La Fede: dalle virtù cardinali a quelle teologali

Le virtù teologali non sono separate da quelle cardinali: la pratica delle seconde può guidare naturalmente alle prime, che però restano sempre un dono gratuito di Dio.

L’uomo virtuoso, felice di praticare le virtù umane, se si spinge a una continua ricerca del bene, si radica nelle virtù teologali, che si riferiscono direttamente a Dio. Se le virtù umane sono acquisite mediante l’educazione e gli atti di perseveranza nel vivere il bene, quelle teologali dispongono i cristiani a vivere in relazione con la Santissima Trinità. Queste virtù sono dono gratuito di Dio.

La temperanza

Chi è la persona temperante?

1. Colui che è padrone di se stesso, colui che si tiene in pugno, colui che si con-tiene: non ci sono altre forze che lo tengono in mano e lo dominano, non è schiavo delle passioni. È lui che si domina.

2. Colui che sa darsi un limite, sa dire di no, sa rinunciare: non come un bambino appena nato che vuole vedere soddisfatto ogni suo desiderio. L’illimitatezza è una delle caratteristiche del bambino cioè egli cerca in maniera illimitata, senza limiti, ciò che gli dà piacere. Il temperante invece sa con-tenersi, cioè tenersi entro certi argini che egli si dà. Egli impara a dire dei no, a rinunciare a qualcosa che l’istinto lo porterebbe a fare. Attenti bene: mettere gli argini non significa  costruire una diga. Se tu costruisci una diga blocchi l’acqua; gli istinti non vanno eliminati, il fiume non va bloccato. Gli istinti vanno controllati, canalizzati, direzionati. Non bisogna spegnere queste spinte,  ma bisogna  amministrare, gestire. Gli argino non bloccano, ma con-tengono, tengono dentro, danno una direzione.

3. Colui che sa essere moderato, equilibrato, colui che ha il senso della misura, che non è esagerato. Esiste per la cuoca o per chi prende le medicine il “misurino”, ciò che mi permette di misurare, fare le dosi. Il temperante è colui che sa “dosarsi”, ha il senso della misura, sa fare le cose nella giusta dose senza esagerare. Occorre dunque essere equilibrati, temperati: il di più, l’eccesso, l’esagerazione sono sempre pericolosi.

4. Colui che sa darsi delle regole, che sa darsi una disciplina. Sono dei puntelli fissi, dei paletti piantati nella propria vita. Inoltre sa allenare la sua volontà, sa prenderla per il collo quando viene meno, sa essere fedele a queste regole anche quando vorrebbe fare altro.

5. Colui che sa dominare: la brama di possedere (avidità); la voglia di mangiare (voracità); la ricerca del piacere (sensualità, lussuria); la collera.

6. Colui che è vigilante. “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede”. Il temperante è una sentinella, uno che vigila, che sta attento, che non si lascia sorprendere.

7. Colui che sa perfezionarsi conformandosi sempre di più a Gesù. Ecco l’ascesi: sacrifici, mortificazioni, rinunce, fioretti, digiuni … siamo chiamati a “perfezionarci”, a diventare sempre più perfetti. È necessario mettersi sotto il tornio dello Spirito Santo, certo; è Dio che modella, che plasma; ma poi è necessario cercare di essere sempre più simili al modello che è Gesù Cristo. Tutte quelle cose che sono le mortificazioni, le rinunce, i sacrifici non sono la ricerca della sofferenza fine a se stessa, ma sono le scelte che si fanno per diventare sempre più simili a Gesù. Per prendere la forma di Gesù, quanto c’è di troppo ….

Resistenza che si fa perseveranza

Con la parola “resistenza” non si vuole indicare solo l’opposizione che fa fronte a forze che impongono la loro presenza nella società o al resistere in forma passiva alle avversità della vita, ma s’intende l’atteggiamento perseverante che mostra l’uomo virtuoso, ricco di fortezza. Si può resistere alle minacce, alle paure, ma anche alla noia o al disgusto dell’esistenza stessa, perché non si è forti se si attacca per primi o perché ci si sa difendere bene e a testa alta, ma si è forti nel comprendere i propri limiti e nell’accoglienza paziente di quelli degli altri.

In tal senso, alla resistenza si affianca naturalmente la pazienza, come facoltà umana che ha la capacità di reagire adeguatamente alle avversità mediante un atteggiamento sobrio.

“Egli mi ha detto: Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce offerte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Corinzi 12,9-10)

Reagire con ponderato discernimento

La fortezza è presente in chi risponde con mitezza anche alle forze contrarie della vita e non devia dalla via del bene. Manifesta una grande capacità di reazione moderata che esclude la violenza nelle situazioni piccole e grandi che si possono presentare. La capacità di reazione è legata al dominio di sé, perché l’istinto nell’uomo non prenda il sopravvento, ma anche al saper riconoscere e valutare con onestà la propria vulnerabilità.

Molte volte si è soliti nascondere ogni vulnerabilità perché si temono confronti e critiche, si vive nella paura del giudizio. La paura in questo senso può condizionare molto l’andamento quotidiano e le scelte che ogni singolo può fare in rapporto a se stesso e al contesto sociale. Quando non si riesce ad accettare le proprie fragilità o si manca di autostima, le reazioni che si possono manifestare davanti al pensiero del proprio limite sono accompagnate dall’ira, che non si arresta nemmeno davanti alle persone più vicine. La fortezza vede l’uomo pronto a prendere posizione nella sua vita e a reagire con ponderato discernimento davanti a tutte le situazioni che lo vedono coinvolto a livello individuale e sociale. Nell’accoglienza di se stessi, dei propri limiti e vulnerabilità, si riesce meglio a vedere le cose e a viverle in modo diverso, più semplice e bello.

Agire con bontà per compiere la giustizia

Dalla fortezza deriva una certa capacità di azione, il saper agire con fermezza e decisione nelle diverse situazioni della vita, dalle più semplici alle più complicate. La fortezza permette all’uomo di riconoscere nella propria azione il vero bene e per questo la sua è un’azione pronta, semplice e diretta che ha per fine il bene in se stesso.

In questa virtù trova spazio la cura delle relazioni umane piuttosto che quella dei propri interessi. La fortezza non si esprime in chi si vanta della propria potenza, ma in tutti quelli che vivono con semplicità e gratuità i rapporti umani, tenendo a cuore la persona vicina.

L’azione del forte non è nemmeno una forma di spavalderia che fa stringere i denti per dimostrare la grandezza di uno sforzo eroico. In svariate circostanze la fortezza òpuò manifestarsi anche con un semplice sorriso, fatto per evitare inutili discussioni.

La fortezza aiuta a non cedere alla frustrazione del proprio limite, a reagire con giusta proporzione a quelle che sono caratteristiche o semplici fragilità umane. Forte è chi sa di essere debole, chi conosce le proprie fragilità e ne prende coscienza senza tormentarsi, chi riesce a sorriderne e a proseguire il cammino. La fortezza, dunque, fa fronte a sentimenti quali la depressione, l’angoscia, l’ansia, l’amarezza e rafforza la volontà di operare il bene.

Un aiuto decisivo per compiere il bene

Quando si parla di fortezza si pensa al confronto di due termini il coraggio e la paura.

Il primo è associato ad una persona impavida;

il secondo è visto come sentimento contrario alla fortezza. Pur non essendo né il coraggio né la paura a caratterizzare irrevocabilmente una persona buona, bisogna ammettere che ci sono momenti in cui la paura impedisce di compiere ciò che si riconosce come giusto; per questo la fortezza prevale sulla paura e rende l’uomo più coraggioso nella scelta del bene. La fortezza è la virtù che toglie gli impedimenti e le difficoltà che distolgono la volontà dal compiere ciò che è secondo ragione.

La Giustizia di Dio

Una giustizia sbilanciata. Quel padrone che dà agli ultimi la stessa paga dei primi! Quanto è ingiusto! È quello che pensano. Quei primi operai rimangono sbigottiti! Che giustizia è questa? È un Dio sbilanciato … la giustizia di Dio è così, ben diversa dalla nostra: non distribuisce secondo i meriti, non dà semplicemente in corrispondenza a quello che noi facciamo, non dà solo ai primi … Dio dà in base al Suo cuore buono …

Una giustizia che non condanna, che non risponde al male con il male, che non emette la sentenza di fronte al nostro errore, ma che risponde con un amore ancora più grande: ecco il perdono, ecco la misericordia …

Una giustizia in cui il figlio Gesù, il solo giusto, l’innocente, si fa colpevole per liberare noi colpevoli …

Una giustizia che fa giusti: Gesù, l’unico giusto, ci rende giusti, ci giustifica, ci fa giustificati …

L’uomo giusto non è solo colui che cammina secondo la legge del Signore, ma è anche colui che diventa giusto come il Signore cioè capace di una giustizia che è perdono, che è misericordia …

Chi è il giusto?

Colui che desidera la giustizia. Nel Vangelo Gesù dice: “Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati”.

Colui che rispetta le leggi: ci sono diversi tipi di leggi, a partire da quelle della convivenza civile.

Colui che rispetta la proprietà altrui: l’altro si prolunga in ciò che ha; ciò che l’altro ha fa parte di lui, non posso metterci le mani.

La Giustizia divina, fonte di salvezza

la Giustizia umana insegna quali sono i doveri e i diritti da dover rispettare, quella divina, che viene appunto da Dio, ha valenza salvifica perché è legata alla misericordia. La giustizia divina non abolisce la legge umana, ma anzi va a perfezionarla. Essa mostra la sua trascendenza rispetto a ogni giustizia umana attraverso il perdono, riabilita l’uomo per amore, non per giudizio, ricostruendo e trasfigurando la persona dall’interno.

“L’amore divino fa giustizia al di là del dovuto e lo fa con misericordia” (cardinale Carlo Maria Martini).

Nell’espressione “giustizia di Dio” è racchiuso il molteplice contenuto di una verità su Dio, con la quale nelle pagine della Bibbia è sintetizzato il suo agire: egli è “giusto” poiché è “fedele alle sue promesse” (Dt 33,21). Egli è il solo che nella sua misericordia (cfr. Isaia 45,8-46,13) rende giusto l’uomo, lo salva in virtù della libera decisione della sua grazia (cfr. Romani 3,24). La parola “misericordia” designa una profonda relazione interiore tra due individui, come quella che lega una mamma al suo bambino (cfr. Isaia 49,15), una relazione che dice benevolenza, bontà, tenerezza amorosa. Questo è l’atteggiamento di Dio, il giusto per eccellenza, verso l’umanità. L’uomo giusto è colui che fa della sua vita una potenza di vita feconda, perché pratica la giustizia e vive la fratellanza. La carità è radicata nel suo cuore.

La Giustizia umana, legale o generale

La Giustizia aiuta l’uomo a non fare il proprio interesse, ma a compiacersi della verità e del bene, senza dover danneggiare l’altro.

La Giustizia legale o generale ha come suo oggetto specifico il bene comune della società civile. Rientra in questa virtù la cura del bene pubblico, il rispetto dell’ambiente e dei servizi pubblici, il pagare le tasse allo Stato, l’osservare le sue leggi, almeno fino a quando non entrino in contrasto con la dignità umana o vadano a intaccarla.

La Giustizia è la virtù cardinale che aiuta l’uomo a ricordare l’importanza del vivere bene con se stesso e con gli altri, aiuta a ricordare quali sono le cose fondamentali per cui un uomo deve imparare a gareggiare: la serenità e la pace.

Non è una virtù legata solo al giusto che paga tutte le tasse, ma a tutte quelle persone che scelgono di vivere con quei principi, quei valori fondamentali che formano l’essere umano. La Giustizia ricorda all’uomo che egli non è fatto per vivere da solo perché il suo stesso essere comporta un’attenzione verso l’altro. Gli uomini giusti sono coloro che si impegnano a conseguire con responsabilità, semplicità e fermezza i propri diritti e doveri, senza dover scendere a compromessi.