Santissima Trinità (1)

La festa della Santissima Trinità che la Chiesa celebra a conclusione del tempo pasquale, ci introduce nel più grande dei misteri: Dio è uno e trino: cioè tre Persone e un solo Dio. 
E’ la sintesi dell’itinerario spirituale dopo aver ricordato il mistero della Risurrezione e l’evento prodigioso della Ascensione al Cielo del Signore Gesù e sul mistero della Pentecoste.
La festa della Santissima Trinità introduce il popolo cristiano e ogni battezzato nella vita intima di Dio, che solo possiamo accolgiere nella rivelazione e nella umiltà e nell’audacia della fede. Ricoda il Catechismo della Chiesa Cattolica: “La Trinità è un mistero della fede in senso stretto, uno dei misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono divinamente rivelati” (CCC 237). La fede non è primariamente azione umana, ma dono gratuito di Dio, che si radica nella sua fedeltà, nel suo «sì», che ci fa comprendere come vivere la nostra esistenza amando Lui e i fratelli.
Scrive ancora il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. Soltanto Dio può darcene la conoscenza rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo”.

Adorare non è facile

Mentre la riforma liturgica muoveva i primi passi, «a volte l’intrinseco rapporto tra la santa Messa e l’adorazione del Ss.mo Sacramento non fu abbastanza chiaramente percepito». In effetti, mentre l’Eucaristia-Sacrificio eucaristico fu recepita come «fonte e apice di tutta la vita cristiana» ; «fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione», non sono mancate obiezioni nei confronti dell’Adorazione eucaristica. Una delle più diffuse affermava che il Pane eucaristico non ci sarebbe stato dato per essere contemplato, ma per essere mangiato. Altre derivano da una inopportuna “concentrazione eucaristica” – o, meglio sarebbe dire, “celebrativa” – sulla Messa. Gli altri Sacramenti, le altre espressioni della Liturgia, per non parlare delle «devozioni» e delle «pratiche di pietà» sono relegate o in secondo piano o nel «limbo» della «pietà popolare», adatta forse ad alcuni ceti, ma non certo a credenti preoccupati della loro crescita spirituale. Ma le difficoltà nei confronti dell’adorazione attingono anche ad un livello più profondo, che coinvolge la crisi della fede e della vita-testimonianza cristiana. Se la preghiera è «il caso serio della fede», non meraviglia la contestazione aperta o la trascuratezza tacita nei suoi confronti. Gli acuti problemi al riguardo sono ben individuati: si va dalla presenza pervasiva della secolarizzazione alla crisi di paternità; dalla perdita del senso del peccato alla cultura dell’effimero; dal prevalere del sentimentalismo emotivo all’interesse esclusivo all’«azione», alla “prassi” sociale, di liberazione concreta dalle ingiustizie… Non mancano – è vero – segni di riscoperta in questo ambito, quali la ricerca di spiritualità; il bisogno di silenzio; l’amore alla Parola; la diffusione di gruppi di preghiera; un rinnovato interesse per la pietà popolare; l’attenzione alla spiritualità orientale ed alla pratica della «preghiera del cuore»… Si potrebbe senza dubbio continuare. Mi preme però rilevare che adorare non è facile.

Ma è necessario

L’adorazione è l’unico atto religioso che non si può offrire a nessun altro, nell’intero universo, se non a Dio: «Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Adorare Dio significa riconoscere che tutto proviene da lui, e «lodarlo, esaltarlo e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome», come Maria nel Magnificat. Per “situare” adeguatamente l’adorazione, occorre considerare come la presenza di Cristo nella Chiesa sia molteplice: il Salvatore è presente nell’assemblea stessa dei fedeli riuniti in suo nome; è presente nella sua parola, nella persona del ministro; è presente infine e soprattutto sotto le specie eucaristiche: una presenza, questa, assolutamente unica, detta reale «non per esclusione, quasi che le altre non siano ‘reali’, ma per antonomàsia». L’adorazione eucaristica va vista perciò in stretta relazione con la celebrazione: tale intrinseco rapporto rappresenta un significativo aspetto della fede della Chiesa ed un elemento decisivo del cammino ecclesiale, compiuto alla luce del Concilio. Per ben orientare e alimentare l’adorazione verso il SS.mo Sacramento, è necessario dunque tener presente il mistero eucaristico in tutta la sua ampiezza, sia nella celebrazione della Messa che nel culto delle sacre specie. È la celebrazione dell’Eucaristia l’origine e il fine del culto che ad essa vien reso fuori della Messa. L’adorazione al di fuori della santa Messa prolunga e intensifica quanto è avvenuto nella celebrazione liturgica, e rende possibile un’accoglienza vera e profonda di Cristo». Già Agostino insegnava: «Rivestito di questa carne [Cristo] mosse i suoi passi quaggiù e la stessa carne ci lasciò affinché ne mangiassimo per conseguire la salute. Orbene nessuno mangia quella carne senza prima averla adorata».

Mese di giugno dedicato alla devozione del Sacro Cuore di Gesù

Certamente la devozione al Cuore di Gesù non è la celebrazione del culto di una parte anatomica del suo corpo; si tratta della devozione e del culto dello stesso Cristo Gesù e alla sua Persona, al suo essere il Figlio di Dio, il Redentore dell’uomo che con “cuore” infinitamente grande ha tanto amato i suoi da dare la vita per loro fino a morire in croce. Sulla croce quel cuore fu trafitto dalla lancia di un soldato e subito ne uscì sangue ed acqua, come ricordano i Santi Evangeli. Di fatto l’iconografia di questa devozione non ha mai mostrato soltanto “il Cuore”, ma – come direbbe S. Agostino – il Cristo tutto, con il suo Cuore in mano. Ma l’oggetto della nostra adorazione è il Figlio Unigenito del Padre, Gesù Salvatore e Redentore; a Lui si dirige la nostra preghiera. Canta la liturgia: “Venite adoriamo il Cuore di Cristo, ferito d’amore per noi”.
La devozione al sacro Cuore di Gesù è la quintessenza del Vangelo e del piano di salvezza di Dio per l’umanità; per cui il culto al Sacro Cuore è adorazione a Cristo come espressione dell’amore di Dio.
Parlare del Cuore di Gesù è parlare della sua umanità, di Colui che ci ha “amato con cuore d’uomo”.
Parlare del Cuore di Gesù è parlare dell’amore di Dio per gli uomini: “Ti ho amato con amore eterno!”

Maria modello di unione con Cristo

La vita della Vergine Santa è stata la vita di una donna del suo popolo: Maria pregava, lavorava, andava alla sinagoga… Però ogni azione era compiuta sempre in unione perfetta con Gesù. Questa unione raggiunge il culmine sul Calvario: qui Maria si unisce al Figlio nel martirio del cuore e nell’offerta della vita al Padre per la salvezza dell’umanità. La Madonna ha fatto proprio il dolore del Figlio ed ha accettato con Lui la volontà del Padre, in quella obbedienza che porta frutto, che dona la vera vittoria sul male e sulla morte.
È molto bella questa realtà che Maria ci insegna: l’essere sempre uniti a Gesù. Possiamo chiederci: ci ricordiamo di Gesù solo quando qualcosa non va e abbiamo bisogno, o il nostro è un rapporto costante, un’amicizia profonda, anche quando si tratta di seguirlo sulla via della croce?
Chiediamo al Signore che ci doni la sua grazia, la sua forza, affinché nella nostra vita e nella vita della comunità parrocchiale si rifletta il modello di Maria, Madre della Chiesa.

Maria come modello di fede

Il lunedì successivo alla domenica di Pentecoste la Chiesa celebra la Memoria di “Maria, Madre della Chiesa”. Vorremmo guardare a Maria come immagine e modello della Chiesa. Lo facciamo riprendendo un’espressione del Concilio Vaticano II. Dice la Costituzione Lumen gentium: «Come già insegnava Sant’Ambrogio, la Madre di Dio è figura della Chiesa nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo» (n. 63).

Maria come modello di fede. In che senso Maria rappresenta un modello per la fede della Chiesa? Pensiamo a chi era la Vergine Maria: una ragazza ebrea, che aspettava con tutto il cuore la redenzione del suo popolo. Ma in quel cuore di giovane figlia d’Israele c’era un segreto che lei stessa ancora non conosceva: nel disegno d’amore di Dio era destinata a diventare la Madre del Redentore. Nell’Annunciazione, il Messaggero di Dio la chiama “piena di grazia” e le rivela questo progetto. Maria risponde “sì” e da quel momento la fede di Maria riceve una luce nuova: si concentra su Gesù, il Figlio di Dio che da lei ha preso carne e nel quale si compiono le promesse di tutta la storia della salvezza. La fede di Maria è il compimento della fede d’Israele, in lei è proprio concentrato tutto il cammino, tutta la strada di quel popolo che aspettava la redenzione, e in questo senso è il modello della fede della Chiesa, che ha come centro Cristo, incarnazione dell’amore infinito di Dio.
Come ha vissuto Maria questa fede? L’ha vissuta nella semplicità delle mille occupazioni e preoccupazioni quotidiane di ogni mamma, come provvedere il cibo, il vestito, la cura della casa… Proprio questa esistenza normale della Madonna fu il terreno dove si svolse un rapporto singolare e un dialogo profondo tra lei e Dio, tra lei e il suo Figlio. Il “sì” di Maria, già perfetto all’inizio, è cresciuto fino all’ora della Croce. Lì la sua maternità si è dilatata abbracciando ognuno di noi, la nostra vita, per guidarci al suo Figlio. Maria è vissuta sempre immersa nel mistero del Dio fatto uomo, come sua prima e perfetta discepola, meditando ogni cosa nel suo cuore alla luce dello Spirito Santo, per comprendere e mettere in pratica tutta la volontà di Dio.
Possiamo farci una domanda: ci lasciamo illuminare dalla fede di Maria, che è nostra Madre? Oppure la pensiamo lontana, troppo diversa da noi? Nei momenti di difficoltà, di prova, di buio, guardiamo a lei come modello di fiducia in Dio, che vuole sempre e soltanto il nostro bene? Pensiamo a questo, forse ci farà bene ritrovare Maria come modello e figura della Chiesa in questa fede che lei aveva!

Pentecoste (3)

All’interno del gruppo dei discepoli di Gesù Cristo la Pentecoste inizia a perdere il significato ebraico per assumere invece un senso più specifico, legato alla discesa dello Spirito Santo.
In questo senso, viene inteso come la nuova legge donata da Dio ai suoi fedeli e che segna la nascita della Chiesa a partire dalla comunità di Gerusalemme.
Secondo quanto raccontato negli Atti 2,1-11, in occasione della festa di Pentecoste, mentre i discepoli di Gesù si trovavano tutti nello stesso luogo, sentirono un forte rumore e un vento impetuoso che invase la casa in cui si trovavano. I discepoli videro qualcosa che assomigliava a lingue di fuoco che si separavano e andavano a poggiarsi sul capo di ciascuno di loro. Tutti i presenti furono invasi dallo Spirito Santo e iniziarono a parlare in altre lingue prima di allora sconosciute.
A seguire, lo Spirito Santo è disceso poi sugli stranieri non circoncisi che si trovavano nella dimora del centurione Cornelio e ascoltavano il Verbo, prima di essere battezzati nel nome di Dio.
Nel discorso tenuto nella casa di Cornelio, Pietro afferma che Gesù Cristo è il mediatore della pace e del perdono che ci sono stati rivelati durante la sua missione terrena.
Solamente dopo la sua resurrezione, si rivela anche in quanto giudice naturale e universale.
Proprio come il giudizio del Signore, anche la mediazione di pace e perdono è per tutti. 
Mentre Pietro pronunciava queste parole, lo Spirito Santo discese su tutti quelli che ascoltavano la Parola, donandosi sia agli stranieri che iniziarono a parlare della Gloria di Dio, e sia agli Ebrei convertiti che riuscivano a comprendere le loro lingue.

Opere di restauro complesso parrocchiale

La nostra Parrocchia ha tra le mani due progetti riguardanti il recupero della nostra Chiesa.
Progetti “corposi” e di una certa portata economica, ma necessari per salvaguardare un patrimonio religioso, culturale e artistico che appartiene a tutti noi.
Un bene che abbiamo ricevuto in consegna da coloro che ci hanno preceduto e che abbiamo l’obbligo morale di consegnare, in ottimo stato e ben funzionale, a coloro che verranno dopo di noi.
Un primo progetto riguarda le opere di rifacimento della copertura, dei serramenti di facciata della chiesa e chiesina. Spese a cui vanno aggiunti anche gli oneri della sicurezza e parcella al professionista che
seguirà i lavori.
Un secondo progetto riguarda l’adeguamento impianto elettrico e nuova illuminazione generale chiesa e chiesina. Impianto audio e video.
Questi due progetti, a breve, saranno presentati al Vescovo per poter ottenere il permesso a procedere nei lavori. Nella domanda di richiesta, tra le varie voci, ce ne sarà una nella quale dovremo specificare le modalità concrete e credibili con cui pensiamo di poter affrontare e sopportare economicamente questi interventi. A proposito della copertura e dei serramenti chiederemo alla Vescovo di potere avere il contributo annuo della CEI (pari al 70 per cento circa della spesa). Per il progetto elettrico si sta valutando una possibilità di contributo che non coprirà, qualora ci fosse risposta positiva, la totalità delle spese.
In questo periodo è necessario valutare le modalità, e qui entra in campo la disponibilità, la sensibilità e la partecipazione di tutti noi, per poter dare una base di garanzie economiche nel momento in cui procederemo con la domanda di richiesta lavori alla Curia Diocesana.
Concretamente iniziamo col compiere questi primi passi.

  1. Verranno contattati, in questi giorni, alcune persone del nostro paese, che hanno attività. Sarà chiesto a loro se vogliono contribuire (con offerta libera, se lo desiderano) a questi progetti. Oltre a compiere un gesto di generosità, di attenzione e affetto verso questo nostro (di tutti) patrimonio potremo dare, se lo desiderano, un risalto al loro corposo aiuto economico.
  2. Solleciteremo ogni singolo membro di questa comunità a fare offerte libere (punto di riferimento don Giuseppe).
  3. Ogni primo fine settimana (sabato e domenica) di ogni mese (a partire da Giugno) effettueremo una raccolta straordinaria all’uscita della Chiesa, al termine delle Celebrazioni. Persone volontarie, con una cassettina, daranno la possibilità a chi lo desidera, di lasciare una propria offerta (tante piccole donazioni permettono grandi risultati).
  4. Si organizzeranno lotterie a premi

Inoltre verrà preparato un cartellone che riporti tante lampadine quanto ammonta il costo dell’intervento sull’impianto elettrico e luminarie. Ogni lampadina ha il valore simbolico di € 10. Quando si raccoglie questa cifra, verrà accesa una lampadina. Strada facendo tutti potremo renderci conto come procede la raccolta. Per quanto riguarda le coperture, si penserà un’altra forma di informazione.
Primi passi a cui se ne potranno aggiungere altri. Evidentemente suggerimenti e consigli sono sempre importanti e utili. Ciascuno di noi, secondo le proprie possibilità, si senta parte di questi progetti.
La Chiesa e la Chiesina sono patrimoni che appartengono a tutti noi.
Fin da ora vi ringrazio per la vostra sensibilità e partecipazione (ne sono certo).

Pentecoste (2)

L’uso del termine Pentecoste per gli ebrei si riferisce alla festa che nell’Antico Testamento è conosciuta come “festa della mietitura e delle primizie” (Es 23,16), “festa delle settimane” (Es 34,22; Dt 16,10; 2 Cr 8,13), “giorno delle primizie” (Nm 28,26).
La Pentecoste è per tradizione la festa per l’inizio del raccolto.
La sua celebrazione avviene il cinquantesimo giorno dal “giorno dopo il sabato” di Pasqua, così come viene descritto nella Sacra Bibbia (Lv 23,11).
Nei tempi antichi, la stagione del raccolto iniziava con l’offerta di un covone d’orzo mentre invece l’offerta di un pane prodotto con il grano ne contrassegnava la fine. Il legame della Pentecoste con la festa agricola era molto forte, infatti la legge mosaica si rivolgeva essenzialmente a una popolazione agricola e si adattava alla perfezione ai suoi particolari bisogni e abitudini.
In un secondo momento inizia a delinearsi un significato completamente nuovo, mai apparso prima nelle Scritture, che veniva attribuito dagli ebrei alla festa.
La Pentecoste si trasforma nella commemorazione della Legge sul monte Sinai e sostituiva la festività che ricordava il cinquantesimo giorno dell’uscita dall’Egitto.
Seguendo questa interpretazione, gli ebrei moderni trascorrono la vigilia della festa leggendo la Legge o altre Scritture appropriate.

Pentescoste (1)

Pentecoste è un termine greco che significa “cinquantesimo giorno”.
Si tratta di una festa cristiana che celebra l’effusione dello Spirito Santo e la nascita della Chiesa. La celebrazione cade in occasione del cinquantesimo giorno dopo Pasqua.
Pentecoste è anche un antico nome greco che si riferisce alla festività ebraica di Shavuot, che rappresenta una festa di ringraziamento.
La celebrazione liturgica della Pentecoste risale al I secolo, anche se non ci sono prove certe che già a partire da tale data venisse osservata dai cristiani, a differenza della Pasqua.
La solennità della Pentecoste conclude tutte le festività del Tempo pasquale.

Maestro, dove dimori?

L’Eucaristia è stata istituita da Gesù per essere celebrata, obbedendo al suo comando.
“Fate questo in memoria di me”. Ma, fin dall’inizio, il Pane consacrato è stato conservato anche tra una celebrazione e l’altra. Questa presenza del Signore è sempre stata oggetto anche di particolare venerazione e di adorazione. Come Lui stesso ci ha detto, “è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, e in tanti modi. Ma nel Pane consacrato è presente anche con il corpo che ha ricevuto da Maria, crocifisso e risorto a motivo del suo amore divino e umano, per il Padre e la nostra umanità.
E, allora, è bello saperlo lì, visitarlo con la mente e con il cuore, ma anche fisicamente quando è possibile. Un caro ricordo è quello di alcune mamme e nonne che, indicando ai loro bambini e nipotini la Chiesa parrocchiale, chiedono loro di mandare un “bacino” a Gesù eucaristia.
E commuove vedere degli adulti che, passando davanti alla Chiesa, si fermani, entrano, si inginocchiano pensando soprattutto a Gesù presente nel Tabernacolo.
Ancora più bello quando viene “esposto” per essere adorato dalla comunità cristiana, come insegna, desidera, raccomanda la Chiesa, in modo particolare con la Parola e l’esempio degli ultimi Papi. Senza l’adorazione la nostra opera non adempie la sua missione.
Capire l’Eucaristia significa capire l’Amore con cui il Signore Gesù l’ha promessa e istituita per tutti noi a nostro beneficio.