Il tempo del riposo

E Gesù disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare (Marco 6,31).

L’evangelista Marco racconta il ritorno dei discepoli dalla missione: hanno sperimentato la potenza della Parola, ma anche la fatica e il rifiuto. Gesù li invita al riposo, in un luogo solitario, in sua compagnia: «Venite in disparte, voi soli, e riposatevi un po’».
Mi pare che qui si intenda il riposo come uno staccarsi dall’assillo delle solite e troppe cose. […] L’importante è che la tua vacanza non si riduca a uno “staccarsi” che ricade in un altro affanno.
Anche in vacanza, infatti, si può essere sommersi da troppi desideri e da troppe cose. Occorre una scelta e una purificazione, occorre un modo diverso di vivere il tempo e di guardare ciò che ci circonda.
Certamente si può vivere la pausa della vacanza in diverse maniere. Ma una modalità suggerita, per fare un esempio, dai Salmi 104 e 65, ci sembra fondamentale. Il Sal 104 è un inno agli splendori della creazione, una sorta di canto delle creature. O meglio: un inno a Dio che ha creato tutte le cose, e continua a prendersene cura. Osservando le creature, il salmista contempla Dio. Ma al tempo stesso – pieno di ammirazione e di gratitudine – vede che le cose di Dio sono sotto i nostri occhi, create da Dio perché le guardiamo, per goderle. Non costano nulla, e proprio perché non costano nulla – quindi non fatte da noi – sono da guardare: da guardare proprio perché non sono nostre, ma di Dio e, dunque, di tutti. Non si tratta necessariamente di cose grandiose, ma anche di cose normali, apparentemente piccole, povere, eppure bellissime. […]
La semplicità – ma potremmo anche dire la sobrietà – non è necessariamente rinuncia, ma un modo diverso di guardare. Siamo convinti che le cose di Dio sono doppiamente belle: belle perché regalate, doni goduti ma non posseduti; perché sempre a disposizione di chiunque.

O Dio, donaci del tempo. Impediscici di voler andare più veloci di quello che consente l’onda lunga del nostro cuore. Fa’ che abbiamo pazienza con noi stessi, perché il tempo fa progredire e risana, anche quando la sua lentezza ci innervosisce e siamo disturbati dal suo ritorno di fiamma.
Donaci del tempo per prendere e per apprendere perché non siamo proprio fatti per vincere senza convincere, per afferrare senza abitare, né per percorrere senza soggiornare.
Donaci la tenerezza che accompagna il desiderio e che permette l’amore.
Donaci anche del tempo per metterci a distanza e per guarire. Donaci di ritrovare il percorso della nostra esistenza attraverso i roveti delle passioni e il pietrame dei nostri graffi.
Donaci di accettare che il tempo della convalescenza proceda tanto lentamente quanto quello della febbre.