Il lavoro è preghiera

Quante volte lo abbiamo sentito questo ritornello! Quando affrontiamo, tra adulti, il tema della preghiera, c’è qualcuno che se ne vien fuori con la solita domanda: in fondo, non è vero che il lavoro è preghiera? Facile starsene accoccolata ai piedi di Gesù, ad ascoltarlo.
Ma tanto agevole non deve essere se noi tante volte preferiamo affannarci a spadellare, piuttosto che fermarci accanto al Maestro. In effetti pregare non è facile. Non è facile “staccare” dalle nostre occupazioni e ritagliarci del tempo per Dio, esclusivamente per lui, perché quello non è “tempo perso”. Non è facile fare silenzio perché taccia in noi il tumulto delle voci e delle immagini che ci raggiungono e ci sia uno spazio adeguato in cui lui possa parlare al nostro cuore. Non è facile sederci e lasciare che la sua Parola ci raggiunga e rischiari ogni angolo della nostra esistenza, anche quegli anfratti bui e dolorosi che in un qualche modo noi stessi vorremmo ignorare. Non è facile accettare che questa Parola ci faccia del bene, specialmente quando raggiunge in profondità la nostra coscienza e porta alla luce il male che si annida in noi. Non è facile trovare il tempo per rispondergli, con semplicità e sincerità, con le nostre parole e la nostra esistenza. Perché, allora, si deve pregare se è così difficile, così duro? Perché la preghiera è indispensabile: è la preghiera che ci assicura il nostro rapporto con il Padre e con Gesù, il suo Figlio; senza questo rapporto, sorretto e guidato dallo Spirito Santo, non c’è cristianesimo. Di questo, come di ogni, rapporto bisogna prendersene cura quotidianamente, trovare il tempo per alimentarlo, per renderlo sicuro e solido. Ma, allora, il lavoro è preghiera? Sì, certo… ma solo per chi prega. Chi resta accoccolato ai suoi piedi, per ascoltarlo, rimane unito a lui anche quando lavora!