Allenare la gratitudine (1)

La definizione di “gratitudine” proposta dal dizionario Treccani è davvero interessante.
È definita come il “sentimento e disposizione d’animo che comporta affetto verso chi ci ha fatto del bene, ricordo del beneficio ricevuto e desiderio di poterlo ricambiare (è sinonimo di riconoscenza, ma può indicare un sentimento più intimo e cordiale).
Andiamo con ordine: la gratitudine è una “disposizione dell’animo che comporta affetto”. Con la gratitudine, dunque, non si tratta solamente di un “grazie” di circostanza, ma di un atteggiamento personale che cambia nella relazione con l’altro. La gratitudine cii spinge verso colei o colui che ci ha gratificato di qualcosa, che ci ha “fatto grazia”; ci spinge verso l’altro al punto tale da sentire affetto amicale, fraterno, filiale. La gratitudine non si dà a un estraneo che ci abbia semplicemente fatto un favore. Un sentimento profondo di gratitudine permette però anche a colui che precedentemente ci era estraneo di entrare nella cerchia di coloro che per noi sono importanti, di chi nella nostra vita ha un significato.
La gratitudine riempie di senso la persona verso la quale proviamo questo sentimento, trasforma noi e lei, rende indissolubile il nostro rapporto.
Potremmo dire che la gratitudine restituisce al “grazie” il suo senso più profondo. Quello del riconoscimento di un beneficio che sappiamo esserci stato dato gratuitamente, senza che fosse chiesto nulla in cambio. È la riconoscenza della gratuità con cui un altro ci è venuto incontro, che provoca in noi il bisogno di fare altrettanto, di metterci in gioco come l’altro ha fatto con noi. La gratitudine, se compresa nel suo vero valore, non è un atteggiamento di correttezza sociale e civile; anzi, vive di eccessi, perché sposta l’accento dal dono ricevuto al donante, dalla grazia al graziante, dalla bontà percepita al buono che l’ha messa in gioco.

La definizione del dizionario aggiunge ulteriori elementi: la gratitudine implica la memoria, è “ricordo del beneficio”, ma anche del benefattore.
La persona grata non dimentica, ma conserva in sé a lungo il sentimento del bene ricevuto. Chi ha poca memoria di ciò che gli è stato donato e di chi ha donato, non vive nella gratitudine, ma le passa accanto, ne percepisce i benefici solo per il tempo in cui ne è sollecitato. Chi è grato, non può che esserlo per sempre.