Sei stanca? Sei stanco? Bevi questa sostanza, mangia questa barretta … e riparti!
Viviamo in una società che ci chiede continuamente di essere performanti, quasi non potessimo concederci una pausa. Ci sono delle pubblicità che ci invitano a prendercela, ma ancora una volta offrendoci un prodotto da consumare, che ci permetterà di rimetterci in careggiata.
Non fermarsi mai. Questo è il modo con cui trattiamo noi stessi, ma anche gli altri e persino la natura: parliamo molto di ecologia, di emissioni, di energia rinnovabile, di limiti da porre al riscaldamento globale, ma intanto cerchiamo nuovi sistemi, che chiamiamo più “ecologici” (ma che rischiano di essere soprattutto più utili a rinnovare i circuiti economici) per continuare a stressare noi stessi e il nostro pianeta. Sarà un caso che le malattie più gravi di oggi siano legate all’ansia da prestazione, allo stress da risultato, alla necessità di non arrestare la produzione?
Ma le malattie legate all’uso del tempo non sono solo quelle che ci consumano attraverso la frenesia; vi sono, infatti, anche disturbi che vanno nel senso opposto, ossia che, sotto la facciata della necessità di riposo e di recupero delle energie, nascondono l’incapacità ad agire, l’inabilità nel mettersi in gioco di fronte a noi stessi e dentro il mondo in cui viviamo, un solipsismo che ci consuma dal di dentro. Se, infatti, da un lato ci sono le persone iperattive e iperperformanti, dall’altra ci sono quelle che fanno un uso del riposo completamente vuoto di senso, rendendolo fine a se stesso, semplice occasione per ritirarsi dal mondo e fingere che il mondo stesso non esista. Le Scritture offrono, di fronte alla condizione degli uni e degli altri, l’occasione di una riflessione e di un’occasione consapevole di riscatto, di rigenerazione. Esiste una fonte di energia davvero “alternativa”, completamente “priva di emissioni” e “eternamente” riciclabile.
Un’energia che si attiva quando si combinano due poli che devono operare insieme, per potersi davvero rivelare utili e fecondi.
È stato lo stesso papa Francesco, nella sua lettera enciclica Laudato sì, a fornire una sintesi efficace di tutto ciò.
La spiritualità cristiana integra il valore del riposo e della festa. L’essere umano tende a ridurre il riposo contemplativo all’ambito dello sterile e dell’inutile, dimenticando che così si toglie all’opera che si compie la cosa più importante: il suo significato. Siamo chiamati a includere nel nostro operare una dimensione ricettiva e gratuita, che è diversa da una semplice inattività. Si tratta di un’altra maniera di agire che fa parte della nostra essenza. In questo modo l’azione umana è preservata non solo da un vuoto attivismo, ma anche dalla sfrenata voracità e dall’isolamento della coscienza che porta a inseguire l’esclusivo beneficio personale. La legge del riposo settimanale imponeva di astenersi dal lavoro nel settimo giorno, «perché possano godere quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero» (Es 23,12). Il riposo è un ampliamento dello sguardo che permette di tornare a riconoscere i diritti degli altri. Così, il giorno di riposo, il cui centro è l’Eucaristia, diffonde la sua luce sull’intera settimana e ci incoraggia a fare nostra la cura della natura e dei poveri.
Abbiamo perso il senso della gratuità e persino il riposo, troppo spesso, è a servizio di una migliore performance o, al contrario, è fine a se stesso.
Stanno scomparendo le “pause” spirituali che vivono di contemplazione, di gratuità e di sguardo che riconosce l’alterità.
Questa situazione, alla lunga, non può che impoverire noi e la stessa creazione.