e mitezza, come il pane che si lascia impastare, cuocere e spezzare. Significa che devi essere umile, come il pane, che non figura nella lista delle specialità; ma è sempre lì per accompagnare. Significa che devi coltivare la tenerezza e la bontà, perché così è il pane, tenero e buono.
oggi dalle ore 17 alle ore 18
L’intimità divina con il Cristo, nel silenzio della contemplazione, non ci allontana dai nostri contemporanei, ma, al contrario, ci rende attenti e aperti alle gioie e agli affanni degli uomini e allarga il cuore alle dimensioni del mondo.
Essa ci rende solidali verso i nostri fratelli in umanità, in particolare verso i più piccoli, che sono i prediletti del Signore. Attraverso l’adorazione, il cristiano contribuisce misteriosamente alla trasformazione radicale del mondo e alla diffusione del Vangelo. Ogni persona che prega il Salvatore trascina dietro di sé il mondo intero e lo eleva a Dio. Coloro che s’incontrano con il Signore svolgono dunque un eminente servizio; essi presentano a Cristo tutti coloro che non Lo conoscono o che sono lontani da Lui;
essi vegliano dinanzi a Lui, in loro nome. I fedeli, quando adorano Cristo presente nel Santissimo Sacramento, devono ricordarsi che questa presenza deriva dal Sacrificio e tende alla comunione sia sacramentale che spirituale.
Esorto, chi ne ha la possibilità, in preparazione alla Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, a vivere insieme una tre giorni di preparazione con l’adorazione Eucaristica comunitaria, poiché noi siamo tutti chiamati a rimanere in modo permanente in presenza di Dio, grazie a Colui che resterà con noi fino alla fine dei tempi.
oggi dalle ore 17 alle ore 18
L’intimità divina con il Cristo, nel silenzio della contemplazione, non ci allontana dai nostri contemporanei, ma, al contrario, ci rende attenti e aperti alle gioie e agli affanni degli uomini e allarga il cuore alle dimensioni del mondo.
Essa ci rende solidali verso i nostri fratelli in umanità, in particolare verso i più piccoli, che sono i prediletti del Signore. Attraverso l’adorazione, il cristiano contribuisce misteriosamente alla trasformazione radicale del mondo e alla diffusione del Vangelo. Ogni persona che prega il Salvatore trascina dietro di sé il mondo intero e lo eleva a Dio. Coloro che s’incontrano con il Signore svolgono dunque un eminente servizio; essi presentano a Cristo tutti coloro che non Lo conoscono o che sono lontani da Lui;
essi vegliano dinanzi a Lui, in loro nome. I fedeli, quando adorano Cristo presente nel Santissimo Sacramento, devono ricordarsi che questa presenza deriva dal Sacrificio e tende alla comunione sia sacramentale che spirituale.
Esorto, chi ne ha la possibilità, in preparazione alla Solennità del Corpo e Sangue di Cristo, a vivere insieme una tre giorni di preparazione con l’adorazione Eucaristica comunitaria, poiché noi siamo tutti chiamati a rimanere in modo permanente in presenza di Dio, grazie a Colui che resterà con noi fino alla fine dei tempi.
Segui la celebrazione della Messa nella nostra chiesa parrocchiale in diretta streaming e partecipa scaricando le letture. Sarà possibile seguire la messa in streaming anche nelle prossime domeniche.
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“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”.
Davanti al comandamento nuovo, siamo in presenza non solo di una parola che esprime l’uomo Gesù tutto intero, ma siamo di fronte anche a una delle più alte sintesi a cui l’umanità è giunta. L’amore di un essere umano per un altro è forse la prova più ardua per ciascuno di noi, la testimonianza più alta di noi stessi; l’opera suprema di cui tutte le altre non sono che la preparazione.
Riconosciamolo, questo comando di Gesù ogni volta in più che lo ascoltiamo ci pare un’impresa impossibile, di fronte alla miseria di cui è fatto il nostro amore coniugale, fraterno e perfino quella convivenza sociale che ha nome solidarietà, ospitalità, aiuto.
Oppure, quando ci sforziamo di interiorizzarlo, il comandamento nuovo ci può anche far paura e atterrire; invece i comandi di Gesù devono essere per noi ragione di gioia. Come, infatti, non credere che, se il Signore risorto ci comanda di amarci come lui ci ha amati, è perché lui sa non soltanto che possiamo amarci, ma che lo possiamo in quel preciso modo, il suo.
Ecco il Vangelo della risurrezione: noi umani sì, siamo esseri mortali, ma possiamo amarci come Cristo ci ha amati. Ecco il cuore della fede pasquale. Confessare di essere risorti con Cristo significa credere che possiamo amarci come lui ci ha amati.
Don Giuseppe
Il grido pasquale “Cristo ha vinto la morte!” risuona nel momento stesso in cui attorno a noi la natura ritorna alla vita. Se nel lungo inverno tutto sembrava morto, a primavera la vita rinasce e noi umani partecipiamo a questa rinascita. Abbiamo l’impressione che la natura ci trascini con sé e in qualche modo ci costringa a celebrare con lei la vita che vince la morte. Nel nostro cuore tutto, come in primavera, può nascere un’altra volta, rivivere, rifiorire, risuscitare!
La nostra vita umana e spirituale, con i suoi tempi e le sue stagioni, con il suo ritmo quotidiano così ripetitivo e uniforme, in realtà forma un tutt’uno con il ritmo della natura. Ritmo umano e ritmo cosmico, ritmo dello spirito e ritmo della terra sono una cosa sola, a dire che la natura non è il fondale dei nostri giorni, la natura non vive solo attorno a noi, ma vive con noi fino a vivere in noi.
I cinquanta giorni pasquali sono un tempo liturgico perché sono iscritti nel libro della natura tanto quanto sono scritti nel libro liturgico. Confessare che Cristo è risorto significa riconoscere che in tutto ciò che esiste c’è un alito di vita, significa comprendere che in ogni cosa c’è il desiderio di vita e ogni essere contiene in sé la possibilità di rinascere. Con il Cristo l’intero cosmo è risuscitato, perché la promessa di vita eterna è rivolta a tutto il creato, niente e nessuno ne è escluso: uomini e donne, animali, creature animate e inanimate, tutto e tutti siamo fatti per la vita e non per la morte.
La spiritualità del tempo pasquale è ricchissima e per non sperperare tale ricchezza limitiamoci ai due doni del Risorto: il comandamento dell’amore e lo Spirito Santo.
Don Giuseppe
Parlare di gioia, in questo periodo sembra un controsenso o la solita impostura. L’epidemia che stiamo vivendo sembra proibirci anche solo di usare questo termine.
Che sofferenza la vita! Che peso giorno per giorno sentirsi addosso la malattia, la minaccia del virus, la paura, le preoccupazioni per l’oggi e per il domani! Che sofferenza la vita quando ti sembra di non avere più nessuna speranza, quando anche gli affetti più cari svaniscono e ti resta nelle mani soltanto un ricordo che rende ancora più dura la tristezza di ciò che hai perduto! Che sofferenza la vita quando non vedi più nulla davanti a te!
Che sofferenza! E qualcuno oggi ha il coraggio di parlare di gioia, di speranza! Povero illuso! Ma sì forse lo fa per dovere, per abitudine!
Eppure anche duemila anni fa un gruppo di discepoli viveva nelle stesse condizioni. Con la morte violenta e ignominiosa di Gesù sulla croce sembrava che tutto fosse finito. I discepoli videro in quella morte la fine delle loro speranze. Disillusi e rassegnati, fecero ritorno alle loro famiglie: il messaggio di Gesù sull’imminente venuta del regno di Dio sembrava sconfessato dalla sorte da Lui subita. La morte in croce di Gesù non venne avvertita soltanto come il fallimento di un uomo singolo, ma anche come una catastrofe pubblica della sua causa. Eppure, poco dopo questa fine ingloriosa, i suoi discepoli si ritrovano insieme in una prodigiosa unità e in una rinnovata speranza. Il segreto di questa comunione ritrovata e vissuta è la fede in un evento incredibile, apparentemente assurdo, eppure così reale, così vero da rendere ragione, da svelare il significato profondo di ogni parola, di ogni gesto, di ogni profezia del Maestro: Gesù è risorto, e vive in mezzo a loro, pervasi da una gioia incontenibile, e perciò urlata nella piazza di Gerusalemme, gremita di folla. La croce, il masso rotolato vai dal sepolcro, il corpo sparito, non possono lasciarli in pace, non possono scivolare via come una tra le tante notizie che si inseguono. Anche per noi la croce, il masso, il corpo sparito, non possono lasciarci in pace. Dobbiamo dare un giudizio. Dobbiamo prendere una decisione. Se quel sepolcro vuoto ci dice falsità, trucco, meschino raggiro, allora continuiamo a disperare, ad essere delusi e stanchi di questa vita!
Ma se Gesù è davvero risorto, se davvero quel sepolcro vuoto indica la potenza di Dio, allora non sono consentiti compromessi, assurdi rinvii, colpevoli ritardi: bisogna aprirsi al Signore della vita, bisogna permettergli di illuminare il nostro animo, di salvarci. C’è ancora la voglia di vivere, c’è ancora uno spiraglio di luce, c’è ancora un respiro, un battito lento del cuore che canta la sua antica canzone! Abbiamo ancora il coraggio di leggere, dentro le righe annebbiate e contorte della nostra piccola storia, quegli spazi di gioia che esse contengono. Che gioia ogni giorno scoprire in se stessi una voglia e una forza sempre nuova, un interesse sempre vivo per sé e per tutto ciò che ci circonda! Che gioia sapere seminare a ogni passo semi di vita, semi di novità, camminare sulle nostre strade con nel cuore il canto della propria ricchezza, del proprio desiderio di bellezza, di armonia, di pienezza: che gioia sentire ogni giorno ritmare dentro di sé la poesia della vita, la danza delle proprie capacità che urgono dentro ed esigono di venire realizzate! Che gioia ogni giorno accorgersi che nonostante il tempo, le difficoltà, gli insuccessi, c’è sempre uno zampillo che feconda le zolle più aride, c’è sempre una luce che invade gli anfratti più bui del cuore! Che gioia sentire di avere tra le mani tesori preziosi da spendere per la propria soddisfazione e per la ricchezza altrui, accorgersi che anche nei giorni più sterili c’è ancora un seme di vita, una possibilità che apre nuove avventure! Che gioia sapersi creature di Dio, compagni del suo compito di Creatore, sapersi strumenti liberi e intelligenti di un progetto mai compiuto e sempre realizzato perché corretto e completato dalla forza e dall’amore di Dio stesso! Che gioia sapersi e scoprirsi a immagine e somiglianza di Dio, con dentro quell’anelito di eterno e di infinito che genera slancio instancabile e imprime alla vita un ritmo senza pause e supera e guarisce le inevitabili sconfitte che non sono mai definitive. Che gioia poter rileggere nella propria piccola storia di ogni giorno l’infinito romanzo d’amore di un Dio che si dona tutto alla sua creatura perché possa realizzare la sua pienezza.
Che gioia sapersi amati da Dio, dal creatore, dall’immenso, dall’infinito, dall’eterno, e portare dentro di sé questo amore che è il senso stesso della propria vita!
Che gioia potersi dire vicendevolmente: oggi per me, per noi è veramente Pasqua, è la festa della vita ritrovata, della gioia eterna!
Don Giuseppe