Altri 17 pacchi alimentari consegnati

Anche questo appuntamento quindicinale con la solidarietà è stato rispettato. Martedì  12 maggio, 17 pacchi predisposti dalla nostra Associazione sono stati consegnati dalla Protezione Civile del nostro Comune, che ringraziamo nuovamente,  ad altrettanti nuclei famigliari  (per un totale di 47 persone raggiunte).

Finora lo abbiamo fatto, e continueremo a farlo, grazie anche alla generosità di alcune famiglie sanfioranesi che aderendo alla iniziativa “IL CESTO DELLA SOLIDARIETA’” hanno continuato a portare in chiesa generi alimentari di prima necessità da distribuire a chi ne ha bisogno. Questo ci spinge a confermare tale iniziativa per tutto il periodo di emergenza.

Prima del coronavirus, i nostri assistiti si aggiravano mediamente su 10/12 nuclei famigliari; ora hanno raggiunto quota 17 e purtroppo si prevede che nei prossimi giorni tale numero possa aumentare. Per questo motivo desideriamo aggiornare puntualmente i lettori del sito parrocchiale per tener viva (e possibilmente aumentare!) quella solidarietà che famiglie più fortunate e generose hanno ben interpretato  con l’acquisto di generi alimentare a favore dei più sfortunati.

Ovviamente per ragioni di sicurezza la sede rimane chiusa ed alcune attività si sono ridotte; per alcune emergenze, però, cerchiamo di dare comunque un dare il nostro aiuto (telefonicamente o di presenza) a soggetti che hanno particolari necessità.

Il frutto dello Spirito nella vita quotidiana

Un testo della Lettera di Paolo ai Galati (Gal 5,22-24) così inizia: “Il frutto dello Spirito …”. I versetti precedenti parlano di 14 azioni vergognose e devastanti. Certo sarebbe stato logico contrapporre alle “opere” della carne le “opere” dello Spirito, ma con il termine frutto l’apostolo sottolinea che quegli atteggiamenti costruttivi non sono opere nostre, ma dono, frutto, cioè qualcosa di gradito, di affascinante, di bello, di naturale, di spontaneo, di lieto, di gioioso, di gustoso come un frutto. Nascono dall’albero dello Spirito. Noi li viviamo, li compiamo, però è lo Spirito che li produce in noi.

Ci aspetteremmo il plurale “frutti”, visto che Paolo parla di 9 atteggiamenti. Scegliendo la dizione al singolare Paolo probabilmente vuole far notare l’unicità della vita nuova, in confronto con la frantumazione tipica della vita secondo la carne, della vita mondana. La realtà costruttiva che lo Spirito mette in noi non è solo per alcuni eletti, non ha carattere straordinario; è parte della vita di ogni giorno. Nel testo paolino si delinea allora un’immagine di uomo e di donna piena di frutti dello Spirito. Che si esprime in tre modi tipici della mentalità biblica: nel cuore, cioè nei sentimenti più profondi; nella bocca, cioè nel dialogare, nell’accostare la gente; nelle mani, cioè nell’azione.

Potremmo parlare di una morale del cuore, di una morale della bocca, di una morale della mano. Si tratta di una ricchezza di umanità che ci rende inventivi, creativi, positivi, capaci di dare gioia. I 9 atteggiamenti che esprimono il frutto dello Spirito sono: in parte atteggiamenti del cuore (amore, gioia, pace); in parte della bocca (benevolenza, cortesia, dolcezza nell’avvicinare gli altri); in parte delle mani (bontà, fedeltà, dominio di sé), e tutti descrivono la bellezza di una vita secondo il Vangelo.

Sospensione delle attività estive

Vista l’emergenza sanitaria che ci ha profondamente colpito, il consiglio dell’oratorio in linea con i decreti emanati dal governo e le linee guida della Diocesi, ha deciso di sospendere per questa estate le iniziative in programma.

Non si svolgerà il GREST e non si farà il CAMPOSCUOLA.

È stata un decisione difficile e molto sofferta perché crediamo fermamente nella valenza educativa di queste esperienze, ma siamo stati costretti dagli eventi a procedere in questa direzione.

Alle famiglie che avevano già iscritto i loro figli al camposcuola versando la caparra comunichiamo che i soldi verranno restituiti appena possibile.

A Messa in sicurezza

Dal 18 maggio le celebrazioni sono aperte ai fedeli, ma è necessario rispettare alcune regole imprescindibili:

  • è obbligatorio indossare la mascherina per tutta la durata della messa e anche durante l’attesa all’esterno;
  • la chiesa sarà accessibile mezz’ora prima che inizi la celebrazione, pertanto si sconsiglia di arrivare all’ultimo momento, o dopo l’orario dell’inizio della funzione. Durante l’attesa i fedeli saranno invitati a mettersi in fila, mantenendo almeno un metro di distanza gli uni dagli altri;
  • prima di entrare in chiesa, un volontario si occuperà di aiutare i fedeli nella igienizzazione delle mani e misurerà la temperatura. A chi presenta febbre uguale o superiore a 37.5 gradi non sarà consentito l’ingresso;
  • una volta entrati in chiesa, sarà un volontario a indicare dove sedersi. I posti disponibili saranno contrassegnati da un bollino verde;
  • durante la messa è vietato muoversi dal proprio posto, salvo situazioni di emergenza. Sarà il sacerdote a distribuire l’Eucarestia direttamente tra le panche. Chi intende fare la comunione è invitato a stare in piedi;
  • durante la messa, non ci sarà il segno della pace. Niente raccolta delle offerte tra le panche, ma sarà posizionata una cassetta all’ingresso;
  • la chiesa, a causa del distanziamento sociale, avrà soltanto 54 posti. Se la messa sarà già al completo, potrà essere chiesto ai fedeli rimasti in coda di tornare a casa;
  • nel fine settimana, ogni fedele è invitato a partecipare a una sola messa.

Qui sotto la planimetria della Chiesa, nella quale potete vedere la disponibilità e la disposizione dei posti a sedere.

Grazie per la collaborazione!

Nostra Signora di Fatima

Alle ore 18.00 recita del Rosario affidandoci alla B.V. Maria di Fatima

Era il 13 maggio 1917 quando una signora “più splendente del sole” apparve a tre pastorelli, in quello sperduto villaggio del Portogallo, annunciando un messaggio che, nonostante il rumore del male, è ancora attuale. È un richiamo alla penitenza, alla preghiera e alla conversione, quello trasmesso dalla Vergine Maria, un invito a guardare, con lo stupore dell’innocenza che fu dei tre giovanissimi veggenti, alla vita di Cristo.

O Madre degli uomini e dei popoli, Voi che conoscete tutte le sofferenze e le loro speranze, voi che maternamente sentite tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogliete il nostro grido che, mossi dallo Spirito Santo, eleviamo al vostro Cuore, e abbracciate con amore di Madre e di Serva del Signore questo nostro mondo umano, che Vi affidiamo, pieni di inquietudine per la sorte terrena degli uomini e dei popoli.


Dite ogni giorno il rosario insieme con i vostri familiari”

Il 13 maggio 1917 tre fanciulli Lucia, Francesco e Giacinta mentre pascolavano il gregge, videro un lampo e poi una bellissima Signora tutta luce. Con un sorriso di Cielo li rassicurò e promise loro il Paradiso. Poi chiese: “Siete disposti ad offrivi al Signore pronti a fare sacrifici e ad accettare tutte le sofferenze che vorrà mandarvi, in riparazione ai tanti peccati, per la conversione dei peccatori e per riparare le offese fatte al Cuore Immacolato di Maria?”. Lucia rispose: “Sì, lo vogliamo”.

Nelle altre apparizioni la Mamma Celeste confidò dei segreti ai fanciulli, li esortò a pregare il Rosario ogni giorno. E assicurò: “Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”.

Ascoltare la Parola con Maria

La nostra religione è la religione dell’ascolto. La vergine è la creazione in ascolto. La chiesa non può essere tale senza l’ascolto! Maria è una donna che ama ascoltare e che è attenta a cogliere i segni della volontà di Dio per rinnovare quotidianamente il sì gioioso della sua obbedienza. Del resto  –  volenti o nolenti  –   tutti obbediamo a qualcosa o a qualcuno. C’è chi obbedisce al proprio egoismo, chi alla propria vanità. C’è chi obbedisce agli idoli costruiti dalle mode mutevoli.

Maria obbedisce a Dio! Che salto di qualità! Che grande lezione di sapienza! Maria ha veramente scelto la parte migliore!

Questa madre, si è aperta e offerta senza riserve alla parola di Dio. La Parola non avrebbe potuto incarnarsi in un cuore che si fosse aperto solo per metà, poiché il Figlio è essenzialmente dipendente dalla madre, si nutre della sua sostanza, viene da lei allevato in un vero e fecondo essere-uomo.

Essa si è messa interamente a disposizione del Verbo, affinché potesse farsi carne in lei, divenire carne della sua carne. Maria, con il sì della sua fede, manifesta come l’originario essere-per-la-Parola della creatura trovi la sua realizzazione più alta nell’affidamento senza condizioni e senza limiti a Dio. In altri termini, nessun atto umano è più umanizzante che l’atto per il quale l’uomo si affida totalmente nella sua libertà al suo Dio, che lo raggiunge attraverso la Parola uscita dall’eterno Silenzio e venuta a mettere le sue tende fra le parole di questo mondo. Grazie a questo atto di fede l’uomo  –  originariamente e costitutivamente uditore della Parola  –  viene ad accogliere in sé la Parola e a dimorare in essa. Maria educa a custodire e ad avvolgere nel silenzio la Parola; a leggere gli avvenimenti alla luce della fede; ad aprirsi progressivamente (tra incertezze e dubbi) alla rivelazione. La Parola va prima di tutto custodita in uno spazio di profondità, sottratta alla dissipazione e riscaldata dal cuore, prima di essere portata agli altri. La contemplazione silenziosa della Parola da parte di Maria di Nazaret costituisce una sconfessione delle troppe voci sguaiate, degli urli forsennati, del frastuono infernale, della musica sgangherata da cui siamo aggrediti nella nostra società fracassona.

Custodire nel cuore. Fare memoria. Dimenticare, profanare, sfruttare egoisticamente, vivere spensieratamente sembra essere l’impegno più accanito di chi si è messo nella linea contraria a quella del custodire, far memoria, meditare. Vivere della Parola di Dio, lasciare che essa accada e concederle spazio al di là dei confini delle possibilità e della ragionevolezza: Maria è tutto questo.

L’improvvisazione e l’imprevedibilità

Non è registrata nel catalogo ufficiale delle virtù, per cui la sua scomparsa non viene segnalata da nessuno. Non è possibile lamentare la perdita di qualcosa che non esiste. I Santi sono stati degli stupefacenti improvvisatori, dei campioni di imprevedibilità. Basti pensare a un Francesco di Assisi, Camillo de Lellis, Filippo Neri, Massimiliano Kolbe, papa Giovanni XXIII, Teresa di Calcutta. Lo Spirito suggeriva loro gesti, comportamenti, iniziative, atti che non erano registrati in nessun “prontuario”, ma risultavano, appunto, imprevedibili, impensabili, fuori da tutti gli schemi. Per cui questi “ispirati” deragliavano abitualmente dai binari delle abitudini, insoliti.

Perché scocchi la scintilla che determina lo scoppio dell’improvvisazione è necessaria una miscela fatta di inventività, coraggio, libertà, intuizione, duttilità, colpo d’occhio, tempestività. È la capacità di non tentennare, di non indugiare davanti a qualsiasi situazione. Non indietreggiare. Si potrebbe collegare l’improvvisazione con la facilità o la faciloneria. Non è una virtù facile da praticare, l’improvvisazione. La vita di tutti i giorni abilita alla velocità e alla sveltezza. Ma è tutt’altra cosa rispetto alla prontezza e all’improvvisazione.

La velocità è figlia dell’abitudine a svolgere un compito o un’azione. La prontezza nasce invece da una costante attenzione allo scorrere della vita. Solo chi è pronto può fermarsi al momento giusto e agire al di fuori degli schemi abituali e delle convenzioni sociali. Poi sono venute l’organizzazione, la programmazione esasperata e compiaciuta, la ripetitività, la rigida fissazione delle competenze. Sono venuti gli orari inflessibili, le norme precise, i bilanci. Sono venuti i moduli, le schede, i test, le diagnosi di ogni tipo.

Altrettanti nemici decisi a soppiantare l’improvvisazione, ad azzerare l’imprevedibilità. Intendiamoci. Lo so benissimo che, specialmente nella società complessa di oggi, ci vuole un minimo di organizzazione, di programmazione, e si rende necessario impiantare delle strutture, impostare degli apparati. I guai si verificano  –  e stanno sotto i nostri occhi  –  quando la programmazione esasperata, lo schematismo ottuso, l’apparato esteriore troppo imponente, la burocratizzazione, uccidono  la spontaneità, soffocano la vita. Allorché il funzionamento diventa funzionalismo, gli ordinamenti prendono il sopravvento su tutto, la razionalità impassibile non permette al cuore di uscire allo scoperto. Certa carità burocratica, impersonale, impassibile, funzionale, neutra, regolata da criteri amministrativi, da schemi psicologici, da teoremi sociologici, è tutto meno che carità. C’è bisogno di umanità, di naturalezza, di calore, di partecipazione personale.

C’è bisogno di improvvisazione. Ci aspettiamo tutti … l’imprevedibilità.

Se apriamo il Vangelo, scopriamo che le sue pagine sono fitte di improvvisatori, capaci di compiere gesti all’insegna dell’imprevedibilità. Basti pensare a Zaccheo, alla donna dei profumi, all’emorroissa, all’amministratore disonesto della parabola … Ma c’è soprattutto una figura che si impone fra tutte: il Samaritano. Lui si rivela uno straordinario improvvisatore. Ed è proprio la sua capacità di improvvisazione che lo distingue dall’atteggiamento “assenteista” adottato dal sacerdote e dal levita. Costoro erano abitudinari, ripetitivi, inflessibili programmatori della loro vita e perfino dei loro gesti religiosi. Procedevano per schemi, secondo moduli predefiniti. E in quegli schemi non c’era spazio per il gesto estemporaneo, fuori dalle regole codificate. Camminavano lungo la strada come su binari, seguendo un programma di viaggio stabilito in partenza. Orari, scadenze, velocità di crociera.

Tutto già calcolato. In quel programma non era prevista la sosta, l’interruzione improvvisa dell’itinerario. Non era contemplato l’imprevisto. Il Samaritano, lui, è stato uno stupefacente improvvisatore. Ha accettato la provocazione dell’intruso, il richiamo dell’estraneo, inserendo una variante nel suo programma di viaggio, inventando una sosta non contemplata.

Santa Messa ore 10.30 in diretta streaming

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