Professione di fede 14enni

Ai discepoli turbati a causa dell’annuncio, da parte di Gesù, della sua partenza, egli affida una direttiva chiara, li invita a superare la paura mediante la fede: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. Questa incondizionata fiducia è fondata sulla certezza che egli sarà “via, verità e vita”. Una promessa che ha lo scopo di stimolare i credenti, ma che mi ha portato la mente e il pensiero ai 14 enni della nostra comunità parrocchiale che domenica 24 maggio avrebbero dovuto professare pubblicamente la loro fede. Anche per loro un ricordo nella preghiera e una parola di incoraggiamento. Ricordatevi che la fede non è una conquista: l’iniziativa nell’amore è sempre del Signore, che ama e chiama per primo. La fede è dunque un dono che va accolto e custodito. Il Signore, con voi, attua il suo vecchio sistema: prende i piccoli, prende i giovani e li mette in alto; prende voi ragazzi e ragazze e ne fa dei discepoli. È il suo vecchio sistema.

Il Signore si fida, il Signore chiama perché tutto sia ben chiaro: tutto è opera sua, è tutto merito del solo Signore. Questo è liberante, perché ci rende suoi collaboratori. Quello che ci viene chiesto è la fede.

Il Signore non si preoccupa dei risultati, del far bella figura, di un prodotto finito, di garanzie o di profitto. Chiede solo disponibilità di cuore. L’atteggiamento umile di chi si fida, di chi mette la propria vita, la propria giovinezza nelle sue mani. Gesù vi sceglie non perché siete perfetti, ma perché vi ama. Non abbiate timore.

Fidatevi di Lui. Affidatevi a Lui. Rischiate la vita con Lui.

La via. Di strade ce ne sono tante. Tanti i sentieri che si imboccano per raggiungere la felicità, per conseguire uno sviluppo pieno delle proprie potenzialità, per trovare un benessere interiore o solo materiale. Strade diverse per obiettivi diversi. Strade in salita, anguste e strade comode, larghe, quasi in discesa. Gesù non si propone come una delle strade, ma come la “strada”.

La verità. Tante volte, nella vita delle famiglie, come nella vita quotidiana, su problemi piccoli o grandi, contingenti o di grande rilievo, ci si imbatte in proposte, soluzioni, modi di vedere diversi. E talvolta ci si accanisce ad esplorare quale sia l’opinione che raggiunge il consenso più alto. Ma non possiamo limitarci a quello che piace, a quello che è più opportuno, a quello che attira l’approvazione della maggioranza.

Essere cristiani vuol dire lasciarsi illuminare da Gesù.

Quarto atteggiamento: frutto dello Spirito è GIOVIALITA’

La gioia è l’atteggiamento che rende tutto più facile, che rende in particolare più facile il dono. Afferma infatti san Paolo: “Dio ama chi dona con gioia”, perché chi dona con gioia dona bene. Del resto al gioia è il fine di tutto ciò che Gesù ha detto: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. L’aspetto sociale della gioia è la capacità di rendere gli altri contenti. Non di “contentare” in qualunque modo, bensì di farli davvero contenti.

Terzo atteggiamento: frutto dello Spirito sono CORTESIA, MITEZZA E LONGANIMITA’

La cortesia è l’arte di accogliere, di incontrare l’altro facendogli sentire che è benvoluto, atteso, amato. È il dono di saper mettere ciascuno a proprio agio. L’opposto della cortesia è la scontrosità, il rispondere a monosillabi o con brontolii, è la freddezza che crea tensione e nervosismo.

La mitezza è un atteggiamento che facilmente viene frainteso, perché lo si confonde con la debolezza o la dabbenaggine. L’ira a cui si oppone la mitezza è quell’eccitazione che vuole il male dell’ altro, la collera in senso negativo o distruttivo. La mitezza è l’atteggiamento che spegne, modera la collera propria e altrui; è rispondere all’ira con la ragionevolezza, ed è una virtù essenziale nel rapporto sociale.

La longanimità è la virtù del buontempismo. È quell’atteggiamento che permette di superare la frustrazione  –  sensazione oggi assai diffusa a motivo della fretta che sempre ci incalza  – ,  di superare l’irritazione o lo scoraggiamento di fronte all’apparente sterilità dell’azione apostolica, educativa, formativa.

Quanti scoraggiamenti sarebbero evitati nelle famiglie, nella parrocchia se lasciassimo spazio allo Spirito Santo! Questa virtù, questo frutto dello Spirito è un messaggio prezioso per noi, perché ci invita ad avere coraggio, a resistere nella certezza che dalla resistenza ci verrà la gioia. Non è triste la longanimità, non pesa come un fardello, ma ci consente di seminare, magari con sofferenza, guardando al raccolto che ci sarà dato dalle mani di Dio.

Affidamento a Maria

Continua il mese di Maggio, questo mese consacrato dalla pietà dei fedeli a Maria Santissima. A lei continuiamo a ricorrere con l’intero slancio ed amore filiale di cui siamo capaci, manifestandoLe la nostra fiducia. Sì, abbiamo fiducia in Maria, confidiamo in Lei, le diciamo i nostri affanni, presentiamo le nostre attese, le nostre speranze. Guardiamo a Lei davvero come a dispensatrice di bontà, di assistenza, di gentilezza, di amicizia cristiana. Pensiamo alla indicibile fortuna di poterla chiamare Madre. Tra Maria e noi non c’è distanza. V’è la consuetudine che porta i figli a rivolgersi in ogni istante alla mamma, e a dire a Lei tutte le cose. Facciamolo anche con questa Madre celeste. Sentiamo vivo il desiderio di coordinare il più possibile la nostra vita al suo esempio.

Maria è il modello più perfetto per noi, la più santa. Se l’avviciniamo con fede e tenerezza, quasi scorgeremo  i raggi della sua bellezza e santità riverberarsi sopra di noi. Non dovrebbe mai passare una giornata senza che, da parte di tutti noi, rivolgiamo un saluto, un pensiero alla Madonna, per attrarre, in tal modo, un raggio di sole e di speranza sulla nostra vita. Maria si mette in viaggio, come già fece Abramo e come più tardi farà Gesù, e dopo di Lui, la Chiesa. La nostra vita deve essere un viaggio, fidandoci, come Maria, della Parola di Dio che ci chiama.

Ma questo viaggio verso Dio è anche un viaggio verso le creature. Come Dio è sceso dal cielo e si è fatto uomo, così Maria, la Piena di Grazia, la più grande, corre verso le creature che hanno bisogno di lei. Dobbiamo imparare a chinarci sugli altri, come ha fatto Dio, come fa Maria, perché gli altri sono importanti. Dio si è mosso “per primo”, Maria non aspetta di essere chiamata. Si mette in viaggio “in fretta”.

I veri cristiani sono sempre pronti all’azione di Dio. Il tempo che viviamo è importante: è questa la nostra occasione. Adesso, subito. Ricordate questa regola d’oro: “Passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamolo subito. Non rimandiamo a più tardi, né trascuriamolo poiché non passeremo nel mondo due volte”.

Dov’è andata a finire la chiarezza?

Viene in mente la famosa scena de i Promessi sposi, in cui il tremebondo don Abbondio cerca di spiegare a uno sbalordito Renzo che “questo matrimonio non s’ha da fare”. Il prete  farfuglia qualcosa a proposito degli “impedimenti dirimenti”: “Error, conditio, votum, cognatio, crimen, Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas, Si sis affinis …”.

Il giovane, frastornato, reagisce con vivacità: “Si piglia gioco di me? Che vuol ch’io faccia  del suo latinorum”.

Oggi, in tutti i campi,  –  dalla politica alla scienza, dalla religione alla psicologia, dalla letteratura alla medicina, dalla finanza al giornalismo  –  ci sono parecchi don Abbondio i quali, anche senza la minaccia dei bravi, pare si divertano a prendersi gioco di noi, poveri sprovveduti. Fanno sfoggio, non solo di citazioni latine (quasi sempre errate), ma anche di una terminologia astrusa, o ti sparano addosso una sventagliata di termini stranieri. E, anche quando parlano italiano sembra si esprimano in un’altra lingua. Capisco benissimo come non si possano talvolta evitare le rigorose esigenze imposte da un linguaggio scientifico.

Comprendo la necessità di non cadere nel semplicismo e in un eccesso di banalizzazione. Ma alcune volte si esagera e, quel che è peggio, lo si fa con evidente compiacimento, sbandierando una terminologia ermetica, il cui significato risulta precluso ai più. Certa retorica roboante, certe astruserie pseudo intellettuali stanno sul versante opposto rispetto al linguaggio, all’insegna della semplicità e immediatezza, adottato da Cristo. Se ascoltiamo anche una sola frase di Gesù, restiamo conquistati: le sue parole non temevano di passare attraverso la polvere delle strade, di penetrare nel fluire delle stagioni, di arricchirsi di immagini semplici, trasparenti, quotidiane. La chiarezza, purtroppo, oggi sta diventando una qualità sempre più rara, sia in chi parla sia in chi scrive. Per certi maestri sembra che la chiarezza sia un peccato.  La scambiano per superficialità, dilettantismo, scarsa serietà, pressappochismo. Lasciano intendere che è legittimato a scrivere o parlare solo chi ha superato gli esami dell’oscurità, per cui diventa abilitato a rendere incomprensibili anche le questioni più elementari, ingarbugliare i problemi più facili. Non si rendono conto che è possibile  –  e doveroso!  –  dire cose importanti senza annoiare, trasmettere pensieri profondi senza obbligatoriamente ricorrere a un gergo enigmatico e contorto.

La prima cosa da capire è che bisogna farsi capire.

E il grande esegeta  –  nonché sensibilissimo poeta  –  Luis Alonso Schokel, scomparso nel 1999, ribatteva nella testa dei suoi studenti dell’Istituto Biblico di Roma questo chiodo: “Ricordate che chiarità è carità”. Sì, la chiarezza dice rispetto delle persone. Mentre l’oscurità, specie se voluta, magari camuffata da scientificità, denota un evidente disprezzo degli altri. Dobbiamo osare la chiarezza. E dobbiamo esigerla anche dagli altri. Chi sembra divertirsi a non farsi capire, in realtà è uno che sta architettando una frode nei confronti del prossimo. Urge, perciò, smascherare questi imbroglioni. C’è da stare alla larga da chi non ha le carte in regola con la chiarezza. Bisogna diffidare di chi non va d’accordo con la semplicità. Quanto più le cose sono difficili, tanto più occorre spiegarle in maniera facile. E se certe faccende appaiono complesse e ingarbugliate, uno ha diritto di … vederci chiaro.

Associazione Il Bambù – 5×1000

Avvicinandosi la scadenza per la compilazione della “Dichiarazione dei redditi 2020″, relativa ai redditi dell’anno 2019, rivolgiamo un forte invito, per tutti coloro che hanno l’obbligo di compilare il MOD. 730 o il MOD. UNICO, a ricordarsi della locale Associazione Il Bambù nel momento in cui verrà effettuata la scelta del 5 per mille.

Basterà soltanto inserire nella apposita casella il seguente numero di CODICE FISCALE: 90517840154

L’invito viene esteso anche per coloro (pensionati o lavoratori) che, pur non avendo l’obbligo di inviare alla Agenzia delle Entrate la denuncia dei redditi, possono comunque effettuare la scelta del 5 per mille a favore della nostra organizzazione di volontariato.

Tale scelta non comporta alcun costo e non impedisce al soggetto che la effettua di scegliere anche la Chiesa Cattolica per l’otto per mille.
Una adesione generosa e massiccia ci consentirà, con l’aiuto indispensabile dei volontari, che ancora una volta ringraziamo, di sostenere e fornire un concreto aiuto a persone e famiglie che ne hanno bisogno.

Antonio Mariani – Presidente Associazione “Il Bambù”

Secondo atteggiamento: frutto dello Spirito è AUTOCONTROLLO

È l’atteggiamento che esige da sé il rispetto dell’altro e che tiene a bada i propri sentimenti o istinti di potere, di prevaricazione, la voglia di approfittare di chi ci sta intorno quando è un po’ più debole, più povero, meno colto di noi. L’autocontrollo evita ogni senso di superiorità, ogni violenza non solo fisica ma pure verbale nei rapporti; evita anche ogni violenza morale, ogni violenza subdola. L’autocontrollo evita lo sfruttamento della dignità altrui, l’abuso che è sempre brutto e diviene drammatico allorché viene fatto su minori. Dobbiamo però sottolineare che non c’è soltanto l’abuso sui minori; si può ugualmente abusare di un adulto e con apparente consenso da parte sua, sfruttandolo o calpestandone la dignità, magari per denaro.

È perciò fondamentale questo frutto dello Spirito che evita di cercare il proprio tornaconto, il proprio comodo, il proprio piacere a danno della dignità o dell’interesse di una persona. È, possiamo dire, una virtù sociale basilare.

S. Messa ore 10.30 in streaming

VI Domenica di Pasqua

Segui la celebrazione della Messa nella nostra chiesa parrocchiale in diretta streaming e partecipa scaricando le letture. Sarà possibile seguire la messa in streaming anche nelle prossime domeniche.

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Primo atteggiamento: frutto dello Spirito è AMORE

Il primo dei 9 atteggiamenti dello Spirito, è l’amore che comprende in qualche modo tutti gli altri. Ci sarebbe molto da dire sulla parola “Amore”, ma usiamo la semplicità e indichiamo due significati che sono nel contesto della lettera di Paolo ai Galati.

  1. Uno, molto generale, è quello dell’amore di Dio diffuso nei nostri cuori, l’atteggiamento che riassume tutta la morale evangelica, e infatti Paolo ha affermato: “Tutta la legge trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso”. In un certo senso, iniziando con il “frutto dello Spirito è amore”, ha già detto tutto.
  2. Però questa parola ha un’altra sfumatura, un senso più specifico, che la farebbe tradurre piuttosto come “cordialità” o “simpatia” o “cuore buono”. È allora un atteggiamento tipico dell’interiorità; è la presupposizione interiore al pensare bene, al parlare bene, all’agire bene. È la capacità immediata di capire le sofferenze e le gioie di chi ci sta intorno; è una sorta di simpatia istintiva, è il cuore largo, pronto, radice di tutta la morale. La cordialità frutto dello Spirito è la volontà di donarsi, è un amore che vuole comunicare ad altri se stesso ancora prima di cose buone; è la capacità di entrare in sintonia profonda fin dall’inizio. L’amore, la cordialità è la virtù per la quale risplendono persino le cose più piccole, e i gesti semplici diventano belli e costruttivi.

Un pensiero per i cresimandi

Carissimi Cresimandi, il mio pensiero va anche a voi. Siete una bella e  numerosa squadra: ben 19.

Domenica 17 maggio sarebbe stato il giorno in cui avreste dovute ricevere il Sacramento della Cresima, essere Riconfermati nel dono dello Spirito Santo. Un altro giorno di festa, di gioia che, a causa pandemia, verrà rinviato, come è successo in questo periodo per tanti altri appuntamenti parrocchiali e familiari. Anche per voi e ai vostri familiari, assicuro in questo giorno un ricordo nella preghiera.

Una cosa è sicura: questo tempo di attesa che si prolunga non potete lasciarlo trascorrere inosservato, come se nulla stesse accadendo. Non accantonate il pensiero della Cresima, per poi riprenderlo a tempo opportuno. Questi mesi, siano per tutti voi, un’occasione propizia per continuare a prepararvi, al momento senza  incontri di catechesi, nella preghiera con i vostri familiari. Continuate ad invocare lo Spirito Santo.

E’ anche questo un tempo importante! Avete mai pensato che lo Spirito Santo, che dona forza, energia e vita, è l’accrescitore per eccellenza? Ecco perché il tempo della vostra crescita è il tempo della cresima. Dentro ognuno di voi c’è un seme, un seme potente: Dio vive e lavora dentro di voi per la vostra crescita. Egli, dentro di voi, giorno dopo giorno, silenziosamente, cresce con forza inesauribile, e da piccolo seme diviene grande albero. Come ogni seme anche questo deve essere coltivato con costanza e attenzione.

A voi il Signore affida il compito di essere i contadini della vostra vita. Non per essere zizzania ma per essere il buon grano, come lui ci ha insegnato nelle parabole. Cammin facendo vi accorgerete che, se da Dio vengono i doni, se da Lui viene la grazia, quasi nulla sboccerà senza la vostra collaborazione, il vostro impegno, la vostra fatica.