Il Dio della tenda è il Maestro, per ricostruire le nostre case traballanti, fondate sulla sabbia, case in cemento armato che conservano l’armatura, per difendere il proprio egoismo e difendersi da quello altrui, case che hanno perso il cemento per tenere uniti i mattoni inerti che si staccano e rendono invivibile uno spazio sforacchiato, aperto a tutte le intemperie.
La casa dell’Antico Testamento è il luogo in cui Dio abita, dove l’uomo può abitare, perché la si porta dietro, sulle spalle, nel cuore, perché è aperta alle relazioni, al dialogo, aperta allo Spirito.
La casa di carne è quella che più di ogni altra noi siamo chiamati a costruire, quella che in Cristo Gesù si realizza.
Rispondere alla domanda su chi è l’uomo, porta a progettare la casa dove possa abitare, una casa dove Dio dimora perché egli possa dimorare in Dio. La casa concepita non come fine, ma mezzo attraverso il quale il progetto degli uomini si trasforma in progetto di Dio, attraverso cui una casa di uomini diventa parte di Lui, parte della Sua casa. Dio è relazione, è comunione, è famiglia.
Nello sforzo di rendere visibile il Dio relazione d’amore, il Dio uno e trino, si costruisce la casa che può subire mille traslochi senza perdere mai la sua identità.
In una casa siffatta tutto appartiene a Dio e quindi vi prende stabile dimora la santità.
Partire dall’uomo primo Adamo, e tornare a Cristo, nuovo Adamo è l’unica strada per sapere di quale casa egli ha bisogno.
Una maestra di una scuola materna aveva portato la sua classe
a visitare una chiesa con le figure dei santi sulle vetrate luminose.
A scuola il parroco domanda ai bambini: “Chi sono i santi?”.
Un bambino risponde: “Sono quelli che fanno passare la luce”.