Ma il tempo delle vacanze e del riposo può mettere in evidenza un pericolo sempre incombente: quando arriva l’estate serpeggia la tentazione di andare in vacanza anche dal punto di vista della pratica cristiana. Sole, mare, montagna, relax sembrano essere in contrasto con preghiera, messa, sacramenti.
Non sono pochi, quindi, i cristiani che sospendono il loro rapporto con Dio per poi riprenderlo dopo la calura estiva. Tre, quattro mesi di “astinenza” liturgica e sacramentale, giustificata da una visione angusta e radicalmente errata della vita di fede.
È ovvio, infatti, che la fede non può andare in vacanza e che anche nel periodo estivo bisogna continuare a coltivare la propria relazione col Signore, magari in una dimensione nuova e, sotto tanti aspetti, anche più ricca rispetto a quello che si riesce a fare nel tempo invernale. L’estate, infatti, consente di avere più tempo a disposizione, sia perché le giornate si allungano, sia perché quasi tutti possono godere del periodo di ferie.
Il contatto con la natura, la contemplazione estatica delle meraviglie del creato, i maggiori lassi di tempo a disposizione possono consentire una preghiera più prolungata, una partecipazione anche nei giorni feriali alla messa, nutrienti letture spirituali.
Il pericolo di una “diserzione” dai normali impegni spirituali è sempre incombente, perciò bisogna vigilare affinché non ci faccia precipitare in un’accidiosa esistenza che si conduce nel dolce far niente, nella pigrizia e nell’evasione stordente. Riposarsi è legittimo, anzi doveroso, al fine di recuperare le energie perdute durante i mesi lavorativi. Questo però non significa allontanarsi completamente dalla preghiera e dalla pratica sacramentale.
